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Giustizia: Orlando (Pd), riforma delegittima magistratura

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“In questi anni in cui si è consumato uno scontro tra una parte della politica e la magistratura si è parlato di toghe orientate politicamente. In verità abbiamo visto, anche con il voto dei magistrati, che le toghe sono molto differenziate al loro interno con correnti conservatrici, moderate molto forti che hanno inciso nel corso di questi anni. Anche il racconto di una Costituzione che ha costruito un impianto di carattere giustizialista fa un po’ scopa con una ricostruzione secondo la quale la Costituzione sarebbe un po’ il frutto delle correnti necessariamente più progressiste e radicali”. Lo dice il deputato Pd ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nel corso di una diretta social con Edmondo Bruti Liberati, ex magistrato e autore del volume “Pubblico ministero. Un protagonista controverso della giustizia”, e Liana Milella del quotidiano La Repubblica.
“In verità – riprende il parlamentare dem – è sottaciuto che la parte che riguarda la giustizia della nostra Costituzione è stata la conseguenza della convergenza anche di correnti fortemente conservatrici. Uno dei protagonisti della scrittura di questa parte della Carta fu infatti Giovanni Leone che non passò alla storia per un pericoloso sovversivo o giacobino. Nel momento in cui ci si appresta, quindi, a rimettere le mani sulla Costituzione sarebbe bene mettere in fila un po’ la genesi di questa parte in contrapposizione a ciò che era stato il pubblico ministero sotto il regime fascista, fortemente asservito al potere. In questi giorni stiamo celebrando il centenario di Matteotti e la storia del processo del suo omicidio è un po’ la storia di come parte della magistratura è stata piegata e parte ha provato a resistere. Lo dico perché forse abbiamo molto schiacciato sugli ultimi venti anni la storia della magistratura italiana. Uno dei meriti del libro di Bruti Liberati è quello di riprendere una parabola storica che ci consente di capire da dove veniamo e come siamo arrivati fino a qui”.
“Il contesto che ha portato alla proposta di riforma del ministro Nordio – sostiene Orlando – sta dentro ad una campagna di delegittimazione della magistratura e, lo dico da ex Guardasigilli, ad un inedito perché abbiamo un ministro che spesso veste i panni del commentatore delle vicende dei singoli processi. Un Guardasigilli opinionista che è un po’ una innovazione della Costituzione materiale – osserva il deputato del Pd – perché sappiamo che il ministro ha uno strumento che dovrebbe inibirgli il commento, essendo una delle due figure che può attivare il procedimento disciplinare se ritiene che un magistrato stia andando fuori dai binari dell’ordinamento, senza dover esternare. Un elemento che dovrebbe preoccupare molto ha portato ad un rovesciamento rispetto agli anni passati quando, forse eccedendo, c’era una adesione forse un po’ acritica alle tesi e alle contestazioni della pubblica accusa, definita genericamente giustizialismo, oggi sostanzialmente c’è un pregiudizio negativo nei confronti del magistrato, qualsiasi provvedimento assuma”.
“Stiamo assistendo – prosegue Orlando – ad un modo di procedere sul fronte delle riforme costituzionali abbastanza originale nel senso che non c’è un disegno complessivo di riforma della Costituzione. Avendo forse fatto tesoro che i tentativi organici non vanno sempre a buon fine – dice ancora l’ex ministro dem – si è proceduto in questo modo: si è preso un pezzo che piaceva alla Lega, quello dell’autonomia differenziata, un pezzo che piaceva a Fratelli d’Italia, quello del premierato, e poi un pezzo che piaceva a Forza Italia, quello della giustizia”.
“È singolare – riprende – come questo garantismo abbia una natura fortemente di classe. Mentre c’è un tema di attenzione alle tutele quando la persona interessata dai processi ha un certo rango sociale, una posizione politica o amministrativa, il tema delle garanzie per chi non ha questo tipo di standing sociale – conclude l’esponente dem – impallidisce abbastanza. Nel libro di Bruti Liberati c’è un elenco nel quale si da’ conto della prolifica produzione di nuove figure di reato che quasi sempre riguardano, diciamo così, parti della società marginali o che si vogliono marginalizzare”. (AGI)