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I lupi sono tornati padroni dei boschi. Bisogna conviverci o combatterli?

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AGI – “Al lupo! Al lupo!”. A parte la fiaba di Cappuccetto Rosso, sempre attuale e tramandata di generazione in generazione ancor oggi, è da tempo che non si sentiva una simile espressione d’allarme, tornata invece in auge di recente proprio con il ritorno, tra campagne e boschi, di questo animale, ritenuto aggressivo e dunque una minaccia soprattutto dagli allevatori di bestiame. Animale che tra gli anni ’60 e ’70 ha rischiato l’estinzione, specie in Italia, mentre in molte parti d’Europa è stato decisamente combattuto e anche perseguitato con vere e proprie battute di caccia, fino a provocarne l’eradicazione.

Ora, negli ultimi trenta-quarant’anni, il lupo è ritornato a popolare le nostre terre anche grazie ad una politica di tutela normativa, mettendo così la specie al riparo da rischi d’estinzione. Insomma, i lupi si sono riprodotti in maniera del tutto naturale e spontanea, senza interventi di reintroduzione da parte dell’uomo.

Convivere con il lupo, però, non è affatto semplice, ne sanno qualcosa i contadini. Se non attacca direttamente l’uomo, attacca gli altri animali, specie se al pascolo. Come conviverci, allora? Dell’argomento si è discusso nel corso del convegno “L’uomo e il lupo. Proposte per una ‘convivenza possibile’”, che s’è svolto nel Municipio di Vallinfreda, in provincia di Roma, sui temi dell’ecosotenibilità.

“Il lupo è un animale socievole”, è stato ricordato, “e vive in branchi”, padre, madre, figli e cucciolata. Secondo il professor Paolo Ciucci, del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università di Roma “la situazione attuale del lupo è tale che, dai 100-120 esemplari censiti negli anni ‘70, oggi si registra un significativo recupero numerico, con conseguente espansione e rafforzamento dell’areale: circa 22 branchi sulle Alpi e tra i 1600-2000 lupi stimati sull’Appennino”, ma “ora la specie porta con sé problemi di coesistenza con le attività antropiche e con la propria presenza a ridosso dei centri abitati. Anche nella Provincia di Roma si sono registrate segnalazioni di presenza, con conseguenze anche di impatto economico” sul patrimonio zootecnico, sul mondo venatorio, oltre al fatto che c’è un retaggio culturale, in base al quale la presenza del lupo, legata al successo conservativo della specie, viene vissuta “come un problema, spesso con una certa componente di astio verso gli enti preposti alla conservazione”.

Ma qual è ad oggi la strategia di gestione del lupo? Al quesito risponde il professorCiucci: “Sebbene l’animale goda ancora della protezione legale, questa è in realtà solo su carta” perché “i programmi di indennizzo potrebbero essere uno strumento dal potenziale favoloso ma è male utilizzato e, di fatto, non valido a lungo termine, per i costi di gestione elevati e perché insufficiente a mitigare il conflitto”, Quindi, di fatto “la gestione ‘effettiva’ avviene attraverso il ‘controllo antropico’ ad opera di un bracconaggio diffuso” e persino tacitamente tollerato.

Nel corso del convegno è stato rilevato che “il problema del conflitto di certo non può essere banalizzato”, in quanto il ritorno del lupo in Francia, ad esempio, “ha suscitato un clamore pazzesco in un paese in cui il lupo era ormai da decenni relegato all’immaginario del medioevo”, tant’è che “Il conflitto sorto tra allevatori, animalisti, ambientalisti e altre parti eventualmente portatrici di interesse ha oggi valenze anche sociali, oltre che economiche oramai”, come ha ricordato Ciucci, tanto che “Il suo ritorno e la formazione di nuovi branchi ha destabilizzato l’equilibrio costituito, causando un forte conflitto, con sindaci che auspicavano l’abbattimento dei lupi, cosa ovviamente fuori legge sul piano della normativa vigente”, Come dimenticare, (la campagna contro il lupo dell’allora Sindaco di Verona, Flavio Tosi, tra il 2007 e il 2017, nel decennio in cui ha guidato la città scaligera?

