Quello che raggiunge le orecchie del popolo di Dio, insomma, e’ un monito a riflettere sulla propria vita, a cercare il miglioramento.
La pratica del Giubileo è sempre stata per Israele legata all’avvento del Messia che secondo i Profeti viene ad inaugurare l’anno di grazia del Signore. “Perché’ il Giubileo sia applicato si presuppone che tutto il popolo ebraico risieda nella terra di Israele”, ha spiegato una volta a Vatican News il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo Shemuel Di Segni. “Questa situazione si interruppe ai tempi del primo esilio fatto dagli Assiri, per cui gia’ sette secoli prima dell’era cristiana il Giubileo fu interrotto”.
La parola giubileo, nella spiegazione del rabbino, “deriva, attraverso varie trasformazioni in latino, dall’ebraico ybl. Troviamo questa parola, per esempio, quando c’e’ la promulgazione del Decalogo”.
“Quando suonerà il corno, allora soltanto essi potranno salire sul monte” si legge nell’Esodo. “Jobel e’ strettamente collegato al suono che, nell’antichità remota, era il segnale ufficiale che diceva: in questo momento comincia l’anno giubilare”.
In origine era un suono profondo e costante: quello del corno di montone o ariete, lo shofar, che nella tradizione biblica segna l’inizio di alcune feste sacre. Lo strumento è menzionato spesso nella Torah, nel Talmud e nella successiva letteratura rabbinica.
Veniva suonato per ricordare la fede di Abramo sul monte Moriah quando il Patriarca non si sottrasse al sacrificio del figlio Isacco, ma poi Dio gli indicò un ariete impigliato, appunto, per le corna in un cespuglio di rovi. Lo shofer annunciava: era il momento della celebrazione. Il capodanno, lo Yom Kippur oppure lo Jobel, che poi proprio “ariete” vuol dire.
Dice il libro del Levitico: ogni sette settimane di anni, nel cinquantesimo anno la “tromba dell’acclamazione” avrebbe dovuto squillare per proclamare un “sabato” lungo dodici mesi in cui la terra dovesse riposare, i debiti venissero condonati e i beni tornassero alla proprietà originaria.
Suonava per questo lo shofar, in quattro tonalità differenti: la Tekiah, una nota lunga e maestosa, evoca una convocazione solenne; lo Shevarim, costituito da tre note di media lunghezza, simili al suono di un pianto, richiama la fragilità umana e invita a riflettere sulle azioni passate; il T’ruah blast, una serie di note brevi e spezzate, ricordano un allarme urgente a svegliarsi dal sonno spirituale.(AGI)
Due gli aspetti giuridici legati allo Jobel: il primo è la liberazione degli schiavi. Recita sempre la prescrizione contenuta nel Levitico: “Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un inquilino. Ti servirà fino all’anno del giubileo; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri. Poiché’ essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d’Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi”.
Il secondo aspetto riguarda “l’annullamento della proprietà terriera: “In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo”.
Fa riferimento al sistema biblico secondo il quale “quando gli israeliti arrivarono nella Terra promessa, il territorio venne spartito tra le tribù e nell’ambito delle tribù, tra le varie famiglie, per cui ciascuna famiglia aveva un pezzo di terra. Poteva succedere che, a seconda dell’evoluzione dei tempi, dell’economia, qualcuno perdesse tutto, qualcuno accumulasse proprietà. Il Giubileo significava azzerare tutto quanto, cioè ciascuno tornava al suo possedimento originario”.”I messaggi che vengono dal Giubileo sono estremamente importanti. Sono quelli della possibilità che viene data a ciascuno di costruire la propria esistenza dignitosamente con un minimo di terra.
Anticamente – è la spiegazione del rabbino capo di Roma – “la terra, l’agricoltura, era la fonte principale di sostentamento. Quindi ciascuno doveva avere la sua parte di sostentamento. E se nel corso degli anni qualcuno si arricchiva e qualcuno si impoveriva, il Giubileo serviva a risistemare le cose, a ripartire tutti quanti con le stesse possibilità”.
C’è poi un messaggio che in qualche modo rimanda all’attualità e ai temi dell’equità sociale e della tutela del creato di cui l’uomo e la donna sono i custodi. “La terra non ci appartiene. La terra ci viene data in dono. La terra appartiene al Signore che decide lui come darla, quanto darla, ma soprattutto la dà equamente. Se avviene l’iniquità tra gli esseri umani, questa iniquità – continua Riccardo Di Segni – deve essere corretta sistematicamente e periodicamente. È un messaggio sociale di grandissima importanza. E’ difficile tradurlo nella situazione economica attuale, ma il principio che tutti abbiano la possibilità di partire in modo uguale è fondamentale per stabilire giustizia ed equità nei rapporti sociali”.(AGI)