AGI – Da mesi si parla della tempesta perfetta che si è abbattuta, a livello nazionale e internazionale, su tutti i diversi ambiti della filiera produttiva e logistica alimentare con una importante tensione dei prezzi. Al centro dell’attenzione c’è soprattutto l’incremento dei costi dell’energia e del gas e il relativo impatto sull’economia del Paese, ma ci sono altri fattori invisibili.
È il caso dell’aumento di materie prime meno conosciute che possono mettere in ginocchio un comparto virtuoso come quello conserviero ittico: la scatoletta in banda stagnata, infatti, principale materiale di imballaggio per le conserve ittiche, incide per circa il 30% sui costi di produzione delle conserve ittiche e nel 2021 ha visto crescere i prezzi delle materie prime che la compongono, in alcuni casi sino all’85%.
Un aumento che impatta in modo rilevante sul settore, considerando che le aziende che producono conserve ittiche in Italia utilizzano ogni anno circa 650 milioni di scatolette (peraltro riciclate in maniera efficiente), per un totale di circa 16 mila tonnellate di banda stagnata.
A questo si aggiungono, poi, altri ambiti su cui il caro prezzi ha un effetto diretto sugli approvvigionamenti di interesse delle industrie conserviere ittiche. Per la prima volta, uno studio inedito della società di data analysis in ambito economico StudiaBO ha analizzato e calcolato le dinamiche di prezzo relative agli approvvigionamenti nella filiera delle conserve ittiche, nel biennio 2020 / 2021.
Gli effetti del caro prezzi ruotano sostanzialmente su cinque ambiti, a partire dalle materie prime per la fabbricazione degli imballaggi metallici: i prezzi di acciaio (coils) e stagnonecessari per produrre la banda stagnata, di cui è costituita la scatoletta sono cresciuti in media nel 2021del +60% per i laminati a caldo e + 30% per i laminati a freddo, mentre il prezzo dello stagno al London Metal Exchange (LME) ha registrato un aumento prossimo al+85%. Anche il prezzo dell’alluminio, materia prima per alcuni imballaggi metallici, ha registrato un incremento complessivo prossimo al +41% (LME), rispetto alla media del 2020.
Secondo Simone Legnani, presidente di Ancit, il settore è “compresso tra l’incremento dei costi e l’esigenza di non farlo ricadere sul consumatore finale. È una spirale inflazionistica pericolosissima, che può portare fuori mercato interi settori produttivi. Stiamo tenendo duro ma non riusciremo a resistere a lungo a questi ritmi e senza interventi strutturali restiamo esposti agli choc. Si rischia di far spegnere la macchina a molte aziende, minacciando la ripresa italiana. Solo facendo sistema potremo affrontare e superare una situazione come quella attuale”.
Source: agi