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I capodogli ‘parlano’ il dialetto

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Uno studio rivela che si organizzano in tribù e che per prendere una decisione viene utilizzato il consenso piuttosto che la leadership dall’alto verso il basso

I capodogli si aggregano in gruppi diversi, distinti fra loro per usi e cultura, suggerendo che la loro organizzazione sociale è molto simile a quella degli esseri umani. A rivelarlo uno studio guidato da Hal Whitehead, scienziato e studioso di capodogli della Dalhousie University, ad Halifax, in Canada, pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science. Utilizzando microfoni subacquei e rilevamenti con droni, Whitehead ha esaminato i suoni emessi dagli animali e le loro abitudini alimentari e scoprendo che si organizzavano in gruppi fino a circa 20.000 persone. Queste frequenze, simili ai dialetti umani, hanno permesso a Whitehead e ai suoi colleghi di stabilire l’esistenza di sette gruppi nell’Oceano Pacifico, per un totale di 300.000 capodogli. “Si tratta di un numero enorme per entità culturalmente definite al di fuori dei moderni gruppi etnolinguistici umani”, ha dichiarato Whitehead.
“I gruppi sociali potevano incontrarsi, ma non si sono mai incrociati”, ha aggiunto Whitehead. “Il loro senso di identità è apparso, in termini umani, quasi tribale, riconoscendo e mantenendo le loro differenze pur appartenendo alla stessa specie”, ha spiegato Whitehead. I capodogli, presenti negli oceani di tutto il mondo, hanno il cervello più grande del pianeta. Questi animali possono raggiungere i 15 metri di lunghezza, pesare fino a 45 tonnellate e sono in grado di immergersi per due ore alla ricerca di cibo, soprattutto calamari. Whitehead ha notato che i gruppi sembravano essere composti quasi interamente da esemplari di sesso femminile. I maschi visitavano le femmine occasionalmente e per poche ore alla volta. “Il loro unico trasferimento importante è quello dello sperma”, ha detto Whitehead.
“Un gruppo di femmine scelte si occupavano della cura dei piccoli, mentre le madri si immergevano alla ricerca di cibo”, ha continuato Whitehead. Pur sottolineando quanto le balene siano diverse dagli esseri umani, il documento suggerisce intriganti corrispondenze. Lo studio ha rivelato che le società dei capodogli sembra utilizzare il consenso, piuttosto che la leadership dall’alto verso il basso, per raggiungere le decisioni comuni. Con migliaia di animali che viaggiano contemporaneamente, alla ricerca di fonti di cibo in rapida evoluzione e costantemente attenti ai predatori, come le orche predano i piccoli di capodoglio. Whitehead ha riportato di aver visto balene impiegare fino a un’ora o più per fare una virata di 90 gradi, mentre cercavano di mettersi d’accordo su dove andare.
“La democrazia delle balene era un’attività lenta e disordinata, proprio come la nostra”, ha osservato Whitehead.
“Lo studio dell’evoluzione di queste grandi popolazioni può fornire indizi sull’evoluzione sociale umana su scala più ampia, con pochissimi rivali”, ha proseguito Whitehead. Lo studio suggerisce che potrebbero esserci prove di come l’attività umana abbia influenzato le balene. I capodogli sono stati ampiamente cacciati nel corso del diciottesimo sino ventesimo secolo. Solo nel ventesimo secolo, 700.000 esemplari sono morti cacciati in Gran Bretagna, Norvegia, Paesi Bassi, Russia, Giappone, Canada e Australia, tra le altre nazioni. Fino al 1971, l’olio di capodoglio, inoltre, era impiegato nei cambi automatici della maggior parte delle auto americane. Il numero delle popolazioni si è ripreso dopo la moratoria del 1982 sull’uccisione delle grandi balene. Ma, poichè i capodogli possono raggiungere gli 80 anni di vita, è possibile che gli individui conservino ricordi traumatici della caccia del ventesimo secolo.
“La genetica delle popolazioni sottoposte a intensa caccia alle balene moderna ha mostrato prove di riduzione della fertilità e frammentazione delle unità familiari, intaccando anche le dimensioni fisiche degli animali, che si sono ridotte”, ha affermato Whitehead, che studia i capodogli in mare dal 1985. “Ho ritenuto più congeniale usare il termine ‘nazioni di balene’ per indicare la portata dei diversi gruppi di capodogli separati fra loro”, ha sostenuto Whitehead.
“Ho guardato alla storia e alla preistoria dell’uomo per comprendere l’evoluzione delle balene, paragonando un discreto gruppo di balene in un’area chiusa, come il Mediterraneo, a quello della popolazione umana in un’isola isolata, come l’Australia”, ha specificato Whitehead. “Al contrario – ha osservato Whitehead – in aree più vaste, come il Pacifico, dove due o più gruppi condividono lo stesso ambiente, la cultura è l’unica spiegazione possibile per le differenze tra gruppi, come un paese condiviso da esseri umani che parlano lingue diverse”.
“La ricerca sulla preistoria più profonda delle balene, dal momento che la specie si è evoluta 24 milioni di anni fa, potrebbe essere difficile quanto lo studio della preistoria umana”, ha riconosciuto Whitehead. “Ma, i modelli della genetica e della linguistica, uniti alle misure dei cambiamenti ambientali” potrebbero rivelare una quantità di informazioni straordinaria”, ha notato Whitehead. “Credo che si possa dire che la storia dei capodogli inizia quando noi umani abbiamo iniziato a scrivere di loro”, ha commentato Whitehead. “La preistoria dei capodogli sarà probabilmente affascinante, ma molto più difficile da immaginare rispetto a quella degli esseri umani”, ha concluso Whitehead.


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