AGI – Contrariamente a quanto si pensa, nel rapporto ‘dare-avere’ tra lo Stato e il contribuente italiano a rimetterci, da un punto di vista strettamente economico, è sicuramente quest’ultimo. L’Ufficio studi della Cgia è giunto a questa conclusione “realizzando” una sorta di ‘do ut des’ alla rovescia; ovvero, comparando il mancato gettito che la Pubblica amministrazione (Pa) subisce a causa dell’infedeltà fiscale degli italiani con i costi aggiuntivi che gravano su famiglie e imprese a causa del malfunzionamento dei servizi pubblici.
Stando ai dati del ministero dell’Economia e delle Finanze – spiegano gli artigiani – l‘evasione fiscale presente in Italia è stimata in circa 110 miliardi di euro all’anno. Un importo “paurosamente elevato” che, comunque, appare decisamente inferiore agli oneri che i cittadini e le imprese subiscono in virtù degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze presenti nella nostra Pa. Scorrendo i risultati di alcuni studi condotti da una mezza dozzina di istituzioni di ricerca molto autorevoli, il danno economico in capo ai contribuenti italiani sarebbe di oltre 200 miliardi di euro all’anno. Si tratta di una dimensione economica quasi doppia rispetto all’evasione. L’Ufficio studi della Cgia tiene a precisare che, quello appena richiamato, è un raffronto che non ha alcun rigore scientifico: gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che gravano in particolar modo sulle imprese sono di fonte diversa, i dati non sono omogenei, gli ambiti in molti casi si sovrappongono e, per tali ragioni, non si possono sommare. La riflessione, tuttavia, ha un suo rigore concettuale: nonostante ci sia tanta evasione, una Pa poco efficiente causa ai privati dei danni economici molto superiori. La conclusione a cui è pervenuta la Cgia non appare per nulla scontata, visto che una buona parte dell’opinione pubblica ha una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, ritenendo tuttavia meno allarmanti gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della nostra macchina pubblica
Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “Sgombriamo il campo da qualsiasi equivoco: l’evasione non va mai giustificata e dobbiamo contrastarla ovunque essa si annidi, sia che riguardi i piccoli che i grandi evasori. Se, infatti, portassimo alla luce una buona parte delle risorse sottratte illecitamente all’erario, la nostra Pa avrebbe più soldi, funzionerebbe meglio e, probabilmente, si creerebbero le condizioni per alleggerire il carico fiscale. Oltre a ciò, è altrettanto indispensabile intervenire per ridurre sensibilmente gli sprechi che gravano sulla spesa dello Stato e per aumentare la produttività del lavoro nel pubblico. L’Italia ne trarrebbe un grande beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute. In altre parole, con meno evasione e una Pa più efficiente potremmo creare le condizioni per rilanciare questo Paese”. Dalla Cgia tengono comunque a precisare che sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori della nostra Pa, come, ad esempio, la sanità, l’istruzione, la ricerca e la qualità del servizio effettuato dalle forze dell’ordine.
“Per molte imprese – dichiara il segretario Renato Mason – il prossimo autunno sarà uno stress test molto delicato. Probabilmente, tante faticheranno a superare questa fase così difficile legata agli effetti della crisi sanitaria; alcuni segnali, infatti, non lasciano presagire nulla di buono. Il Governo, tuttavia, deve assolutamente mettere mano il prima possibile al nostro sistema fiscale, riducendone il prelievo e il numero di adempimenti che continuano ad essere troppi e spesso difficili da espletare. Con meno tasse e una burocrazia fiscale più soft si possono creare le condizioni per far ripartire l’economia. Senza dimenticare che il nostro Paese si regge su un tessuto connettivo formato da tantissime Pmi che faticano a ottenere una risposta agli innumerevoli problemi che condizionano la loro attività lavorativa”.
L’Ufficio studi della Cgia ha raccolto e allineato i risultati di una serie di analisi sulle inefficienze e gli sprechi che caratterizzano la nostra Pa. In sintesi sono: il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pa (burocrazia) è pari a 57 miliardi di euro (fonte: The European House Ambrosetti); i debiti commerciali della Pa nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro (fonte: Banca d’Italia); il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno (fonte: ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti); se la giustizia civile italiana avesse gli stessi tempi di quella tedesca, il guadagno in termini di Pil sarebbe di 40 miliardi di euro all’anno (fonte: CER-Eures). E ancora: sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di abbassare la nostra pressione fiscale alla media Ue (fonte: Discussion paper 23 Commissione Europea); gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità costano alla collettività 23,5 miliardi di euro ogni anno (fonte: ISPE); gli sprechi e le inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi di euro all’anno (Fonte: The European House Ambrosetti-Ferrovie dello Stato).
Gli effetti economici di questi malfunzionamenti tratti da fonti diverse – concludono gi artigiani – non si possono sommare, anche perché in molti casi le aree di influenza di queste analisi si accavallano. Tuttavia, queste avvertenze non pregiudicano la correttezza del risultato della comparazione espressa più sopra.
Vedi: Gli sprechi nella Pa valgono il doppio dell'evasione fiscale
Fonte: economia agi