Type to search

Agi

Fabrizio Gatti: "Io, nella black list di Google. Vi spiego per quale motivo"

Share

AGI – “I fatti. Ho presentato il mio libro ‘L’infinito errore’, pubblicato in aprile da ‘La nave di Teseo’ in una lunga intervista pubblicata dal collega Daniele Rielli nel suo podcast, che usa per la diffusione i canali Youtube. Ora, tentando di sponsorizzare il contenuto, Rielli si è accorto che gli era impossibile, per via di una scansione data dall’algoritmo sulla base di un vocabolario. La spiegazione data da Google? Nel mio libro avrei trattato i temi della pandemia con poca sensibilità”. Fabrizio Gatti, giornalista d’inchiesta oggi a L’Espresso non nasconde rammarico e preoccupazione per essere finito nella black list di Google.

“A stupirmi – continua parlando con l’AGI – è il criterio estetico, soggettivo, sulla base del quale viene motivata una simile decisione da parte di una multinazionale privata, che opera nell’Unione Europea e che quindi dovrebbe attenersi alle sue regole. Non si dice che sostengo il falso, dato che ciò che scrivo è documentato, né che i contenuti sono diffamatori: si sostiene poca sensibilità. Ma i fatti non richiedono sensibilità, bensì verifica”. 

I fatti sono quelli relativi al viaggio del virus Sars-Cov-2, che Gatti ricostruisce lungo una direttrice spaziale – partendo dalle grotte dove scienziati e ricercatori hanno convissuto con i pipistrelli che studiavano, esponendosi a un pericoloso contagio – e una temporale – ritornando alla prima epidemia di Sars, quella del 2003, che grazie anche alle intuizioni del medico italiano Carlo Urbani, sacrificatosi per la ricerca, è stata arginata.

“Il caso è emblematico: in Cina il firewall è imposto dal regime, da noi da è una multinazionale privata dall’alto della sua posizione rilevante sul mercato, specie quello pubblicitario, a poter dire che se qualcuno vuole occuparsi del mio libro, dovrà farlo a sue spese senza sponsorizzare”.  Non una censura, ma certo un ostacolo, determinante per la promozione e la diffusione di un libro estremamente documentato, attento e dettagliato, che inizia con l’inquietudine di un thriller quasi fantascientifico, per la capacità predittiva dell’autore e per gli scenari che racconta, e che man mano ripercorre il diffondersi dell’epidemia nel suo darsi e in ciò che l’ha preceduta, con la rapidità della cronaca e l’impostazione scientifica della storia. Soprattutto, senza aver paura di chiamare le cose con un nome preciso. 

“Il pericolo che si prospetta – dice Gatti – è un passaggio ulteriore rispetto all’occhio del Grande Fratello descritto da George Orwell: è più simile al Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Un mondo in cui tutto va bene e nessuno deve permettersi di negarlo. È la situazione che si sta creando con il controllo digitale”. Pandemia e politica si intrecciano. “Riguarda non solo la pandemia, ma il nostro futuro. Quando avremo risolto il problema del coronavirus, ci resterà da risolvere il problema del rapporto con una potentissima dittatura, il regime nazionalcomunista cinese, e con il controllo della nostra vita privata da parte delle piattaforme digitali”.

Non solo il virus, dunque, sebbene sia il virus ciò da cui l’analisi prende l’avvio. Iniziando dalle spelonche abitate dai pipistrelli. “Nel mio lavoro – spiega Gatti – faccio una ricerca retrospettiva su tutto quanto è stato studiato sui coronavirus dalla prima epidemia di Sars del 2003 fino a oggi. Dal 2003, e poi da quando nel 2005 viene scoperto il grado di parentela tra il coronavisrus della Sars e quello dei pipistrelli, in Cina si scatena la corsa a cercare, raccogliere, sperimentare e manipolare i coronavirus”. 

“Il ruolo dei laboratori è accertato nella misura in cui ipotesi scientifiche già all’inizio del 2020 parlavano di un salto di specie diretto dai pipistrelli all’uomo. Già dal 2005 – prosegue Gatti – si sa che per fare tamponi ai pipistrelli ci vogliono particolari misure di contenimento perché in essi ci sono virus pericolosissimi: di questo non è stato tenuto conto tanto che lo stesso direttore del laboratorio di massimo contenimento dell’istituto di virologia di Wuhan a fine ottobre 2019 pubblica un articolo scientifico nel quale denuncia la gravissima gestione dei laboratori. È tutto totalmente oscuro: tant’è che i comitati internazionali che avrebbero dovuto controllare dal punto di vista scientifico l’attività dell’istituto di virologia di Wuhan, erano un’invenzione. Ho scritto ai membri non cinesi, e tutti mi hanno risposto che non sapevano di farne parte. Dal 2013 l’istituto di virologia di Wuhan era fuori dal controllo internazionale, tanto da poter far arrivare dal Canada una quantità di virus di ebola al di fuori di qualsiasi accordo con i laboratori canadesi. Non si può certo dire che il virus sia stato creato in laboratorio, ma esistono prove del fatto che sia stato taciuto”. 

