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Fortis: "La produzione crolla, ma l’industria italiana resta competitiva"

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Il tonfo della produzione industriale italiana nel 2020 è stato determinato più che altro dalla chiusura delle fabbriche in un lockdown durato più a lungo rispetto ad altri Paesi europei, ma in realtà la competitività dell’industria italiana rimane molto vigorosa.

Ne è convinto l’economista Marco Fortis, che in un colloquio con l’AGI spiega: “Le produzioni industriali dei principali Paesi dell’euro sono cadute allo stesso modo, a parte quella tedesca che è calata un po’ di meno. La nostra sembra andata molto male ma solo perché le nostre fabbriche sono state chiuse per un periodo più lungo. La competitività dell’industria italiana rimane molto forte, fermo restando i problemi che la pandemia ha provocato, soprattutto sulle imprese più piccole dell’indotto che hanno certamente sofferto molto quest’anno”.

Il lockdown e la pandemia, è il ragionamento del direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, hanno provocato dei cambiamenti drammatici almeno nel medio termine, negli stili di vita e di consumo delle famiglie, quindi è evidente che non solo la produzione si è fermata per la chiusura degli stabilimenti ma anche perché la domanda è precipitata, sia all’interno che a livello delle esportazioni.

La partita da giocare ora per la ripresa è quella dei vaccini: “Certamente le condizione principale per un ritorno a delle condizioni di normalità dell’economia dipenderà dall’efficacia delle campagne vaccinali. Se resteremo sotto la spada di Damocle di un rischio lockdown sarà difficile ripristinare le normali condizioni di mercato“. Quindi, prosegue, “dobbiamo sperare che i vaccini siano efficaci e che vengano diffusi rapidamente tra la popolazione, in modo da ridurre i rischi di contagio ed evitare altri blocchi delle attività”.

Ma per Fortis la forza dell’industria italiana è a monte: “L’Italia è entrata nel pre-Covid meglio di qualunque altro Paese dal punto di vista industriale e manifatturiero – spiega il professore – grazie anche alla riforma del mercato del lavoro a all’Industria 4.0. Noi abbiamo avuto nel periodo 2015-2018 il più forte incremento dell’attività manifatturiera tra i Paesi del G7, quindi anche rispetto alla Spagna. Cosa che non era mai avvenuta nei trent’anni precedenti”.

Insiste il docente di Economia industriale: “Oggi grazie proprio alle riforme a all’industria 4.0 in Europa siamo tra i Paesi con la maggior percentuale di imprese che , ad esempio, il cloud computing“. E ancora: “Il nostro settore farmaceutico – ricorda Fortis – nel 2019 ha registrato la più ampia crescita delle esportazioni tra i maggiori Paesi produttori al mondo, addirittura +5 miliardi di dollari, ovvero il 24% di export in più in un anno. Siamo arrivati prima del Covid con un’industria che non era mai stata così lanciata negli ultimi 20-25 anni”.

Il nostro tessuto di medie e grandi imprese ha dunque sofferto fino a un certo punto perché ha le spalle forti, al contrario invece delle imprese più piccole, che presenteranno il conto quando il blocco dei licenziamenti e la Cig Covid verrà meno: “Il Governo dovrà essere pronto a gestire questi casi aziendali oramai critici – osserva l’esperto – ma ciò non significa che la gran parte del tessuto competitivo italiano sia rimasto molto valido”.

Secondo Fortis, l’Italia ha problematiche inferiori, ad esempio, rispetto a quelle di concorrenti come la Germania, “dove la crisi dell’auto è un problema gigantesco e non è destinata a risolversi tanto facilmente, anche perché c’è una transizione verso i veicoli ecologici di cui ancora il bandolo della matassa non è stato ben afferrato da nessuno”.

Noi rispetto alla Germania, continua l’economista, “abbiamo un tessuto di medie e medio-grandi imprese che ha fatto faville prima del Covid e che è pronto a reagire nel momento in cui le condizioni di mercato ritorneranno normali”. Certo, il problema delle micro-imprese in profonda crisi rimane, ma per Fortis, “è più un problema socio-economico e di coesione sociale che di competitività di fondo”.

Fonte: economia agi


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