AGI – Quest’anno il giorno di Pasqua, il 4 aprile, è un giorno di festa anche per un motivo extrareligioso: il ‘principe’ dai cantautori italiani, Francesco De Gregori, compie 70 anni. Secondo quanto raccontano i suoi social, si è avvicinato all’evento provando con i propri musicisti, in attesa che la situazione migliori e il Governo possa dare il via alle riaperture, per ritrovarsi ancora una volta su un palco, davanti ad un pubblico e con la chitarra in mano. De Gregori ha sempre preferito far parlare la musica più che gli articoli di giornale.
Fin dagli inizi, quando gli piaceva esprimersi con canzoni degli altri, De André, Bob Dylan e Leonard Cohen su tutti, dal palchetto di quel Folkstudio che rappresentò la casa madre del cantautorato romano dell’epoca.
Ed è proprio da lì che parte la storia di De Gregori, dall’incontro con Antonello Venditti e l’incisione del primo disco dal titolo ‘Theorius Campus’, che non voleva dire niente, in coppia, semplicemente per risparmiare denaro. Quel disco passerà alla storia soprattutto perché andò molto male in termini di vendite, anche se tra i pochi compratori anche un dodicenne di Correggio di nome Luciano Ligabue che ne resterà particolarmente ispirato.
E’ stato però anche il primo disco ad ospitare ‘Roma capoccia’, spada nella roccia della musica di matrice capitolina cantata da Venditti ma scritta a quattro mani con De Gregori. Dentro quel disco, inoltre, troviamo anche ‘Signora Aquilone’, come scrive lo stesso De Gregori nella sua biografia, il suo vero primo brano, un punto di arrivo in cui il cantautore prova a togliersi di dosso quelle influenze così pesanti per provare a dire qualcosa di estremamente personale.
Gli inizi sono sempre difficili e nemmeno la partecipazione a ‘Un disco per l’estate’ salva ‘Alice non lo sa’, il suo album d’esordio del 1973, anche se dentro è già possibile ascoltare quelle note caratteristiche che faranno poi per gli anni a seguire di De Gregori uno dei padri del nostro cantautorato.
Un secondo debutto verrà concesso all’artista romano un anno dopo con il passaggio alla RCA e la pubblicazione dell’omonimo ‘Francesco De Gregori’ o, come passerà alla storia, “il disco della pecora”, dove troviamo ‘Niente da capire’, uno dei sui grandi classici, eppure lo stile di scrittura etereo, la voce ancora flebile, non fanno breccia nel cuore degli appassionati. Il successo è però solo rimandato: una anno dopo esce l’album ‘Rimmel’ e non è solo tra gli album più venduti dell’anno ma dell’intero decennio. La stessa title track ‘Rimmel’ e poi ancora ‘Quattro cani’, ‘Pezzi di vetro’ e ‘Pablo’ – scritta insieme a Lucio Dalla, che lui conosceva già da anni e con il quale erano scattate un’amicizia e un’intesa quasi istantanee – che diventeranno alcuni dei suoi più amati cavalli di battaglia.
Parallelamente De Gregori inaugura anche una collaborazione con De André. I due si erano conosciuti al Folkstudio qualche anno prima quando il genovese era rimasto felicemente impressionato da ‘La cacca di Piero’, parodia della sua ‘La guerra di Piero’, improvvisata da quel giovane romano. Faber lo invita nella sua tenuta in Gallura per lavorare a un disco e la collaborazione non potrebbe essere più fruttuosa. Vengono fuori brani come ‘Oceano’, ‘La cattiva strada’ e ‘Canzone per l’estate’.
Eppure i due in pratica nemmeno si incontrano: vivono nella stessa casa ma ad orari quasi opposti,De Gregori lavora di giorno, De André la notte. Il 1976 è l’anno della consacrazione, il disco si intitola ‘Bufalo Bill’ e contiene ancora altri classici del repertorio di capolavori di De Gregori come ‘Atlantide’ e la stessa ‘Bufalo Bill’.
De Gregori è amato, su questo non c’è dubbio, ma gli anni (che sono quelli di piombo) non sono felici, in Italia la sinistra giovanile imbastisce una vera e propria rivoluzione culturale che non ammette prigionieri, De Gregori viene considerato uno di sinistra che però fa i soldi con la musica, un concetto considerato inammissibile.
La situazione esplode quasi immediatamente alla seconda tappa del tour del ’76: a Milano, durante il concerto della sera, il secondo della giornata, De Gregori viene interrotto a più riprese da alcuni ragazzi appartenenti ai collettivi politici studenteschi tra cui ci sono Gianni Muciaccia, leader e bassista dei Kaos Rock, e Nicoletta Bocca, figlia del giornalista Giorgio Bocca. Secondo il racconto di Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera, l’intenzione è quella di leggere comunicati circa l’arresto di un militante.
A De Gregori la cosa non va giù, per cui accenna velocemente un paio di brani e chiude con notevole anticipo il concerto. Ma nemmeno ai militanti presenti la cosa va giù, il piano è metterlo alle strette, costringerlo a rispondere della sua stessa posizione (o non posizione) di cantautore, e se interromperlo non basta allora va bene anche prendere la pistola per riportarlo a forza sul palco per quello che ha tutte le sembianze di un processo politico in cui viene chiesto all’artista di rendere conto dell’incasso della serata, di suicidarsi come Majakovskij, di andare a fare l’operaio e di suonare gratis lasciando il cachet lì sul palco.
