Lodi 1901 – Osnago 1991
Di Alice Vegnaghi
La vita di Giovanna Boccalini Barcellona occupa quasi un secolo ed è strettamente legata alle grandi battaglie per il lavoro e l’emancipazione femminile, ma soprattutto all’idea che l’assistenza debba essere intesa “come solidarietà umana che si offre, che si slancia, che arriva prima ancora che i bisognosi chiedano”.
Giovanna Boccalini nasce a Lodi, una città che, a partire dalla fine dell’800, è investita dallo sviluppo industriale e caratterizzata da un vivace sistema economico dove alla tipica struttura agricola padana, la cascina, si affianca l’industria tessile con un rinomato lanificio, e successivamente, anche un linificio nei quali la manodopera femminile è predominante. La famiglia Boccalini è numerosa, sono sette tra fratelli e sorelle, Giovanna è la terza e la madre, Antonietta Salvarani, impiegata nel locale lanificio, è un’agguerrita operaia che non si esime dal denunciare agevolazioni e inesattezze nei confronti dei salari, ma è anche una donna che non si risparmia per poter dare a tutti, figli e figlie, un’istruzione adeguata alle loro attitudini e possibilità.
Il cortile di via Cavour 25, dove affaccia l’appartamento della famiglia, è per Giovanna Boccalini un luogo di incontri determinanti: lì risiede infatti lo scultore Ettore Archinti, artista ma anche militante socialista, di un socialismo umanitario che aveva fatto di Lodi un centro politico peculiare grazie all’esperienza di Enrico Bignami e del suo giornale La Plebe e prima di Alessandro Fè e del suo foglio «Il Proletario». Giovanna, soprannominata Nina, da bambina e ragazzina diventa, insieme a fratelli e sorelle, modella per l’artista, ma quell’uomo sarà per lei soprattutto un padre spirituale che le insegna il socialismo e la introduce prima nella locale Società Generale Operaia di Mutuo Soccorso, in cui la sedicenne si dedica alla biblioteca per poi diventarne un’attiva consigliera; poi nella locale sezione socialista a cui lei si iscrive all’età di soli 17 anni. Lì condivide le proprie aspirazioni e i propri interessi con Amore Timolati, anche lei consigliera della Società e militante socialista.
Oltre al socialismo, la giovane Boccalini comincia a coltivare l’interesse per l’emancipazione femminile e, spinta da Celestina Fasoli, compagna di Archinti, viene introdotta nei circoli femminili socialisti milanesi dove viene precocemente invitata a parlare ad altre donne.
Consapevole della necessità di contribuire con il proprio lavoro alle entrate della famiglia, ma anche dell’importanza dell’indipendenza economica per le donne, dopo aver acquisito il titolo di contabile, Giovanna Boccalini si impegna negli studi presso la Scuola Normale Femminile di Lodi dove ottiene il titolo necessario al ruolo di maestra elementare che sarà il lavoro di buona parte della sua vita e che svolge inizialmente in alcune scuole lodigiane come l’attuale scuola elementare Barzaghi all’epoca frequentata soprattutto da bambine/i delle classi popolari.
Negli anni in cui Archinti è sindaco di Lodi, Giovanna Boccalini partecipa ad iniziative assistenziali rivolte all’infanzia in particolare a colonie estive in cui assapora il piacere di condividere con le altre educatrici un progetto educativo comune. Il fascismo in rapida ascesa negli anni in cui Nina è una giovane donna le mostra subito il suo volto feroce e violento: insieme ad Archinti rimane infatti coinvolta, uscendone incolume, in uno dei primi eccidi fascisti consumatosi presso il Teatro Gaffurio di Lodi nel novembre del 1919.
Probabilmente nel 1924 incontra Giuseppe Barcellona, procuratore alle imposte siciliano trasferitosi a Lodi, e si sposa con lui nel 1925 dando alla luce il 1° maggio del 1926 il suo primo figlio, a cui dà il nome Giacomo, detto Popi, in memoria del deputato socialista rapito e ucciso dai fascisti, Giacomo Matteotti. Nel 1927 la famiglia Boccalini Barcellona si trasferisce a Milano anche se il legame con Lodi e soprattutto con Archinti rimarrà sempre molto forte; nel 1929 Giovanna Boccalini partorisce la sua seconda figlia, Grazia, e ottiene il ruolo presso la scuola elementare maschile di Viale Romagna.
