Carlo Nordio arriva al congresso dell’Anm a metà mattinata e scatta l’applauso della platea. Timido, è vero, ma che rivela comunque l’intenzione quanto meno di ascoltare, anche se le distanze appaiono irriducibili. Forse neppure lui se l’aspetta e se ne dice grato. Ma sa che il clima non è favorevole. Tutto sommato nulla di nuovo sotto il caldo sole di Palermo, nell’ampia sala che guarda il mare, nel molo riscattato recentemente dal degrado e dove il dibattito si surriscalda presto. Così, sul tavolo il guardasigilli gioca subito la carta del dialogo: “Dobbiamo cercare un incontro sulle cose su cui potremmo essere d’accordo, ma questo non significa che non vi siano differenze, ma mai mi sognerei di entrare in conflitto con la magistratura”. A margine, con i giornalisti, è più diretto: “Non è possibile parlare di lotta tra magistratura e politica. Il dialogo deve continuare”, perché “l’esigenza di trovare un sentiero comune è importante”. I problemi della giustizia “oggi sono incentrati sull’efficienza della giustizia, sia penale sia civile, quindi il terreno di incontro deve essere questo”. Davanti alla platea dei magistrati prova a essere rassicurante e definisce “dogma” e “non negoziabile” il principio dell’indipendenza dei magistrati, giudicanti e requirenti”. Resta il tema della separazione delle carriere e delle funzioni e della composizione del Csm: “Siamo stati incaricati dal corpo elettorale di riformare la giustizia e ci atterremo alla Convenzione di Bordeaux”. Rispondendo a un magistrato ha poi garantito che nella composizione del nuovo Csm, “la prevalenza dei magistrati togati sarà assoluta”. Apre anche sulle riforme, perché non è vero che “le cose siano state scritte e che siano irrevocabilmente decise. Auspico che non si parli più di conflitto tra politica e magistratura, ma di dialogo franco e acceso, di idee opposte, anche di proposte da parte vostra”.
L’Anm non ci sta: “Nordio ancora una volta ci ha rassicurato sull’intenzione di mantenere ferma l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Ma ci ha confermato ancora una volta – taglia corto la vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati Alessandra Maddalena – l’intenzione di andare avanti con la riforma sulla separazione delle carriere, che ancora una volta, lo ripetiamo, è incompatibile con il mantenimento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. Quindi noi continuiamo a ribadire la nostra contrarietà a una riforma che stravolga l’impianto costituzionale a danno dei cittadini”.
Sulla necessità di tenere attivo un canale di confronto, ha insistito il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli: “Occorre che dialoghino le istituzioni, che dialoghino magistratura e politica. E il tema della imparzialità e della interpretazione può essere una cartina di tornasole per misurare la capacità di dialogo tra politica e magistratura”.
Spazio anche ai partiti. “Quanto anticipato sulle riforme, a cominciare dalla separazione delle carriere, vede la nostra ferma contrarietà”, afferma la leader del Pd, Elly Schlein, parlando di “crescente insofferenza da parte del governo verso l’equilibrio dei poteri, l’attuale assetto istituzionale e verso la stessa magistratura su cui riversa un atteggiamento muscolare e aggressivo. Occorre sentire la voce della magistratura, invece che alimentare un pericoloso scontro istituzionale che non fa bene al Paese”.
Matteo Renzi non crede che la riforma andrà in porto: “Sono imbarazzato dal metodo con cui opera il governo. Annunci invece di riforme e scambia Twitter per Gazzetta ufficiale e dopo due anni – rileva il leader di Italia viva – non ha portato a casa neppure una riforma. Di questo provvedimento non esiste neppure il testo”. Eppure, per l’ex premier, “c’è bisogno di una riforma costituzionale, ma questo governo delle chiacchiere non è in grado di farla”. (AGI)