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IA: se è una Bufala… studio italiano per tracciarne origine

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Nell’ambito di tali ricerche si collocano due studi recentemente pubblicati dai partner nel consorzio Metrofood-IT sulla Mozzarella di Bufala Campana Dop, coordinati dalle Professoresse Francesca De Filippis del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Sabina Tangaro del Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli alimenti dell’Università degli Studi di Bari. Nelle due province di Caserta e Salerno sono distribuiti l’86% dei caseifici che producono la Mozzarella di Bufala Dop. Un areale piuttosto ristretto, dove però sono sorprendentemente ampie le differenze tra le mozzarelle, che non si fermano all’aspetto o alla consistenza. Il primo studio ha mostrato che le mozzarelle provenienti dalle due aree, nonostante vengano prodotte utilizzando la stessa tecnologia di produzione, come specificato dal disciplinare della Dop, presentano una differente biodiversità microbica. Nello stesso studio è stato osservato che anche il volatiloma è diverso tra le due province, rivelando come questi formaggi, pur rispettando lo stesso disciplinare di produzione Dop, presentino marcate differenze in base alla loro provenienza geografica. In altre parole, il terroir della mozzarella di bufala campana Dop non è composto solo da fattori climatici, fisici, e chimici, ma anche biologici, data la capacità del microbioma di determinare un bouquet aromatico caratteristico di un’area di produzione. In uno studio successivo, i dati sulla composizione del microbioma degli stessi campioni di Mozzarella di Bufala Dop sono stati integrati in algoritmi di machine learning per sviluppare un modello in grado di riconoscere con elevata accuratezza l’origine della mozzarella. Le implicazioni di queste ricerche sono numerose e promettenti. Da un lato, ci permettono di apprezzare ancora di più la diversità e la ricchezza delle produzioni tradizionali, ricordandoci che anche all’interno di una stessa categoria di formaggi esistono sfumature legate al terroir e alle tradizioni artigiane. Dall’altro, ci dimostrano come l’integrazione dell’intelligenza artificiale con dati sul microbioma, in futuro, potrebbe permetterci di conoscere l’origine di un prodotto alimentare, supportando il sistema di tutela delle produzioni tipiche e Made in Italy e contrastando le frodi alimentari. L’intelligenza artificiale per tracciare l’origine della Bufala. Quante volte è capitato di dibattere su quale fosse la migliore tra le mozzarelle Dop? O per i più diplomatici e imparziali chiedersi almeno se effettivamente differissero tra loro quelle di Caserta e Salerno? Sebbene entrambi i prodotti siano meritevoli del titolo di eccellenza, esistono delle differenze che vanno oltre il semplice palato. Grazie alle nuove tecnologie e alla ricerca scientifica, oggi possiamo scoprire che la mozzarella di bufala porta con sé una firma invisibile: il suo microbioma. Il microbioma partecipa propriamente a definire il terroir della mozzarella, ossia l’insieme di fattori legati al territorio che ne determinano le caratteristiche (altri esempi sono altitudine, precipitazioni, suolo, clima). Quando si parla di formaggi il microbioma gioca un ruolo fondamentale. Ma cos’è esattamente il microbioma? Si tratta dell’insieme di microrganismi che sono presenti nel formaggio, così come in tutti gli ecosistemi. Infatti, ogni tipologia di formaggio è popolata da un microbioma diverso, il quale svolge un ruolo fondamentale nel processo produttivo e nello sviluppo di aromi unici. Attraverso il loro metabolismo, i microrganismi producono un insieme di molecole, che possiamo definire “volatiloma”, responsabili del flavour del prodotto. Il microbioma agisce come un vero e proprio artigiano invisibile. Il Laboratorio di Metagenomica ed Ecologia Microbica del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II si occupa da diversi anni di studiare l’influenza del microbioma sulla qualità dei formaggi e di come tale microbioma è influenzato dalla specificità dell’area di produzione. (AGI)