AGI – L’anno scorso il debutto a Sanremo, sezione Nuove Proposte, non vince ma è uno dei brani dell’intera competizione che sono andati meglio in radio nei mesi successivi, quest’anno il rientro al teatro Ariston dalla porta principale, quella riservata ai big. Fasma, vero nome Tiberio Fazioli, romano classe 1996, è euforico all’idea di calcare nuovamente le assi del palco più infuocato della musica italiana.
La canzone che porta in gara si intitola “Parlami” e si tratta di una canzone d’amore, tema stranamente un po’ più messo da parte in questa edizione del festival, intrisa di quella angoscia provocata dalla distanza, uno dei problemi più dolorosi portati dalla pandemia. Il sound riabbraccia quello di “Per sentirmi vivo”, il brano presentato lo scorso anno tra i giovani e già doppio disco di platino, una sorta di pop rappato particolarmente in voga nella musica italiana di oggi.
Come stai? Sei pronto?
Io non dormo la notte, non vedo l’ora di salire sopra quel palco! Uno se lo deve godere il palco, ancor più degli anni scorsi.
Tu formi una crew nel 2016, nel 2017 fai uscire un pezzo dal titolo “Marylin M.” che funziona molto bene, infatti è anche disco d’oro, poi la svolta dell’anno scorso con Sanremo, a questo punto per te la domanda vale più che per gli altri: perché Sanremo l’anno scorso e perché quest’anno?
Perché è musica, non esiste una strada giusta nella musica, esiste una strada da fare, una strada che è già stata costruita. Noi stiamo andando a Sanremo con coerenza, musicale e soprattutto personale, stiamo andando in un festival dove noi siamo vogliosi di andare per portare musica, per fare ascoltare la nostra musica. La possibilità di andare a Sanremo è una possibilità da sfruttare, soprattutto se hai la fame che abbiamo noi e se hai la voglia di metterti in gioco che abbiamo noi.
Cos’hai pensato quando hai saputo che eri dentro la line-up dei big?
Noi non avevamo alcuna pretesa, soprattutto dopo l’anno scorso, eravamo già pronti alla risposta negativa. Quando m’ha chiamato Amadeus ho guardato GG (il producer) e gli ho detto “GG, non ci posso credere!” e ci siamo abbracciati. Abbiamo raggiunto un altro piccolo obiettivo, abbiamo compiuto un altro passo nel nostro piccolo progetto, “Continuiamo così, ora tocca spaccà sopra quel palco!” ci siamo detti, “Mò che c’ha chiamato cavoli suoi!”
Quest’anno Amadeus ha aperto a tanti nuovi volti che non vediamo così spesso in tv, artisti che, a prescindere dall’età anagrafica, possiamo considerare giovani…in questo senso sei contento?
Porca vacca! (E ride) Quando mi hanno detto che non sarei stato l’unico a cantare con l’autotune mi ha fatto capire la realtà che sto vivendo. Sanremo comunque rappresenta la musica italiana e la musica italiana è rappresentata da tante figure circostanti al mondo televisivo, ed è giusto che facciano parte, per quella parentesi musicale, di Sanremo, specialmente se hanno qualità e vogliono fare bella musica. Io la cosa che ho notato quest’anno è che forse hanno scelto davvero in base alla musica, che è l’obiettivo di Sanremo.
C’è qualche nome in particolare quando hai letto il cast che ti piaceva, che seguivi…?
Ho avuto contatti in passato con Madame, il mio produttore le aveva scritto, c’erano stati dei complimenti reciproci. Altri li conoscevo già per nome, io sono una persona un po’ al di fuori del mondo, non per cattiveria, io le persone le voglio conoscere, ho fatto sempre le collaborazioni musicali non con gli artisti ma con le persone, perché per me la cosa che vince è la personalità. Sono strafelice che si vedono volti giovanili.
Ci spieghi la scelta di Nesli per la serata delle cover?
Io non vengo da un mondo delle cover, provengo da un percorso in cui la canzone dell’altro era da ascoltare, non ho mai voluto ricantare la canzone di qualcun altro. Quando ci hanno detto che avremmo dovuto fare questa cover tratta dal cantautorato italiano, stavo dormendo e mi è venuta l’illuminazione, c’era GG che stava nel letto accanto al mio, lo sveglio e gli faccio “GG…”La fine” di Nesli”, lui mi guarda mezzo preso dal sonno e mi fa “Sei un genio. Mi rimetto a dormire”…e si è rimesso a dormire.
Il giorno dopo ci siamo guardati e ci siamo detti “è la scelta giusta”, la cosa più bella è che io e GG veniamo da due città differenti, e vivevamo in due città differenti anche quando avevamo 14/15 anni ed usciva quel pezzo, ed è stato bello notare che entrambi lo ascoltavamo e lo ricollegavamo ad esperienze personali avute da giovani in due città differenti.
Come vi siete trovati a lavorare assieme?
La cosa più bella di tutte è vedere che Nesli è una persona fantastica, una persona vera, ed oggi c’è bisogno di persone vere. A me non importava fare la marchetta, mi importava portare qualcosa che fosse per me musica, fosse per me qualcosa che sentissi in pancia, poi io che faccio musica molto personale avevo bisogno di trovare un pezzo che fosse tanto personale quanto quelli scritti da me, perciò “La fine” di Nesli è stata la scelta giusta.
Quanto credi possa influire la mancanza di pubblico per la tua performance?
Io vedo la musica come una cosa così tanto pura che non mi faccio influenzare da questi fattori esterni. A me personalmente cambierà l’empatia, perché alla fine la senti l’energia delle persone, allo stesso modo è tanto diversa l’empatia che ti comunica un teatro vuoto, però cercherò di spaccare sempre e comunque. Il pubblico era qualcosa in più, qualcosa di bello, ma non è che ci facciamo fermare dal pubblico. Ognuno di questi artisti che salirà sul palco ha cominciato a far musica per se stesso, il pubblico poi si è messo là davanti per ascoltarlo, noi comunque là sopra dobbiamo fare musica per noi stessi.
Il tuo rap è molto influenzato dal pop, o forse il contrario…
Io faccio me stesso, io penso che l’originalità sta nell’essere se stessi. Non mi sento neanche un rapper, per me i rapper sono altri, mettiamola ben chiara questa cosa. Io mi sento una persona che fa musica e in questo momento si riconosce molto con una chitarra elettrica e una bella batteria sotto, però domani magari faccio jazz. Ho iniziato a far musica perché ero ignorante, ho imparato a far musica perché dovevo comunicare e, fidati, quando scrivevo un pezzo non ragionavo se era rap o non era rap, ed io me la voglio continuare a godere in questa maniera.
La musica non ha genere, la musica è musica, la mia musica non ha schemi preimpostati da qualcun altro perché sono cresciuto con quel genere, io sono cresciuto con la musica in generale, io quotidianamente ascolto musica classica ma non faccio musica classica, per adesso (e ride). Io vedo nella musica il bisogno di dire, noi abbiamo fatto il nostro senza guardare quel che facevano gli altri e continuiamo con questa filosofia di vita.
Il tuo entusiasmo così coinvolgente mi spinge a farti la domanda apparentemente più banale: cosa significa per te la musica?
Ti è mai successo nella tua vita di non pensare, di chiudere gli occhi e non aver bisogno di nient’altro se non di goderti quel momento? Succede, magari te ne rendi conto dopo che è successo….Per me è una droga, è il mio modo non di evadere ma di capire, l’unico momento, e non sto scherzando, quando canto, che io mi sento parte di questo mondo, io trovo un motivo per essere nato.
Source: agi