Fonte @Enciclopedia delle donne
Silvia Pilo
Chiamata “regina nomade” da un giornale italiano, “l’ultimo dei viaggiatori romantici” da «The Times» di Londra, “viaggiatore di consumata abilità” da «The New York Times», Freya Stark si considera semplicemente una pellegrina e un’ospite in questo mondo. La voglia di viaggiare le arriva presto, soprattutto per sfuggire a una vita che le è intollerabile. Figlia di genitori bohémien, nasce a Parigi, viene portata ad Asolo nel Trevigiano e, quando la madre abbandona il marito, a Dronero in provincia di Cuneo. Qui, nella fabbrica dell’amante della madre, ha un incidente che la lascia sfigurata e da quel momento porterà una strana acconciatura di capelli.
A 18 anni il padre le paga gli studi a Londra, ma prima di allora non riceve un’istruzione vera e propria: legge i classici inglesi, italiani e latini, parla tedesco con la nonna, inglese con i genitori e italiano con la sorella; trasferitasi a Ventimiglia con la madre, prende lezioni di arabo da un monaco cappuccino.
Dopo la Prima Guerra Mondiale in Europa si parla di spartizione dei resti dell’Impero Ottomano e c’è un interesse economico relativo al petrolio, trovato in abbondanza in quelle zone. Si aprono infinite possibilità di lavoro. Nel 1927, a 34 anni, si imbarca per il Medio Oriente. In Libano i missionari dubitano che sia andata là per il puro piacere di studiare l’arabo, e come molti dopo di loro la credono una spia. Cerca la compagnia dei locali per praticare la lingua: nessuno sa cosa pensare di una donna sola, senza soldi o amicizie altolocate, che chiede il perché di tutto. Vuole andare più lontano, però, e si guadagna da vivere inviando in Europa reportage dai paesi che sono al centro dell’interesse politico ed economico dell’epoca.
Visita luoghi inesplorati e pericolosi in Iran, Turchia, Afghanistan, Persia, Mesopotamia, Transgiordania, Palestina, Egitto, Siria, Penisola Arabica. È spesso il primo viaggiatore occidentale in quelle zone; veste con abiti del luogo, ne impara la lingua e attraversa i deserti a dorso di cammello. Scrive che quando i mezzi di trasporto saranno così perfetti che i viaggi non verranno più regolati dalle leggi fisiche, “il nostro vagare avrà perduto quella deliziosa sensazione di essere tutt’uno con animali, piante e pietre, tutt’uno nella morsa della medesima coercizione”1.
In Gran Bretagna molti leggono i suoi articoli corredati dalle sue fotografie, e le Forze Armate usano le carte geografiche che lei disegna.
Ha talento e coraggio infiniti, qualità che in una donna non sono considerate quanto in un uomo, e si sente a suo agio con l’establishment intellettuale britannico come tra i Beduini dell’Arabia; in questo è molto diversa dagli abitanti delle colonie. Al contrario dei viaggiatori maschi, ha accesso agli harem venendo a conoscenza di informazioni e di segreti e riuscendo a esercitare la sua influenza attraverso le donne. Gode di un’immensa libertà, ma si domanda se viaggi per allontanarsi dalle relazioni troppo coinvolgenti.
A 54 anni si sposa con Stewart Perowne, che di anni ne ha 46, condivide i suoi interessi nel mondo arabo ed è gay. È più che altro innamorata dell’amore. “L’amore arriva nelle nostre vite e ne condivide tribolazioni e inciampi, e si veste, se saggio, della memoria di altri tempi, quando tutto era divino. L’intera impresa umana consiste nel mantenere intatti almeno gli ornamenti esteriori di questa prima visitazione: come il cavallo senza fantino, o l’armatura vuota, vengono trasportati attraverso la lenta processione funeraria della vita che viene dopo la partenza dell’Amore”2.
Allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale viene impiegata dal Ministero dell’Informazione britannico come esperta del mondo arabo e inviata in missione per persuadere gli Arabi a sostenere gli Alleati. Al Cairo promuove l’idea di istituire una Fratellanza di Libertà sulla falsariga della Fratellanza musulmana (un’organizzazione pan-araba i cui membri sono fedeli all’Islam e si dedicano a sradicare la corruzione e la dominazione straniera), con lo scopo di includere tutti i gruppi religiosi e le classi sociali e promuovere un sistema politico secondo linee secolari e democratiche. Incontra ambasciatori, primi ministri, generali, gente comune e fellain dei villaggi. Esporta il progetto in Iraq, un paese di importanza strategica per Hitler e con forti sentimenti anti-britannici, dove arriva nel bel mezzo di un colpo di stato.
Purtroppo il suo essere anticonvenzionale, eccentrica e dominante le procura nemici. Continua a viaggiare, non solo in Medio Oriente, ma anche in India e negli USA, dove partecipa al dibattito sulla questione palestinese e discute contro la causa sionista. Il suo istinto artistico e umano corre nella direzione opposta alla sua adesione formale all’imperialismo britannico.
Dopo la guerra si stabilisce ad Asolo e da là parte per altri viaggi. Fa visita ad amici, studia lingue e scrive. Pubblica trenta libri, difficili e quindi non sempre di successo, e innumerevoli articoli. Negli ultimi anni della sua vita vengono pubblicate tutte le sue lettere.
Il mondo sta cambiando. I viaggiatori diventano turisti. È circondata da automobili. Lei viaggia a modo suo fino all’età di novant’anni; a ottantotto percorre l’Himalaya a dorso di mulo fino al confine tibetano, sperando di poter morire lassù. Ma “aspettare la morte è come essere a bordo di un vecchio treno a vapore; tutti i tuoi amici sono sulla banchina e ti salutano, e il maledetto treno non parte mai”3.