Nella pièce di Nino Bellia il compianto campione di deltaplano diventa testimonial di pace. Ma è Peppinino, campione di sagacia e buon senso a dominare la scena. L’ombra di Martoglio dietro le marionette dei Fratelli Napoli
di Alfio Chiarello
Alla fine, ad averla vinta è proprio Peppininu, simbolo della saggezza popolare. E’ a lui, proprio a lui, che si deve la pace nel mondo. Come è ovvio, non quello reale, ma l’universo, non meno rissoso e furibondo, della chanson de Roland. Tutta un’altra storia, di Nino Bellia, come si legge nel foglio di sala, nasce dall’incontro dell’opera dei Pupi con la musica folk e ripropone, grazie alla maestria dei Fratelli Napoli e al fascino inesauribile delle loro marionette, i temi più consueti del repertorio classico. Il paladino Orlando e il servo Peppininu, nel loro eterno girovagare, giungono al campo di battaglia dove si sta svolgendo il terribile duello fra il musulmano Rodomonte e l’israelita Saul. Peppininu, con la simpatia e il buon senso che lo caratterizzano, tenta di stemperare l’intransigenza dei guerrieri. Ma a nulla giova la diplomazia. Lo scontro riprende, aggravato dal fallimento dei tentativi di riconciliazione. Al sopraggiungere della notte la battaglia viene interrotta e ognuno si ritira nella propria tenda, tranne Peppininu, che resta all’aperto e viene avvicinato dal Diavolo per un patto che considera inaccettabile. Per questo le Arpie lo richiudono in una gabbia. Né Bradamante né Astolfo possono aiutare il prigioniero ma gli rivelano l’efficacia di un vero maestro di volo, Angelo D’Arrigo, il campione di deltaplano che ha dato concretezza al sogno di Icaro, fino al punto da attraversare una metamorfosi e diventare “alato”.
Un’operazione (quella di rievocare personaggi che fanno purtroppo parte del mondo dei più) che ripropone per grandi linee lo schema di un libro dello stesso autore, nel quale dando fiato alla fantasia più sbrigliata, riscrive l’incidente in cui perse la vita Nino Martoglio, immaginandolo solo svenuto e attribuendo niente di meno che a Pippo Fava il merito di restituirgli la memoria.
Certe fantasie, come si vede, possono essere ricorrenti. E poiché le fantasticherie, come i sogni, non si censurano, semaforo verde per il testo di Bellia, all’interno del quale -non è certo un caso- c’è tanto Martoglio. La figura di Peppininu, che è la nota più squillante dell’intero spettacolo, è molto ben delineata da un linguaggio folkloristico reso alla perfezione dai fratelli Napoli. Peppininu è campione di sagacia e di catanesità. Codardo e lamentoso quanto basta, ma anche saggio e solido nelle sue convinzioni, saprà convincere con la sua bonarietà i bellicosi contendenti a deporre le armi e uscire di scena abbracciati. Un sogno, appunto. In questo spettacolo, tutto ruota attorno al fascino delle marionette, alle quali danno voce con grande professionalità i pupari, mentre le musiche originali prodotte dai Liutari suscitano momenti di grande coinvolgimento, così come l’intervento delle attrici Tiziana Giletto e Sabrina Tellico e -ci pare doveroso rilevarlo- i variopinti teli dai colori pastello, che come nella migliore tradizione, fanno da sfondo all’azione. Convincente il lavoro registico di Elio Gimbo, essenziale a mai sopra le righe, anche di fronte a certe fragilità strutturali del testo. Azzeccata la scelta di inserire, in posizione defilata, e perciò non invadente, un pannello in cui proiettare alcune immagini di D’Arrigo.
Tutta un’altra storia – Metamorfosi di Angelo D’Arrigo, arrivato in scena nell’ambito di Mediterrartè-Classico Contemporaneo, festival internazionale delle realtà artistiche del Mediterraneo, organizzato da Artelè, al Teatro Massimo Città di Siracusa, verrà riproposto prossimamente al Palazzo della Cultura di Catania.