La militanza politica è ormai impossibile con la fascistizzazione del Paese, ma Giovanna Boccalini insieme alle sue tre sorelle più giovani, Luisa, Marta e Rosetta, diventa protagonista di una pionieristica impresa sportiva: la fondazione della prima squadra calcistica femminile italiana, il Gfc (Gruppo femminile calcistico), di cui lei è commissaria. Le difficoltà nell’ottenere le autorizzazioni a giocare dalle autorità fasciste si sommano a quelle personali legate al confino del marito per una vicenda verso la quale lui si dichiarerà sempre estraneo. La durata del Gfc è breve così come il confino di Giuseppe Barcellona, ma sono entrambe vicende che segnano nel profondo Giovanna Boccalini che dimostra tutta la sua tenacia e determinazione sia nel sostegno al marito che in quello al Gfc al punto da assumere la carica di segretaria, mettendosi alle guida della squadra quando ormai le autorità fasciste ne avevano decretato la chiusura.
Lo spartiacque fondamentale nella sua vita è però rappresentato da un tremendo lutto: la morte di Popi, l’amatissimo figlio primogenito per un’appendicite curata male nel giugno del 1943. La caduta del fascismo e la necessità di reagire all’incolmabile perdita fanno riemergere in lei la passione e l’impegno politico: insieme al fratello Mario si reca da Archinti e gli comunica di volersi iscrivere al PCI. Inizia così una lunga militanza nel partito che durerà fino alla morte, ma non solo perché come era stata una pioniera del calcio femminile, lo è anche nella fondazione dei Gruppi di Difesa della Donna, organizzazione interpartitica femminile che ha tra i suoi scopi sia il sostegno alla lotta di Liberazione, ma anche l’emancipazione e l’educazione democratica femminile che persegue anche attraverso il giornale dei Gruppi, «Noi Donne», di cui Giovanna Boccalini Barcellona è direttrice.
La continuità tra l’esperienza con il Gfc e con i Gdd sta proprio nella capacità di coinvolgere, organizzare e dirigere gruppi eterogenei di donne facendole sentire parte di un progetto comune. Non solo, a livello familiare, Giovanna Boccalini Barcellona si occupa personalmente dell’educazione sportiva della figlia Grazia, avviandola alla pratica del pattinaggio sul ghiaccio, su consiglio dello stesso Archinti, e la segue durante una carriera ricca di soddisfazioni e premi nazionali ed internazionali.
Militando nei Gdd, Giovanna Boccalini Barcellona incontra compagne che diventeranno le amiche di una vita: Lina Fibbi, Rina Piccolato, ad esempio, ma anche la Madre Costituente Maria Maddalena Rossi con cui condividerà le battaglie all’interno dell’UDI di cui Rossi sarà presidente. Alla fine della guerra, la partecipazione al CLN lombardo in rappresentanza dei GDD prima e dell’UDI poi, permettono a Giovanna Boccalini Barcellona di confrontarsi con l’esercizio diretto della democrazia: si occuperà di scuola come commissaria politica e di assistenza. Non è tutto perché nelle prime elezioni amministrative libere sarà tra le/gli elette/i al Comune di Milano con un cospicuo numero di voti frutto anche della sua spiccata abilità oratoria di cui usufruirà lo stesso PCI prediligendo la sua presenza durante i propri comizi in varie parti d’Italia. Contestualmente all’esperienza politica presso la Giunta Greppi, Giovanna Boccalini Barcellona ottiene il trasferimento presso la scuola sperimentale Trotter con lo stesso direttore scolastico, Luigi Cremaschi, che aveva avuto nella scuola di Viale Romagna.
Dopo aver rivestito il ruolo di assessora all’infanzia ed essersi occupata di straordinarie iniziative come quella dei Treni della Felicità, verrà rieletta consigliera alle amministrative del 1951, ma il suo impegno vira verso altri settori. Nel 1949 è infatti tra i/le fondatori/trici del patronato CGIL INCA, di cui sarà vicepresidente e poi dell’INPS in cui ricoprirà la medesima carica impegnandosi sempre per le donne e con le donne, lavorando intensamente per dodici anni a Roma, città di cui nei suoi scritti dice di conservare un ricordo intenso e profondo. Da non trascurare poi l’impegno all’interno del PCI dove viene nominata membro del Comitato Centrale nei difficili anni 1953-56.
Il riconoscimento per il contributo dato alla ricostruzione democratica di Milano e dell’Italia le viene conferito nel ventennale della Liberazione dove vengono insignite/i le/i commissari/e del CLN lombardo, la cerimonia si svolge a pochi mesi di distanza da un altro importante riconoscimento offertole dall’UDI attraverso la consegna della Mimosa D’Oro, premio riservato a quelle donne che avevano fatto parte del Comitato costitutivo dell’Unione. Sempre impegnata nella sezione comunista ancora negli anni Ottanta, Giovanna Boccalini Barcellona si spegne ad Osnago nel 1991 lasciandoci un’importante testimonianza di impegno civile e politico, ma soprattutto gettando un ponte tra l’esperienza emancipazionista pre-fascista e il femminismo.