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Fare cinema per lottare contro l'apartheid di genere in Afghanistan

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AGI – “Non sono un’attivista ma una regista che lotta per un Afghanistan libero”: esordisce così in un’intervista all’AGI la regista afghana Shahrbanoo Sadat, dallo scorso settembre rifugiata ad Amburgo con la sua famiglia, il cui film “The Orphanage”è stato presentato a Roma.

La proiezione-dibattito è un evento organizzato da Zonta Roma Capitolium per dare prova di come l’arte possa essere la strada per la libertà e l’emancipazione.

L’obiettivo è proprio quello di accendere “Un faro per le donne di Kabul”, con l’auspicio che possa essere tenuto acceso con altri eventi culturali per non far cadere nel dimenticatoio la crisi afghana, in particolare la situazione delle donne.   

“Noi donne di tutto il mondo ci rifiutiamo di accettare l’apartheid di genere in atto in Afghanistan, dove le donne sono segregate. Va combattuto alla stregua di quello di razze.” dice all’AGI l’avvocato Carmen Tiziana De Angelis, vice presidentessa del Club Zonta Roma Capitolium, che ha curato l’iniziativa.

La sezione romana, presieduta da Graziella Maria Ida Coppa, raggruppa avvocati, ingegneri, medici, manager, tutti molto impegnati nel sociale. “Orphanage” è la seconda parte di una pentalogia – un ciclo ideale di cinque film – ispirata al diario di 800 pagine scritto da un amico di Sadat, che nel film interpreta il direttore di un orfanotrofio. 

“I miei film raccontano la vita quotidiana di persone ordinarie che non hanno voce né tribuna. Sto scavando nella storia e nella cultura dell’Afghanistan” prosegue Sadat, che lo scorso agosto dopo essere rimasta bloccata per più di tre giorni all’aeroporto di Kabul è riuscita con la sua famiglia a lasciare il suo Paese caduto nuovamente nelle mani dei talebani. 

 “L’Afghanistan è la mia identità. Sto cercando una vera immagine dell’Afghanistan. Qualcosa come “Afghan Films” come se avessimo un cinema afghano” sottolinea la regista 31enne originaria di Kabul e ora stabilita ad Amburgo, impegnata in un tour di promozione del suo secondo film.   

 La sua opera prima, “Wolf and Sheep”, presentato nel 2016 al Festival di Cannes, aveva vinto nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, inaugurando un viaggio nell’Afghanistan di ieri, di oggi e di domani.

Sadat, ancora in contatto con amici stretti rimasti in Afghanistan, racconta che “il loro problema principale è sopravvivere. Sono a corto di soldi. Hanno perso il lavoro. La loro vita è stata interrotta malamente. Praticamente stanno morendo di fame. Stanno cercando di trovare un modo per andarsene, ma tutte le porte sono chiuse. Tutto è costoso e non c’è sicurezza in città. Hanno paura persino dei loro vicini”.

Un quadro davvero cupo per milioni di afghani da oltre 100 giorni sotto il dominio dei talebani. In effetti, avverte la regista afghana, “l’Afghanistan di oggi è un’immagine del fallimento dei leader mondiali, degli Usa e della Nato, della comunità internazionale”.

Per Sadat, costretta a lasciare la sua terra, “quello che sta accadendo in Afghanistan non è solo un problema per l’Afghanistan o per la sua gente, ma riguarda il mondo intero”, di conseguenza “è un casino che va risolto”.

Guardando alla crisi afghana in una prospettiva storica e futura, la regista conclude che “il mondo non ha bisogno di un altro 11 settembre per rendersi conto di come i gruppi terroristici possano essere un grande pericolo per l’umanità”.   

“In questo quadro, con lo scorrere delle cronache dello scorso agosto, è stata una scelta obbligata sollevare una parola, una luce o un segno qualsiasi che potesse testimoniare l’indignazione profonda per quanto sta accadendo” precisano gli organizzatori.

La luce accesa con questa serata cinematografica-dibattito è proprio quella di un faro, segnale di speranza, punto di riferimento che a tempo stesso indica un pericolo. L’evento si è aperto con un dibattito con la partecipazione della giornalista inviata di guerra Maria Clara Mussa e della deputata Carla Ruocco, presidente della Commissione Bilaterale Banche.    

Nel video messaggio trasmesso per l’occasione, il Sottosegretario alla Difesa, Stefania Pucciarelli, ricorda la “straordinaria operazione di evacuazione con pochi precedenti nella storia: i nostri militari sono riusciti a portare in Italia circa 4.900 afghani – tra cui oltre 1300 donne e 1400 minori, a rischio a causa del coinvolgimento in collaborazioni fattive con il nostro Paese negli ultimi 20 anni”.

Il Sottosegretario alla Difesa ha dichiarato che “Italia, Europa e organizzazioni internazionali dovranno continuare a vigilare sul pieno rispetto dei diritti di tutti gli afghani”.  

Nel corso della serata è stata inoltre promossa la raccolta fondi per la campagna internazionale “Zonta Says No”, sostenuta da Zonta International. L’iniziativa romana è stata appoggiata da tutte le socie e da numerosi sponsor e professionisti di diversi settori, tra cui l’Associazione italiana per l’educazione demografica (Aied), Cantina Poggio Le Volpi, Tiber Tennis, La Casa del Dolce, Salon 105 Parrucchieri, Associazione Consorti Dipendenti Ministero Affari Esteri, Mf Law-Mannocchi & Fioretti Studio Legale Associato, Big Jellyfish e La Lampadina. 

Source: agi


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