E la politica? “Il regime cinese si basa si basa sul controllo. Qualunque dissidenza viene repressa e sedata. La Cina sembra lontana, ma ha conquistato un ruolo fondamentale nell’economia mondiale con una concorrenza sleale. Il passo successivo riguarda gli interessi politici. La pandemia dimostra che le decisioni prese a Pechino ci riguardano personalmente. Nel libro dimostro con documenti che il 7 gennaio 2020 il Ministero della Sanità cinese conosceva la sequenza genetica del nuovo coronavirus e l’altissimo grado di parentela di questo coronavirus con due coronavirus isolati dai militari. Se il 7 gennaio 2020 Xi Jinping, il capo di quell’impero, avesse detto al mondo ‘abbiamo a Wuhan delle polmoniti atipiche che ci ricordano la prima Sars, chiedo al mondo un aiuto per proteggere la popolazione cinese e mondiale dal diffondersi del contagio’ come sarebbe andata?. Non lo sapremo mai, perché la dittatura si basa sul principio della perfezione: è stata nascosta per mesi e la gravità dell’epidemia, fino al 23 gennaio quando il governo si è visto costretto a chiudere, isolare Wuhan e la provincia di Hubei, senza dirci di altri tre importanti focolai che erano divampati in Cina. Uno di questi in una provincia che ha stretti legami commerciali con la Lombardia”. Ecco la porta d’ingresso del virus in Italia. 

“Ho seguito – ricostruisce Gatti – tutti gli eventi, quando mi sono reso conto che l’epidemia ricordava la forma più grave di quella di Sars del 2003, in un modo ancora più violento, perché avevamo le immagini di persone che morivano camminando per strada. Sono immagini conosciute da funzionari del nostro Ministero dell’Interno. Quanto è avvenuto dimostra quanto siamo sottoposti all’influenza del regime cinese: anziché seguire i protocolli già studiati da Carlo Urbani per usa prima epidemia di Sars, chiudendo le comunicazioni con la Cina, il governo italiano ha siglato un accordo per il raddoppio dei voli. Nessun altro governo ha raddoppiato i voli nel momento in cui il virus iniziava a uscire. E questa scelta sciagurata è stata sostenuta con vanto dall’allora ministro dei trasporti Paola De Micheli. Come oggi si sa, già da dicembre 2019 alcuni medici in Cina parlavano di sindrome respiratoria acuta grave, e sono stati puniti per averlo fatto. Nonostante questo l’autorità sanitaria italiana non è stata in grado ci contenere le scelte del governo. Arrivando a contraddirsi: il 3 febbraio l’istituto superiore di sanità sul suo sito spiegava che il nuovo coronavirus dimostrava una maggiore trasmissibilità di quello della prima epidemia di Sars. Poi, il cambio di registro: il 4 febbraio di fronte a una richiesta di quarantena fatta dai governatori del nord, il premier Conte rispose che era tutto sotto controllo, e che non potevamo danneggiare i nostri imprenditori che lavorano in Cina. L’epidemia diventa pandemia proprio passando dall’Italia: è gravissimo”. 

Poi, la narrazione: la scelta del nome, spiega ancora Gatti, ha ulteriormente rallentato i provvedimenti. “Il 21 gennaio Angelo Borrelli, capo della protezione civile, interviene sul pericolo dovuto al massiccio flusso di turisti cinesi e sull’analogia tra il nuovo Coronavirus e la Sars. Il concetto viene ripetuto dal ministro Speranza il 30 gennaio: in parlamento parla di Sars. Questi concetti che avrebbero indotto la giusta attenzione, spariscono nei successivi provvedimenti. Come sparisce l’urgenza di indossare mascherine, che un consulente del governo dichiara in tv inutili”. Errore su errore. Infinito.

“Io – racconta amaramente Gatti – posso solo parlare di errore, perché non c’è un’indagine. Ma non si tratta di errori di valutazione, bensì di precise scelte fatte dal regime cinese. Il 12 gennaio venne ordinata la chiusura del principale laboratorio di Shanghai, dal 23 iniziammo a vedere le immagini dei morti per strada: l’allarme mi è parso evidente da subito. Intanto vedevo il governo italiano predisporre centinaia di voli, mentre io consigliavo ai miei amici di isolarsi volontariamente: proprio alcuni di loro, fidandosi degli inviti di politici e scienziati in televisioni, hanno allentato la guardia. Non si è trattato solo di impreparazione, quella è perdonabile: imperdonabile, in politica, è l’incompetenza. Sono rimasto molto meravigliato quando Mario Draghi ha riconfermato gli incarichi a ministri che hanno avuto un ruolo importante, e non nel bene, nella gestione sciagurata di questa pandemia, effetto di un mancato orientamento preciso e competente, sottoposta a una pressione politica di governo che aveva scelto di proteggere i rapporti con la dittatura cinese. Di contro, il regime cinese ha manifestato una pericolosissima lucidità nel proteggere la propria immagine, in primo luogo convincendo l’Oms a non usare il nome Sars: far credere che si trattasse di una cosa nuova ha rallentato noi, e favorito il virus. Questo insegna, L’infinito errore di questa pandemia: che il nostro rapporto di sudditanza va al di là di quello sanitario. E che quando avremo vinto il virus, resterà il rischio del totalitarismo”.

 

 

Source: agi


Tags:

You Might also Like