Il Mef gioca una «doppia partita»: così si crea una maxi-direzione generale Il giudice tributario avrebbe fortemente bisogno di essere terzo e imparziale
Paolo Pandolfini
“È irrisolto il problema principale che affligge da sempre questa giurisdizione ”
«La riforma della giustizia tributaria è arrivata prima della tanto attesa riforma fiscale di cui si parla ormai da decenni e che invece avrebbe dovuto precorrerla». A dirlo è Antonio Leone, presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l’organo di autogoverno dei circa 2700 giudici tributari che sono chiamati quotidianamente a decidere un contenzioso che vale almeno due punti di Pil. La giurisdizione tributaria, pur non occupando le prime pagine dei giornali, ha il l’importante compito di bilanciare le pretese impositive dello Stato con il diritto dovere del cittadino di contribuire alla vita del Paese
«La riforma del Fisco è quanto mai necessaria. In primo luogo, per assicurare l’intellegibilità ed applicabilità della norma tributaria da cui, a seguire, dipende la deflazione del contenzioso», prosegue Leone. La metà dei ricorsi del settore civile in Cassazione sono infatti incardinati proprio presso la Sezione tributaria di Piazza Cavour. Fino a poco tempo fa il loro numero aveva raggiunto l’incredibile cifra di 50mila.
Al momento il testo della riforma fiscale è stato approvato dalla Camera e si trova all’esame del Senato. Salvo imprevisti, considerati anche i necessari decreti attuativi, la riforma del Fisco dovrebbe entrare in vigore a partire dal prossimo gennaio. Lo scorso fine settimana, però, il vicepremier Matteo Salvini ha provato a ributtare la palla in tribuna, ipotizzando l’introduzione della «pace fiscale». Una modifica che stravolgerebbe molte parti del testo già approvato il quale prevede norme per nulla «pacifiche». L’articolo 16 della riforma, ad esempio, prevede la possibilità di pignorare automaticamente i conti correnti degli evasori. Discorso diverso – come detto – per la riforma della giustizia tributaria, approvata lo scorso anno alla vigilia di Ferragosto, con le Camere sciolte e con il dibattito solo al Senato per rispettare le tempistiche del Pnrr. La riforma, che ha introdotto il giudice professionale, non ha risolto il problema principale che affligge da sempre questa giurisdizione speciale: la dipendenza dal Mistero dell’economia e delle finanze.
Il Mef gioca una «doppia partita» nel processo tributario in quanto dal dicastero di via XX Settembre dipendono sia i giudici tributari che le varie Agenzie fiscali. Un cortocircuito che non esiste in nessun altro Paese europeo e che crea problemi di indipendenza dei giudici, che devono «giudicare» gli atti del proprio datore di lavoro, almeno sotto il profilo dell’apparenza.
L’autonomia dal Mef nella riforma non c’è stata e, anzi, la sua presenza è sempre più ingombrante con la creazione di una maxi-direzione generale. Eppure la materia curata dal giudizio tributario, particolarmente complessa, richiede conoscenze ulteriori rispetto alle altre materie, civile, amministrativo e contabilità dello Stato, ed è estranea anche alla cultura giuridica generalista. Ecco perché il giudice tributario avrebbe fortemente bisogno di essere ed apparire terzo ed imparziale, anche in ossequio all’articolo 111 della Costituzione. Numerosi sono, invece, gli indicatori della apparente non indipendenza degli attuali e futuri giudici e magistrati tributari. Oltre all’inquadramento ordinamentale dei giudici in capo al Mef, anche il personale delle Corti tributarie dipendente sempre dal Mef e non è gerarchicamente «utilizzabile» da parte dei giudici. L’erogazione e la gestione dei mezzi finanziari per il funzionamento delle Corti dipendono, poi, dall’amministrazione finanziaria e manca un ruolo autonomo degli amministrativi del Consiglio di presidenza, a differenza di quanto avviene per il Csm. Il Cpgt aveva fatto in passato una proposta, non andata in porto, di trasferire la giurisdizione tributaria sotto la Presidenza del consiglio dei ministri. L’unica novità positiva riguarda il recente avvio della Scuola superiore della magistratura tributaria per assicurare una offerta formativa stabile ai giudici tributari. La Scuola superiore (la scorsa settimana è stato nominato il suo Comitato scientifico) si avvarrà della collaborazione delle Università con le quali già in passato sono stati avviati diversi protocolli d’intesa. Una menzione, infine, per il progetto Prodigit sulla giustizia predittiva che andrà ad affiancarsi all’Ufficio nazionale del massimario. Il progetto, da terminare entro l’anno, ha l’obiettivo di aumentare il livello di digitalizzazione, creando un modello sperimentale di miglioramento della prevedibilità delle decisioni (cd «giustizia predittiva»). Grazie all’algoritmo sarà creata una banca dati di giurisprudenza che costituirà un unicum nel panorama delle giurisdizioni italiane poiché non esiste oggi una banca dati pubblica e gratuita contenente l’intera giurisprudenza di merito nazionale. Questo strumento consentirà di divulgare i contenuti delle sentenze, far conoscere al pubblico gli orientamenti delle Corti e alla Cassazione i dettagli e le dimensioni del contenzioso di merito, migliorare la qualità delle sentenze.
«Bisogna arrivare ad una nomofilachia circolare», ha evidenziato il primo presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano in occasione della cerimonia di insediamento della Scuola superiore della magistratura tributaria.
Fonte: Il Riformista