di Rosanna La Malfa
Marilina Giaquinta è nata a Catania dove vive e lavora come dirigente della Polizia di Stato presso la Questura. Coltiva da sempre la passione per la letteratura e l’arte in genere, dedicandosi alla scrittura sin dalla sua adolescenza.
Abbiamo avuto l’onore di intervistarla.
“La poesia t’arrimìna”, ti travolge e sconvolge. Come e quando è nato questo Amore per la scrittura?
Sin da bambina. Ho ricordo della maestra che leggeva le mie poesie in classe. Poi, a sedici anni, mio padre mi regalò una macchina da scrivere, che conservo ancora: con quella ci ho scritto di tutto. Di questo tutto, qualcosa è rimasto e lo tengo ancora. Credo, comunque, che prima mi sia nato l’amore per la lettura: è stata mia madre che me lo ha trasmesso. Leggevo di tutto, i libri li divoravo e quando finivo di leggere quelli che c’erano a casa o che mamma mi aveva comprato, li prendevo in prestito in biblioteca. Ricordo che mi iscrissi anche alla biblioteca comunale, perché quella scolastica non mi bastava. Alla scrittura ci arrivi in modo naturale: se hai sete bevi, se hai fame mangi, la scrittura è un bisogno, proprio come mangiare e bere. Rilke scriveva: “Quando penso a non scrivere più, quasi solo questo mi sgomenta.” Io non mi so pensare senza, credo che non potrei vivere senza scrivere. Prendendo in prestito una riflessione di Mario Luzi, potrei dire che la scrittura è il senso del mio essere al mondo.
È più facile o emozionante scrivere quando si è inquieti o quando si è in pace con se stessi?
A mio parere, nella vita non è possibile separare in modo netto i momenti di inquietudine da quelli di pace. Ci adoperiamo ogni giorno, con fatica, alla ricerca di un equilibrio che ci consenta di resistere alla vita. Conrad nel suo Lord Jim a un certo punto fa chiedere al medico come fare a guarire da troppo ingombro di sé e a quel medico fa rispondere “Il problema non è guarire, ma essere”. Quindi potrei dire : si scrive per non morire.
Quanto è importante la poesia o l’arte in genere nella tua Vita?
La poesia per me è come l’amore: come si può vivere senza amare? Allo stesso tempo, non c’è amore che non contenga in sé tormento, dubbio, mancanza, senso di incompiuto, sospensione, attesa, dolore. La poesia è anche questo.
La poesia è una tavolozza di colori. Quali sono i tuoi preferiti e come li usi e misceli tra loro.
Il mio colore preferito è quello del mare. Mia madre ha voluto che il mio nome avesse il mare dentro. In fondo, la poesia è come il mare della nostra isola: non ha mai lo stesso colore e non ci bada, si infuria e si quieta, cede al cielo e lo sfida, chiede all’orizzonte e lo confonde, lambisce la terra e divora le sue spiagge, ci circonda col suo abbraccio e ci isola allo stesso tempo.
Secondo Te, si nasce poeti?
Sì, si nasce poeti, non ho dubbi. Il poeta è una ferita aperta che non si rimargina mai.
Quanto è potente una parola?
La parola è potente. Viviamo tempi di sedicenti aforismi urlati come panacea sociale, di tautologie propinate sotto forma di slogan salvifici, di dichiarazioni apodittiche spacciate per verità, di fraudolenti sobilli di paure e tutto attraverso l’insidia furba della parola. Quello a cui dovremmo prestare attenzione è che le parole siano sostenute dal pensiero, dalla riflessione e dal senso del bene pubblico.
C’è un autore (o più di uno) a cui ti ispiri o semplicemente ami maggiormente?
Il mio scrittore vivente preferito è Javier Marias: ho letto tutti i suoi libri e credo che meriterebbe più di chiunque altro il Nobel per la letteratura. Non so dire però quali autori ispirino la mia scrittura e, se citassi a braccio quelli che mi piacciono di più, finirei con lo scordarne qualcuno e non me lo perdonerei. Sai quelle liste che di tanto in tanto appaiono sui social, tipo i dieci libri i dieci film i dieci quadri e roba del genere? Abbiamo questa vocazione alle classifiche, alle hit list, quando invece siamo il risultato di tutto quello che abbiamo vissuto e che abbiamo imparato a conoscere.
Si sostiene che la Poesia può salvare il mondo, definizione che contrasta l’interpretazione che la poesia tende a idealizzare il sogno, l’etereo. Per te, che rapporto c’è tra la poesia e la realtà?
La poesia è il modo di stare al mondo e il suo senso è quello di interpretare la realtà. In questo secolo di “solitudine dell’uomo globale”, come l’ha definita Ulrich Beck, la poesia si interroga sullo spaesamento dell’Uomo, costretto a vivere nella precarietà, e quindi nell’insicurezza, in continua vertigine, in un mondo che non ha più riparo. La poesia serve a questo: a cercare di capire come si può riconquistare l’umanità perduta, come si può contrastare quella liquidità di cui parla Baumann, rallentare quel progresso che ci vuole tutti “upgrade”, fermarsi a comprendere il senso della vita (e quindi anche della fine), e quanto la nostra vita ci appartenga ancora e se ancora possiamo definirci liberi.
Ti chiedo una tua definizione del concetto di Poesia. So perfettamente che non è un concetto matematico, che ha definizioni univoche. Ma, proprio per questo motivo, ti chiedo una definizione di come tu senti la poesia e come la <<trasporti>> nei tuoi testi.
La poesia mi prende: nasce così, si prende i miei pensieri e non li lascia fino a quando non li trasformo in scrittura. Scrivo dove viene, spesso sul libro che sto leggendo in quel momento, sul cellulare, su un taccuino, che mi porto sempre in borsa, su un tovagliolo. La poesia è il tentativo di riordinare il caos che mi urge dentro e che in qualche modo mi chiede di uscire.
L’Arte in un certo senso responsabilizza. Ai giovani che forse, leggono sempre meno, quale messaggio vuoi donare affinché formino una mente e un’anima amante dell’Arte dello scrivere e perché no anche del leggere?
Leggere, studiare, capire ci affranca dagli altri, ci consente di riconoscere chi ci vuole far credere di saperne più di noi, ci rende indipendenti, ci fa riflettere in maniera autonoma, ci fa autodeterminare, ci rende cittadini consapevoli. E nessuno ci potrà ingannare con parole flautate prive di contenuto. La conoscenza è la vera libertà.