Ancona 1892 – Bolzano 1936
Di Vanessa Sabatini
Non è vero che esista una grande arte e le arti minori: questo giudizio comune è piuttosto un pregiudizio; mentre solo esistono grandi artisti e artisti minori. Può essere contenuto più fremito di passione in una piccola opera che non nella volta di un tempio, se la piccola opera raccoglie le vibrazioni di uno spirito eccezionale.1
Per Giulia Bonarelli ogni forma di espressione artistica aveva la stessa valenza e poteva egualmente concorrere al benessere e al perfezionamento dell’individuo, ma fu principalmente attraverso l’arte della medicina che riuscì a dare un’impronta significativa alla sua vita e a quella altrui.
Nacque ad Ancona il 6 maggio 1892 nell’antica e nobile famiglia dei Bonarelli. Il padre Guglielmo (1862-1933) fu un avvocato civilista, esponente del Partito Liberale Monarchico e ricoprì la carica di Sindaco della città di Ancona per ben due periodi tra il 1910 e il 1911; la madre Giuseppa Boldrini (1864-1957) era la figlia del noto patriota fanese Aureliano Boldrini. Il fratello maggiore Vittorio Emanuele I (1889-1956) perseguì la carriera diplomatica mentre la sorella minore Virginia (1899-1985), dopo la laurea in chimica, lavorò presso l’ufficio di igiene e profilassi di Ancona e si impegnò in attività benefiche e di assistenza come dama di San Vincenzo.
Frequentò il Ginnasio e il Liceo classico “Carlo Rinaldini” di Ancona, dimostrando un’ottima preparazione sia nelle discipline scientifiche che in quelle umanistiche, e ottenne la licenza liceale d’onore il 30 luglio del 1910. Nell’autunno del 1910 si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Regia Università di Bologna dove si laureò il 4 aprile 1916, riportando una votazione di 110/110, con una tesi dal titolo Influenza dell’alimentazione a riso brillato sul sistema nervoso (esperienza sui piccioni). Il 6 aprile 1916 si laurearono le compagne di corso Cesira Zagolin di Udine con una tesi dedicata alle Ricerche cliniche sulle lesioni dei nervi periferici nei feriti di guerra e Maria Venezian di Macerata, la quale discusse un lavoro dal titolo Ricerche cliniche sull’elioterapia e termoterapia delle ferite di guerra. Il 7 agosto 1916 la giovane Giulia si iscrisse all’albo dell’Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Ancona come libera esercente e fu la prima.
Il matrimonio con lo psichiatra Gustavo Modena (1876-1958), che avvenne il 9 dicembre 1911, consentì il suo ingresso all’interno del Manicomio di Piano San Lazzaro di Ancona e la possibilità di entrare in contatto con il fervente clima scientifico che la struttura vantava, dove coltivò e approfondì i suoi studi nel campo della neurologia. Con il marito compì due viaggi importanti: poco dopo il matrimonio frequentò il laboratorio di anatomia del sistema nervoso del neurologo Ludwig Edinger a Francoforte, in Germania, e nel 1916 – subito dopo la sua laurea – si recò in Francia, poiché il dottor Modena era stato incaricato dalla Sanità militare di visitare i principali centri neurologici del territorio alleato in modo da poter rilevare le direttive più opportune per la creazione di centri neurologici italiani nei diversi corpi d’armata, tra cui quello di Ancona; a Parigi la dottoressa Bonarelli frequentò la clinica della Salpêtrière e le lezioni del neurologo Pierre Marie, specializzandosi in elettroterapia ed elettrodiagnosi. Al ritorno dal soggiorno in Francia prestò servizio presso l’Ospedale di riserva “Piazza d’Armi” di Ancona – presente all’interno del Manicomio – come arruolata nella Sanità militare con il grado di assimilata a sottotenente medico e redasse il suo primo contributo scientifico Neurologia di guerra in Francia 1. Nervi periferici2, all’interno del quale riassunse le posizioni dei neurologi della scuola francese sulla necessità di intervenire chirurgicamente o meno in caso di lesione dei nervi periferici. La sua conclusione al riguardo fu che non era possibile affidarsi a categorie generali nel trattamento dei feriti, ma per stabilire una diagnosi giusta era importante “lo studio, profondo, coscienzioso, protratto del singolo caso”.3
