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Il Giappone commemora il dodicesimo anniversario dalla triplice catastrofe di Fukushima, verificatasi al largo della costa sul versante nord-orientale del paese.
La serie concatenata di eventi – il terremoto di magnitudo 9, lo tsunami che ne seguì, e la successiva dispersione delle radiazioni dalla centrale nucleare – hanno provocato la morte di quasi 16’000 persone, e costretto 31’000 ex residenti a non poter più fare ritorno alle loro abitazioni.
Come nel 2022 il governo centrale non organizza un memoriale su scala nazionale, ma lascerà alle singole municipalità la pianificazione di eventi per la ricorrenza annuale.
In base ai dati ufficiali della Agenzia di Polizia, ad oggi 2’523 persone risultano ancora disperse, prevalentemente nelle prefetture di Fukushima, Iwate e Miyagi, mentre i decessi legati a disturbi mentali e allo stress sviluppati come conseguenza del disastro, secondo l’Agenzia per la Ricostruzione, ammontano a 3’792.
Lo smantellamento dei tre reattori nucleari da parte del gestore dell’impianto, la Tokyo Electric Power (Tepco) – che comprende la rimozione dei detriti prodotti dal combustibile esausto – va avanti con considerevoli ritardi, e secondo le ultime previsioni l’intera operazione sarà terminata tra il 2041 e il 2051. Proseguono inoltre le polemiche sul piano di sversamento in mare dell’acqua contaminata necessaria a raffreddare i reattori.
Oltre un milione e 300’000 tonnellate di liquido sono state ammassate intorno al sito, attualmente il 96% delle cisterne risulta occupato, e in base alle più recenti previsioni la piena capacità sarà raggiunta tra l’estate e l’autunno di quest’anno.
Nell’aprile 2021 il governo di Tokyo ha annunciato il piano con la Tepco, per rilasciare l’acqua trattata in mare aperto dopo averla diluita per ridurre la concentrazione di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, al di sotto della percentuale consentita dalle normative internazionali.
Altri sviluppi
Nonostante le rassicurazioni il progetto tuttavia non convince le associazioni ambientaliste e ha già provocato la reazione dei paesi vicini, tra cui Cina a Corea del Sud, oltre alla comunità locale, preoccupata in primo luogo per le ricadute sull’industria ittica.
Poco più di 300 chilometri quadrati di superfici terrene attorno alla centrale nucleare sono ancora classificate dal governo come “zone nelle quali sarà difficile fare ritorno”.
Secondo un’indagine della agenzia Kyodo, nelle tre cittadine di Katsurao, Okuma e Futaba – accessibili agli ex-residenti dalla scorsa estate – appena l’1% delle famiglie ha deciso di tornare alle precedenti dimore.