La scena surreale, ma non troppo considerati i tempi, viene interrotta solo dopo venti minuti con il lancio di lacrimogeni da parte della polizia. L’episodio sconvolge De Gregori che non solo annuncia un ritiro definitivo dai live (fortunatamente ritirato nei fatti quasi subito) ma in un’intervista alla rivista musicale Muzak definisce quell’atto come un autogol dei giovani di sinistra ai quali lui era e resterà sempre vicino.
D’altra parte solo un anno e mezzo dopo sposerà la compagna di liceo Alessandra Gobbi e il suo testimone di nozze sarà l’allora segretario Fgci Walter Veltroni; nello stesso periodo, dopo un lungo silenzio, esce ‘De Gregori’, disco sorretto da ‘Generale’ che diventerà un evergreen assoluto della storia della musica italiana.
Il ruolo di Veltroni nella vita di De Gregori non si conclude con una firma negli atti del matrimonio: è sua infatti l’idea di un concerto allo stadio Flaminio dell’amico cantautore romano insieme a Lucio Dalla. Un’idea che forse va ben oltre le aspettative, i due a dicembre pubblicano ‘Ma come fanno i marinai’, canzone scritta strimpellando alla fine di un pranzo insieme, che farà da preludio a ‘Banana Republic’, senza alcun dubbio uno dei tour più importanti della storia della nostra musica. Sei tappe in sei stadi diversi, toccando un po’ tutta Italia ma non Milano, probabilmente (anche se è una tesi che non sarà mai comprensibilmente confermata) per evitare altri episodi di matrice politica, d’altra parte anche Dalla qualche anno prima si era beccato una bottiglia incendiaria durante un concerto nel cortile del Castello Sforzesco.
L’album live che ne viene fuori vende ben 500 mila copie nei primi sei mesi. Per fare un paragone con il presente, basti pensare che un disco di platino oggi si ottiene con 50 mila copie. Ma soprattutto, ‘Banana Republic’ è anche il primo evento musicale che vede protagonisti due cantautori, ben prima degli exploit di Baglioni, Ligabue e Vasco Rossi; nessuno fino a quel tempo aveva mai pensato a una fruizione così enorme di brani così intimi.
De Gregori, come autore, resta incontenibile, nel 1979 pubblica ‘Viva l’Italia’, che diventerà uno dei brani più credibili per raccontare il nostro Paese, sempre in bilico tra i propri limiti e le proprie piccole grandi passioni. Dopo un anno così intenso il ‘principe’ si prende una pausa. De Gregori torna in scena nel 1982 e fa di nuovo la storia della musica italiana: l’album si intitola ‘Titanic’ e all’interno troviamo ‘La leva calcistica del ‘68’. Fuori dal circuito dei dischi poi, come se fosse una canzone talmente piena e densa e meravigliosa da meritare un progetto a parte, nel 1983 esce l’EP ‘La donna cannone’, che in realtà doveva raccogliere semplicemente le musiche scritte per il film ‘Flirt’ di Roberto Russo con Monica Vitti.
Durante gli anni ’80 raccoglie le sue prime targhe Tenco e collabora con Zucchero: insieme firmano ‘Diamante’, un’altra pietra miliare della musica cantautorale nazionale. Gli anni ’90 De Gregori li apre con ‘Canzoni d’amore’, concept album sul sentimento che lo lega non solo a una donna o alle donne come concetto, ma soprattutto al proprio Paese, un’Italia in quegli anni devastata dallo scandalo Tangentopoli e dalle stragi mafiose; tra i brani del disco si distingue ‘Adelante! Adelante!’. Nel frattempo sono diversi i dischi relativi a suoi concerti, ma uno in particolare, del 1993, resterà per sempre: si intitola ‘Il bandito e il campione’ ed è un meraviglioso racconto scritto dal fratello Luigi Grechi che sorprende perfino lo stesso cantautore per il successo. Nel ’96 torna agli inediti con ‘Prendere e lasciare’, album che non fu accolto con grande entusiasmo dalla critica, incerta su una svolta un po’ più rock del cantautorato di De Gregori, che comunque nell’album offre ‘L’agnello di Dio’, brano che farà storcere, e non poco, il naso alla Chiesa.
La carriera di De Gregori, come quella di tutti i più grandi uomini della storia, è ricca di eventi che capitano quasi per caso, nel 1997 per esempio il suo discografico gli chiede il favore di scrivere una canzone per l’attore Alessandro Haber. “Di cosa dovrebbe parlare questa canzone?” chiede De Gregori. “Non so – risponde il discografico – intitolala ‘La valigia dell’attore’”. De Gregori esegue ma, come al solito, va oltre, scrivendo uno dei suoi tanti capolavori.
Eppure Haber, pur essendo un grande attore, non riesce a far brillare un pezzo così bello, che finirà così nel 1997 a dare il titolo a un nuovo e omonimo disco live di De Gregori. Nel 2002 torna ai grandi eventi live: insieme a Ron, Fiorella Mannoia e Pino Daniele, si esibiscono nei luoghi più belli del nostro Paese riscuotendo ancora una volta un grande riscontro di pubblico. Gli anni 2000 sono anche quelli di ‘Pezzi’, il disco Targa Tenco che si apre con ‘Vai in Africa, Celestino!’ ma soprattutto sono quelli che si concludono con un nuovo tour insieme a Lucio Dalla.
A trent’anni da ‘Banana Republic’ i due cantautori si ricongiungono per più di cento date in giro per lo stivale andate quasi sempre sold out e che si concludono con l’esibizione al Concertone del Primo Maggio a Roma. Oggi che taglia il traguardo dei 70 anni la carriera di Francesco De Gregori è ancora destinata al palco, uno degli ultimi testimoni di un cantautorato che non esiste più di cui ha rappresentato l’aristocrazia della canzone italiana in quasi 50 anni di carriera. E 70 di vita. Augure principe.