Il ministro della Transizione ecologica ha promesso il decreto Fer 2 entro l’estate e il Pitesai entro settembre. I produttori eolici lamentano la lentezza delle autorizzazioni e chiedono sostegni al comparto
di redazione
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in audizione in Commissione ambiente alla Camera, ha promesso l’emanazione entro l’estate del decreto Fer2 per le fonti elettriche rinnovabili, dedicato in particolare agli incentivi per ammodernare e costruire nuovi impianti a biogas, solare termodinamico e geotermoelettrici.
Cingolani ha parlato anche del Pitesai, il piano per l’individuazione delle aree più adatte alla ricerca ed all’estrazione di idrocarburi, e del Pniec, il piano nazionale sull’energia e il clima: “Confermo – ha detto il ministro – che il Pitesai, come promesso, sarà finito per il 30 settembre”. Quanto al Pniec “lo stiamo aggiornando, ed è urgentissimo, deve recepire i nuovi dati e ci stiamo lavorando”.
Ma la notizia del giorno è che anche la quinta asta a ribasso per la concessioni di incentivi da parte del GSE (Gestore dei servizi energetici) si è rivelata un autentico flop.
Gli incentivi GSE riguardano gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di piccola, media e grande taglia. Gli incentivi (previsti dal decreto ministeriale 4/7/2019) sono destinati agli impianti fotovoltaici di nuova costruzione, eolici on shore, idroelettrici e a gas di depurazione.
La quinta asta ha aggiudicato soltanto il 12% degli incentivi offerti dal bando per 2.461 megawatt di potenza. Il che significa che ci sono state richieste per appena 297,7 megawatt di richieste.
Gli industriali eolici aderenti all’Anev (Associazione nazionale energia del vento), 90 aziende, 5000 soggetti di settore tra tecnici, operatori, trader elettrici e sviluppatori, hanno pubblicato un “Manifesto per lo Sviluppo dell’Eolico”, nel quale lamentano l’eccessiva lentezza delle autorizzazioni e chiedono sostegni al comparto, la revisione delle Linee guida nazionali per gli impianti eolici, l’istituzione di una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio, meccanismi efficaci per lo sviluppo del Ppa (Power purchase agreement).
Il settore eolico, afferma il manifesto dell’Anev, deve diventare una “potente risposta economica, industriale e culturale alla crisi pandemica e al necessario processo di decarbonizzazione dell’economia”. L’eolico, prosegue il Manifesto, è il “buon vento della ripresa, inteso come protagonista della riconversione dell’economia in chiave verde attraverso lo sviluppo delle fonti rinnovabili che rappresenta non solo una delle priorità dell’Ue ma anche uno strumento in grado di favorire innovazione tecnologica, occupazione e sviluppo”.
A parole, dicono gli industriali del settore, tutti vogliono le fonti rinnovabili, ma quando si tratta di autorizzare gli impianti eolici, fotovoltaici, idroelettrici, a biomasse, di biometano ci si trova davanti alle proteste all’esitazione dei sindaci pressati dai comitati civici e dalla stampa locale.
Sul tema è intervenuto il senatore Paolo Arrigoni, della lega: “A meno di un intervento radicale ed efficace del nuovo decreto Semplificazioni dovremo rassegnarci a dire addio agli obiettivi sulle rinnovabili della transizione energetica. Ricordo infatti che per adeguarsi ai nuovi target di decarbonizzazione europei entro il 2030 l’Italia dovrà installare circa 70 nuovi GW di capacità. Gli operatori che vogliono investire chiedono certezze”.
In pratica fino ad oggi a funzionare sono stati soltanto gli accordi diretti, Ppa, fra produttori di rinnovabili e consumatori di corrente.
I grandi produttori Axpo Italia e Canadian Solar hanno stipulato un contratto Ppa acquistare energia prodotta in Sicilia, nei territori di Enna e ragusa, da due impianti in via di sviluppo che esprimono una capacità complessiva pari a 12 megawatt fotovoltaici.
Il gigante belga della chimica Solvay, a sua volta, ha sottoscritto un accordo decennale con Falck Renewables. La società milanese leader del settore, per lo sviluppo di un progetto solare in Puglia. Il 70% dell’elettricità prodotta dall’impianto solare pugliese alimenterà gli stabilimenti della Solvay in Italia, con una riduzione annua di emissioni di CO2 di circa 15mila tonnellate.