E allora, caccia grossa, trappole, bocconi avvelenati, coesistenza o prevenzione? Il lupo, tuttavia, come ricordato da Luciana Carotenuto, dell’Area Tutela e Valorizzazione dei Paesaggi Naturali e della Geodiversità della Regione Lazio, “è oramai una realtà con la quale è opportuno coesistere” ed è anche “patrimonio indisponibile dello Stato, il quale persegue la sua tutela in quanto elemento indispensabile dell’ecosistema cui appartiene” e “nell’esercitare la tutela, lo Stato riconosce agli allevatori ed alle aziende gli indennizzi per le predazioni subìte a causa del lupo (L.157/92 e L.394/91) e dei cani randagi o inselvatichiti (L.281/91)”, indennizzi che però da soli “non bastano a risolvere il problema in quanto non riducono gli attacchi del predatore al bestiame, non migliorano la gestione dell’azienda e non riducono il livello di stress del titolare”.

E poi arrivano quasi sempre “con ritardo e sono sempre di meno, in quanto i fondi a disposizione degli Enti erogatori tendono a diminuire nel tempo” mentre “a fronte di una disponibilità regionale di fondi in diminuzione, il numero delle richieste invece aumenta”. Soluzione, allora? Secondo la dottoressa Carotenuto, premesso che lo Stato e la Regione sono chiamati a risolvere i propri ritardi,” una delle soluzioni – da integrare con altre – è la prevenzione, inclusa la difesa e la messa in sicurezza degli allevamenti, per evitare che le aziende diventino esse stesse risorse trofiche fisse per il lupo, di per sé opportunista verso le risorse di cibo di più facile accesso rispetto alle prede selvatiche, o per altri predatori inclusi i cani randagi” e la prevenzione “con la ‘P’ maiuscola, deve di fatto essere parte integrante della strategia di gestione aziendale, inclusa direttamente nel budget”, di cui dovrebbe esser parte la rete elettrificata, le recinzioni elettrosaldate, i cani da guardiania e quant’altro.

Ma la prevenzione, ha ricordato Ilaria Guj, del Servizio Guardiaparco del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini della Regione Lazio, nel corso del convegno “l’uomo e il lupo” a Vallinfreda, “non è un processo univoco: affinché sia efficace deve coinvolgere le ASL competenti per territorio e, gli allevatori. Deve essere il frutto di una sinergia tra gli uffici naturalistico, di sorveglianza, agroforestale, e l’ufficio preposto agli acquisti. E non è disgiunto da una corretta comunicazione ed educazione ambientale”.

Attraverso la sua esperienza, la dottoressa Gui ha così alcune modalità di tracciamento dei lupi, come ad esempio il wolfhowling, ovvero l’ululato indotto, è stato possibile fare una stima dei nuclei riproduttivi presenti sul territorio dei Simbruini, che oscillano dai 2 ai 5 nel periodo 2008-2021.

Ogni nucleo si compone in media di un massimo 10 esemplari, ed è rappresentato da famiglie con i cuccioli dell’anno in corso e dell’anno precedente” mentre “la mortalità accertata, in media 2,3 individui all’anno è riconducibile, per il 31% della casistica all’utilizzo (illegale) del laccio. Seguono gli animali investiti, quelli uccisi con arma da fuoco, gli individui morti a seguito di aggressione intraspecifica, gli esemplari morti per malattia e quelli uccisi da veleno.

In conclusione, le proposte emerse a tutela dell’uomo, della biodiversità delle specie, ma anche degli allevanti fa leva su questi punti: implementare le misure di difesa attiva dal lupo, come cani da guardiania recinzioni elettrificate ricoveri per il parto e la custodia e quindi scoraggiare gli attacchi; rafforzare i servizi veterinari con operatori appositamente addestrati che coadiuvano gli allevatori in questa fondamentale opera di prevenzione e certifichino eventuali episodi di prenotazione; scoraggiare in modo risoluto pratiche scorrette e distruttive che oggi vengono al contrario premiate, come la transumanza, con centinaia di capi fuori controllo in aree delicate e preziose; promuovere una corretta gestione dei pascoli, ossia stabilire carichi adeguati, turnazioni e all’occorrenza anche divieti, permanenti o temporanei. Non va dimenticato che tuttavia l’ormai abbondante presenza di ungulati sevaltici come i cinghiali (ma anche caprioli e cervi) oggi in qualche misura serve a mitigare, anche se non impedisce del tutto la predazione sul bestiame”.

Insomma, al di là di tutto, la presenza del lupo una sua funzione regolatrice e anche sociale, alla fine ce l’ha. E anche se si mangia Cappuccetto Rosso, tutti i rischi del lupo, alla fin fine, non vengono per nuocere.

 

Source: agi


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