Questo approccio di ascolto, di attenta osservazione, ripetuta nel tempo, nei confronti del paziente fu sempre adottato dalla medica Giulia nel suo lavoro e le sue considerazioni sui malati del sistema nervoso periferico contribuirono all’organizzazione del Centro Neurologico di Ancona, in cui venne convertito l’Ospedale di riserva dal 1917. Nella struttura, all’interno della quale operava a titolo volontario, ottenne importanti risultati con i pazienti fisiopatici – che presentavano problemi funzionali agli arti – utilizzando un “metodo di dolcezza”, contrario ai dettami della neurologia francese che prevedevano l’uso di manovre energiche e violente, di cui rese conto in una comunicazione dal titolo Terapie delle forme fisiopatiche in occasione del primo Convegno Nazionale per l’Assistenza agli Invalidi della Guerra (Milano, 16-20 dicembre 1918):
[…] inizio delle manovre con le massime cautele e brevità di sedute, ma eseguite sempre individualmente e personalmente due volte al giorno, intensificazione graduale dei movimenti passivi fino a vincere completamente le resistenze fisiche e morali dei pazienti, i quali assai più di buon grado si sottoponevano alla cura e con più persuasione accettavano di soffrire mano a mano che vedevano con i loro occhi il progressivo miglioramento dei loro arti.4
Con la fine della prima guerra mondiale e la chiusura del Centro Neurologico continuò a svolgere la sua professione all’interno del gabinetto elettroterapico dell’ambulatorio neuropsichiatrico del Manicomio, gratuito e aperto a tutti e a tutte, occupandosi in particolare dei minori. Sulla base dei casi incontrati in ambulatorio sviluppò interessanti e inedite osservazioni su riflessi di automatismo midollare degli arti superiori, sull’origine del morbo di Parkinson, sulla poliomielite e la paralisi facciale. Nel 1934 ottenne da parte del Ministero della Educazione Nazionale il titolo di “specialista in neurologia”.
Costante fu il suo impegno a favore della promozione delle arti e del loro valore educativo e riabilitativo; seguiva e dava consigli ai pazienti “tranquilli” del Manicomio nella realizzazione dei loro lavori che venivano, grazie al suo apporto e a quello di Gustavo Modena, esposti in alcune mostre locali; prese parte all’organizzazione di eventi artistici tra cui la Prima esposizione marchigiana d’arte moderna che si svolse ad Ancona nel 1921, la Mostra nazionale della ceramica di Pesaro nel 1924 e la Mostra del giardino italiano del 1931 a Firenze. Collaborò con importanti personaggi del mondo della cultura come lo storico dell’arte e primo Sovrintendente per l’arte medievale e moderna delle Marche e Zara Luigi Serra (1881-1940). Pubblicò nella rivista da lui fondata «Rassegna marchigiana per le arti figurative, le bellezze naturali, la musica» articoli negli anni dal 1922 al 1931 relativi alle opere di amici e amiche artisti e artiste: le xilografie di Adolfo De Carolis (1874-1928), di Bruno da Osimo (1888-1962) e della nobile Eleonora Gallo (1895-1966), autrice del volume Arte rustica italiana (1929) dedicato all’arte popolare di ogni regione d’Italia; le sculture di Vittorio Morelli; il progetto della tomba dei dieci militi ignoti ad Aquileia dell’architetto Guido Cirilli; i lavori pittorici di Augusto Mussini, noto come fra’ Paolo. Scrisse, sempre nella rivista di Serra, su dimore storiche come la Contea di Montegallo di Offagna, il Palazzo Ferretti di Ancona e sui giardini all’italiana nelle Marche – contributo che ancora oggi rappresenta il primo e uno dei principali riferimenti sul tema. La sua attività culturale le valse la nomina di socia corrispondente della Deputazione di storia patria per le Marche. Morì nell’Ospedale di Bolzano il 19 agosto del 1936.
pubblicato in «Rivista Sperimentale di Freniatria», vol. XLII, fasc. II, 1917. ^
Ead., Neurologia di guerra in Francia 1. Nervi periferici, Società Anon. Coop. Fra Lav. Tipografi, Reggio-Emilia 1917, p. 21. ^
Ead., Terapia delle forme fisiopatiche, in Federazione nazionale dei comitati d’assistenza ai militari ciechi, storpi e mutilati (a cura di), Atti del Primo Convegno Nazionale per l’Assistenza agli Invalidi della Guerra, Stabilimento Tipografico Adolfo Koschitz &C., Milano 1919, p. 195. ^
Fonte: enciclopedia delle donne