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Ex Ilva: indotto, sono alti i costi della transazione crediti

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“Abbiamo particolarmente apprezzato le soluzioni adottate per il ristoro dei crediti che hanno visto al lavoro, peraltro, i tre commissari straordinari di AdI in amministrazione straordinaria ai quali va il nostro ringraziamento per la complessa operazione affrontata, cui sono venuti a capo nel giro di pochi mesi” ma “non possiamo che esprimere una contestuale preoccupazione per i costi che le aziende aderenti alla soluzione della cessione dei crediti a Sace dovrebbero ulteriormente affrontare e che sta creando un diffuso senso di sfiducia in molti imprenditori”. Lo dice Confindustria Taranto (col presidente Salvatore Toma e col presidente della sezione Metalmeccanica Pasquale Di Napoli) a proposito della transazione offerta da Acciaierie in amministrazione straordinaria ai creditori dell’indotto certificati e riconosciuti prededucibili sia dai commissari che dal Tribunale di Milano. Ovvero, pagamento del 70 per cento, rinuncia definitiva al restante 30 per cento, possibilità di farsi pagare da Sace, in una soluzione unica, il credito così rideterminato, con AdI che poi rimborsa Sace in 20 rate. Secondo Confindustria Taranto, “il riferimento è al costo dell’operazione Sace, che si aggirerebbe intorno al 12% e che pertanto comporterebbe per le aziende che cedono il credito (già certificato e quindi prededucibile) un ulteriore balzello oltre alla rinuncia, insita nella trattativa, del 30% dei crediti stessi avanzati nei confronti di Acciaierie”. Confindustria Taranto “pur ritenendo la soluzione adottata una boccata d’ossigeno per l’indotto del siderurgico, (anche e soprattutto alla luce della passata esperienza dei fornitori di Ilva in amministrazione straordinaria del 2015, in cui tutti i crediti andarono a confluire nel passivo), avanza perplessità in ordine all’ulteriore – se confermato – costo dell’operazione e al diffuso senso di pessimismo che avrebbe suscitato in alcune aziende fornitrici. “Laddove queste cifre dovessero trovare conferma – dicono Toma e Di Napoli – confidiamo anche in questo frangente in un possibile intervento del Governo al fine di rivedere al ribasso i costi dell’operazione Sace e consentire alle aziende di accedervi con una rinnovata fiducia”. Secondo Confindustria Taranto, si tratta “per la gran parte delle stesse aziende che videro definitivamente persi i propri crediti, alcuni dei quali molto ingenti, solo nove anni fa, e che ora, sia pure a fronte di un ristoro, avvertono tutto il peso di quei costi aggiuntivi che dovranno sostenere assieme alla rinuncia di parte dei crediti maturati”. E sulla stessa linea si pone anche Aigi, l’associazione delle imprese dell’indotto ex Ilva. “Ci auguriamo – dichiara Vladimiro Pulpo a nome di Aigi – che le nostre aziende riescano a recuperare il 70 per cento del credito spettante e che alla rinuncia iniziale del 30 per cento non si debbano aggiungere anche i costi della operazione di factoring con Sace, il che determinerebbe un ulteriore aggravio ai danni delle imprese”. Per Aigi, “un altro elemento che è fonte di forte preoccupazione per le nostre imprese che rappresentano l’80 per cento dell’indotto siderurgico, è legato al rischio che molte aziende vengano escluse dalla operazione di recupero dei crediti perché non considerate bancabili. Una condizione – rammenta Aigi – di cui godevano tutte le aziende dell’indotto prima che deflagrasse la seconda grande crisi legata allo stabilimento siderurgico, poi sfociata nella dichiarazione di amministrazione straordinaria”. (AGI)