Un piano in tre fasi, che prevede la riattivazione di un secondo altoforno a Taranto, con un intervento economico da 400 milioni di euro, e l’obiettivo di arrivare entro fine anno a 4 milioni di tonnellate annue di acciaio prodotto. Attualmente ne funziona solo uno sui 4 presenti nel sito industriale. Il management di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha incontrato i rappresentati delle sigle sindacali di ex Ilva per presentare il piano di ripartenza dei tre stabilimenti tra Puglia e Liguria.
Nell’immediato il programma preparato dal management di AdI punta a ripristinare le condizioni di normalità per gli impianti che sono stati individuati, ma anche a creare una gestione ordinata, fondamentale perché l’azienda torni sicura per i lavoratori e attrattiva per i potenziali investitori. Nelle prossime settimane, ha ricordato nuovamente oggi il ministro delle Imprese Adolfo Urso, alcuni possibili acquirenti sono attesi in visita nei siti aziendali. La norma per fornire una garanzia statale alla possibile compravendita che la metta al riapro da eventuali ricorsi di ArcelorMittal (proprietaria della maggioranza di AdI fino al commissariamento statale di fine febbraio) arriverà solo nel corso dell’iter in Parlamento del Dl Agricoltura. Nel testo approvato ieri dal Cdm sono stati messi a disposizione dal Mimit altri 150 milioni di euro che verranno dirottati da ex Ilva in As ad AdI in As per garantire la continuità aziendale.
La prima fase del piano prevede 1 altoforno con gestione ordinata e poi con 2 altoforni. Il ripristino degli impianti individuati richiede un intervento economico intorno ai 400 milioni di euro (l’80% destinato a Taranto). Il piano di produzione invece parte da 1,5 milioni di tonnellate/anno per arrivare dopo l’estate a 4 milioni di tonnellate/anno, con l’avvio del secondo altoforno a Taranto. Sempre a Taranto sarà attivo un treno di laminazione a caldo, mentre tutto il laminato a freddo andrà a Genova, raggiungendo dopo l’estate 450.000 tonnellate/anno e 600.000 tonnellate/anno a Novi Ligure. “Ieri abbiamo approvato due norme che aiuteranno a rilanciare la produzione attraverso l’opera di manutenzione necessaria a mettere in sicurezza gli impianti. Abbiamo deciso di inserire invece durante l’iter in Parlamento un’altra norma a garanzia dei nuovi titolari degli impianti rispetto a qualunque eventuale controversia legale”, spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
“Finalmente si è fatta chiarezza, non è un piano industriale ma di ripartenza, questo già sgombera il campo. La discussione è far ripartire gli impianti che oggi ci sono e dove destinare le risorse. Il punto è che da qui a fine anno si prevede la messa in funzione di un altro altoforno”, argomenta Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil,
“Noi abbiamo posto delle questioni – aggiunge – sul fatto se sia in grado di produrre le tonnellate che servono per dare lavoro a tutte le persone. Non si è parlato di cosa succederà nel 2025, della visita delle aziende interessate di cui parla il ministro Urso né della destinazione di ulteriori soldi. Pensiamo che il governo debba chiarire su questo punto, i soldi servono per le manutenzioni”.
“La presentazione del piano di ripartenza è una base di discussione per riavviare il confronto a livello aziendale. Riteniamo che il piano possa essere ulteriormente migliorato se l’amministrazione straordinaria riceverà le adeguate risorse economiche, oltre ai 620 milioni già previsti, per effettuare un volume di investimenti superiore a quello quantificato oggi provvisoriamente in 330 milioni dal piano illustrato”, specifica Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm. (AGI)
RED