Celebriamo l’ultimo capitolo della triologia classica di Guerre Stellari, epilogo delle avventure di Luke Skywalker, in attesa del suo ritorno al cinema.
Era l’estate del 1983 quando Star Wars: Il ritorno dello Jedi usciva nei cinema americani per concludere l’incredibile trilogia ideata dal leggendario George Lucas. Sono passati la bellezza di 40 anni da quel giorno e oggi, nel 2023, durante la Star Wars Celebration Europe di Londra, Lucasfilm non poteva non ricordare la gloriosa conclusione del viaggio di Luke Skywalker. Un festeggiamento che, dal panel della Celebration, non può che essere l’inizio di un’annata fatta di ricordi e omaggi: e infatti Il ritorno dello Jedi tornerà al cinema per un evento a tempo limitato, ma intanto vi riportiamo il ricordo di chi, nel 1983, c’era eccome, ed era al fianco di George Lucas su un set diventato ormai leggenda.
Il ritorno dello Jedi, da ieri a oggi
A moderare il panel londinese era presente un host d’eccezione: Ming-Na Wen, già iconica interprete di Fennec Shand in The Mandalorian e The Book of Boba Fett e grande fan di Guerre Stellari, che ha portato sul palco della Star Wars Celebration alcune leggende del passato e del presente.
La chiacchierata preliminare ha avuto come primi protagonisti Producer e supervisori degli effetti visivi in Lucasfilm, alcuni dei quali hanno iniziato il loro viaggio proprio al fianco del mitico George Lucas, o ancora altri che all’epoca erano poco più che ragazzini, e hanno ricordato come hanno vissuto 40 anni fa il lancio di Return of the Jedi nei cinema mondiali: “C’è chi tra noi aveva poco più di vent’anni all’epoca, o chi addirittura aveva appena finito il liceo, quando Il ritorno dello Jedi arrivò al cinema. Già allora l’espansione che aveva raggiunto globalmente Star Wars era incredibile, perché George Lucas pensava assolutamente fuori dagli schemi, sotto ogni punto di vista. Lui e John Barry, l’originale production designer di Guerre Stellari, avevano una visione ben chiara e allo stesso tempo stupefacente di come doveva essere il progetto. Eravamo tutti elettrizzati quando passavamo fuori i cinema e ascoltavamo i feedback della gente, i rumor che circolavano nel pubblico, e soprattutto le emozioni suscitate dalle varie rivelazioni dei film precedenti a Episodio 6”.
Il “pensare fuori dagli schemi” per Lucas non riguardava soltanto l’universo narrativo, ma anche la tecnica che Star Wars aveva messo in campo già a partire dal 1977: quegli effetti visivi dal sapore “artigianale” che costituiscono ancora oggi un mantra importante per la produzione Lucasfilm, che tutt’ora non rinuncia a utilizzare gli effetti pratici per dar vita alle creature. Ne è esempio lampante il piccolo Grogu in The Mandalorian, che è a tutti gli effetti un piccolo animatronic che contribuisce a restituire un senso di realtà anche per chi interagisce con lui sul set:
“Quante creature, quanti effetti pratici. Quanto valore ha avuto questa saga nel campo dell’effettistica, con un coraggio che è percepibile ancora oggi. Per chi come noi lavorava sulle componenti visive ogni giorno era una nuova avventura, del nuovo materiale con cui lavorare. È qualcosa di unico che continua ancora oggi ed è parte di un’eredità che Lucasfilm porterà avanti per sempre. Oltre il design, le creature e i personaggi alieni erano vere e proprie persone sotto un costume, e ciò contribuiva a dare un anima a quei personaggi sul set. Questo valeva anche per le astronavi e i mezzi di trasporto: la tecnologia utilizzata all’epoca era all’avanguardia. Giravamo intere sequenze utilizzando dei modellini, che poi implementavamo in live-action sfruttando la computer grafica laddove era possibile”.
Questo mantra quindi ha ispirato direttamente anche produzioni più recenti come The Mandalorian, che essendo ambientato 5 anni dopo Il ritorno dello Jedi aveva il compito di recuperare lo spirito e l’atmosfera dell’ultimo capitolo della trilogia classica: “Jon Favreau e Dave Filoni hanno utilizzato lo stesso approccio sia in The Mandalorian sia in The Book of Boba Fett, entrambi progetti indubbiamente influenzati dalle potenzialità dell’universo narrativo di Return of the Jedi. In Episodio 6, d’altronde, c’erano così tante location che potevano essere ulteriormente esplorate e approfondite, su tutte le ambientazioni legate a Tatooine e Jabba the Hutt”.
