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GLI OBIETTIVI DEL GOVERNO DRAGHI

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Le forze politiche, per dare una risposta responsabile alla richiesta del Presidente Mattarella, non devono porre degli aut aut al Presidente incaricato Draghi, ma solo rendere chiaro, col massimo spirito collaborativo, quali sono i punti qualificanti secondo una razionale impostazione economica

di Renato Costanzo Gatti

Sono assolutamente d’accordo ad assentire alla nascita del governo Draghi, per il semplice motivo che ritengo necessario assentire alla richiesta del presidente Mattarella dopo che l’azione di Renzi ha portato al fallimento della nostra democrazia. Al proposito c’è assolutamente la necessità che nessuna forza, anche se minimale ma determinante ai fini della maggioranza, possa interrompere a suo piacimento, tale da assumere posizioni ricattatorie, un governo. Si rende auspicabile l’introduzione della “sfiducia costruttiva”, quella sfiducia cioè che nell’essere posta indichi una maggioranza alternativa. Questo strumento anche se non risolutivo, aiuta tuttavia a tarpare le ali alle azioni spregiudicate di minoranze disinvolte.

Il mandato del presidente Mattarella è chiaro: farsi carico delle emergenze sanitarie, sociali, economiche e finanziarie, con esplicito riferimento alle emergenze pandemiche, vaccinali, del NGEU e sociali.

Nessuno potrebbe obiettare alle finalità del mandato, ma indubbiamente i temi del Recovery Plan e della emergenza sociale non conoscono soluzioni tecniche asettiche, ma contenuti decisamente politici tali da non poter aver un unanime consenso da tutte le forze politiche. È in questa prospettiva che l’azione delle forze politiche riformiste possono mettere sul tavolo proposte costruttive, senza carattere di aut aut, che indichino il come impostare la soluzione dei problemi.

Espongo qui le possibili linee guida.

1. La prima linea relativa al NGEU deve essere quella del discorso di Draghi che distingue il debito buono da quello non buono. Pare sinceramente sconcertante che una distinzione così ovvia debba essere considerata dai media e dai politici come una scoperta economica rivoluzionaria. La golden rule di Delors è basata su questo principio ovvero che i debiti contratti per fare investimenti non vadano conteggiati, o conteggiati in un capitolo diverso rispetto ai debiti per spese correnti. L’Europa è ancora sorda all’accettazione di questa regola, ma negli ultimi mesi, con la gestione di Ursula, è innegabile il riscontro di orientamenti più aperti.

Questo principio comporta che vadano riviste tutte quelle voci che nella bozza di PNRR disponibile, comportano un debito cattivo: parto dai 4.7 miliardi destinati al cashback, a quelli destinati al super eco-bonus del 110%, quelli previsti per le agevolazioni 4.0 per le imprese, alle esenzioni fiscali per il mezzogiorno e tanti sussidi a fondo perduto e quindi, a mio parere, debiti non buoni.

2. La seconda linea riguarda il tipo di intervento che non può non discriminare le attività che non hanno più una prospettiva di vita nell’economia postpandemica, costruendo una trasformazione nel modo di produzione di beni e servizi con una visione ispirata alle nuove tecnologie in un clima schumpeteriano, che introduca l’economia della conoscenza come modello per il nostro paese. Non si tratta di salvare il modo di produzione così com’era, arrancante ed ansimante, senza fiato, fermo da trent’anni, testardamente basata su micro imprese, basso costo del lavoro (ma non così basso come quello dell’Arabia Saudita di cui Renzi è “geloso”), inibito all’effetto Ricardo (che riguarda gli effetti sull’economia di un aumento generale dei salari). Si tratta di fondare un modo di produzione all’altezza dei tempi.

Ciò comporterebbe la visione di un nuovo protagonismo del nostro Paese: individuare settori strategici su cui puntare (meccatronica, robotica, turismo, farmaceutica, etc.) con mentalità programmatoria.

Su questo punto occorre tuttavia rimarcare che nell’articolo di Draghi pubblicato sul Financial Times nel marzo scorso, si auspica un aiuto totale, immediato ed indiscriminato dello stato che fornisca liquidità, o garantisca quella fornita dalle banche, a chiunque ne abbia bisogno. “Much higher public debt levels will become a permanent feature of our economies and will be accompanied by private debt cancellation”. Nel documento di Draghi quindi, non si intravvede alcuna attività programmatoria dello Stato, che tuttavia si fa carico di cancellare i debiti del settore privato “to every part of the economy that needs it”.

It is already clear that the answer must involve a significant increase in public debt” e questo debito, secondo Draghi, sarebbe “buon debito”.

3. Draghi, nel suo articolo, ci ricorda che nei casi in cui lo stato si è indebitato (ad esempio per finanziare la guerra) lo stesso non ha aumentato l’incidenza fiscale per risanare il bilancio, tale provvedimento peggiorerebbe la situazione produttiva che va, al contrario, preservata. Ciò sembrerebbe tranquillizzare chi teme la patrimoniale o un inasprimento fiscale, ma per la verità non mi convince a fondo; ci sono settori economici che con la pandemia hanno realizzato incrementi inauditi di fatturato e di utili. Sarebbe auspicabile che una proposta di questo tipo venisse avanzata al Presidente del Consiglio incaricato.
4. L’ingente incremento del debito comporta un grosso problema con le regole europee, per ora sospese, su stabilità e sviluppo. Il documento Draghi, al proposito conclude il suo articolo con le seguenti parole: “mobilising banks and as Europeans, supporting each other in the pursuit of what is evidently a common cause”. Sarà pure una causa comune che invita a non irrigidirsi su regole e trattati ma, ritengo, che la Corte Costituzionale tedesca ritornerà alla carica richiedendo la “concordata” proporzionalità ed avendo alle spalle i trattati che le danno ragione. E Draghi non è più a Francoforte e non è più in grado di pronunciare un’altra volta il famoso “whatever it takes”.
5. Mi pare ovvio che qualora la situazione sociale si aggravasse sfociando in una diffusa protesta dei cittadini colpiti dalle conseguenze della crisi pandemica, tale protesta sarebbe decisamente orientata a destra e la destra sarebbe ben pronta a raccogliere ed utilizzare la rabbia diffusa. Sarà compito di questo governo agire in modo da dare risposte atte a porre un argine alla paura del futuro rafforzando un reddito di cittadinanza universale che tendenzialmente sostituisca la cassa integrazione e tutte le forme similari, istituzionalizzandolo come strumento automatico non solo per i lavoratori dipendenti ma per tutti i cittadini. Meglio se questo strumento fosse congegnato a livello europeo.
6. Per finanziare il reddito di cittadinanza universale, e per anticipare la possibilità di intervento nell’economia, considerando che i fondi europei saranno erogati, almeno per la prima tranche, tra sei mesi un anno, sarebbe consigliabile l’adozione della moneta fiscale, strumento che in mano ai Cinquestelle o a Fratelli d’Italia (gli unici che hanno presentato un disegno di legge in proposito) appare debole ed improbabile ma che, proposto da un colosso come Draghi potrebbe essere una vera rivoluzione culturale.
In conclusione, non si tratta di porre aut aut al presidente Draghi, masolo di rendere chiaro, col massimo spirito collaborativo, quali sarebbero i punti qualificanti secondo una razionale impostazione economica, posizione che, a mio parere, costituisce una responsabile risposta alla richiesta del Presidente Mattarella.

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