Chi c’è sempre stato: da C3PO a Palpatine
Immancabile la presenza, al panel dedicato ai 40 anni de Il ritorno dello Jedi, di alcuni volti che hanno letteralmente fatto la storia di questa saga interpretando personaggi che ci hanno accompagnato lungo tutti i 9 film, o quasi. A detenere questo record incredibile è indubbiamente Anthony Daniels, l’uomo che sin dal 1977 è presente sotto la scocca metallica del simpatico droide C3PO.
Insieme a lui, sul palco londinese, altri giganti: da Ian Mc Diarmid, iconico interprete di Palpatine, a Warwick Davis, che si è prestato a tantissimi ruoli nella saga di cui il più memorabile è indubbiamente quello degli Ewok. Tra l’altro Warwick Davis aveva soltanto 11 anni quando debuttò in Star Wars per interpretare uno dei piccoli Ewok di Endor, ma è un’esperienza che lo ha legato indissolubilmente al franchise e ai suoi protagonisti. E infine, tra un simpatico borbottio e l’altro, persino il grande Billie Dee Williams, l’originale Lando Calrissian tornato per la resa dei conti ne L’ascesa di Skywalker, ha salutato i fan della SW Celebration. Persone che hanno fior di aneddoti da raccontare, come l’episodio ormai famoso della tempesta di sabbia che colpì il set del film il primo giorno di riprese, e che a quanto pare è diventata una scena eliminata dal final cut di Star Wars Il ritorno dello Jedi. Ricorda l’attore di C3PO: “Ero nel mio costume durante quella tempesta, ma in generale nessuno riusciva a vedere o sentire nulla, tra l’altro ci sono voluti giorni perché la troupe ripulisse l’intero set per continuare a girare”.
Indubbiamente particolare il ricordo che Ian McDiarmid ha sulla sua esperienza stawarsiana: dai panni del misterioso Imperatore, per il quale nella trilogia classica dovette sottoporsi ad importanti innesti prostetici per invecchiare il suo aspetto – non che nelle trilogie successive non lo abbia fatto – fino all’enigmatica figura di Palpatine, che costrinse l’attore ad un lavoro in retrospettiva su una versione più giovane e sibillina del villain che aveva interpretato negli anni Ottanta. Con il solito aplomb che lo contraddistingue, il buon McDiarmid ha in effetti ironizzato sul “ciclo vitale” del suo Palpatine/Imperatore, e sul fatto di aver impersonato per lungo tempo una versione più giovane di quella che l’ha reso iconico quando era tutt’altro che anziano.
L’attore del villain ha poi scherzato, non senza scatenare l’ilarità di tutta la platea, sul suo inatteso ritorno in Episodio 9 (lo ricordiamo anche nella recensione di Star Wars L’Ascesa di Skywalker), e sul fatto di essersi stupito lui stesso di come L’Ascesa di Skywalker abbia presentato a gran sorpresa la sua resurrezione, dal momento che ha ben impresso nella memoria il giorno in cui – ai tempi de Il ritorno dello Jedi – filmò la sua morte per mano di un redento Darth Vader. Un aneddoto interessante riguarda proprio quell’iconica scena: Ian McDiarmid ha infatti raccontato che, in quel frangente, David Prowse – l’attore dell’originale Darth Vader scomparso nel 2020 – aveva problemi a rimettersi in piedi a causa dell’armatura ingombrante che lo ricopriva, un dettaglio che rese ancor più faticoso e credibile il lancio che consegnò Palpatine all’apparente dipartita.
Il volto dell’Imperatore ha poi raccontato le sue difficoltà nella resa vocale del villain, dal momento che il suo aspetto disgustoso richiedeva anche l’utilizzo di una voce che suonasse altrettanto disgustosa. McDiarmid ha quindi definito testualmente che i suoi versi suonano come “un conato di vomito” per rendere l’idea del processo creativo che lo ha portato ad assumere quel tipo di suono.
Dal canto suo, Billy Dee Williams non ha concesso molte dichiarazioni: evidentemente affaticato da acciacchi di salute derivati dall’età, l’attore si presenta da tempo in pubblico con un bastone per aiutarsi a camminare, e ha limitato i suoi interventi a pochi e perentori monosillabi che hanno comunque divertito la platea. Interrogato, ad esempio, sulla celebre scena in cui Lando Calrissian si ritrova a testa in giù a strapiombo sulla tana del Sarlaac di Tatooine, ha risposto semplicemente: “è stato davvero scomodo”. Un commento che ha comunque suscitato risate e applausi per un interprete che, nonostante la veneranda età di 81 anni, si è comunque prestato ad un incontro prezioso con gli appassionati di Star Wars, che continuano ad amarlo da oltre 40 anni insieme alla leggendaria saga che dal 1977 tiene uniti milioni di spettatori.
Star Wars: Il ritorno dello Jedi, nell’anno del suo quarantesimo anniversario, tornerà al cinema per regalare ancora spettacolo a chi non ha mai smesso di vivere con la testa e con il cuore nella galassia lontana, lontana.
Fonte: cinema.everyeye.it