Pochi mesi dopo la fine della guerra nel Tigray, l’Etiopia rischia di sprofondare nuovamente in un conflitto a causa delle violenze tra il governo centrale e le forze autonimiste che operano nell’Amhara, regione che ospita una delle più popolose ed importanti etnie che compongono il complesso mosaico culturale e politico del paese africano. A confrontarsi sull’esteso territorio nord-occidentale etiopico le milizie di autodifesa locali, le Fano, e le forze armate governative. Negli ultimi giorni il governo di Addis Abeba ha fatto sapere di aver “ripristinato l’ordine”, ma la cosa stride con la contemporanea introduzione di un coprifuoco nelle principali città della regione; tutto mentre testimonianze raccolte da InfoAfrica riferiscono di violenze continue ed esecuzioni sommarie in alcuni centri della zona.
La Direzione Generale etiopica dello Stato d’Emergenza annuncia che le principali città della regione sono state liberate dalla minaccia di quelli che vengono definiti “banditi”. Gli scontri hanno interessato le città di Bahir Dar, Debre Markos, Debre Birhan, Lalibela, Gonder e Shewa RobitL
In tutte queste località “agli estremisti è stata offerta l’opportunità di arrendersi e consegnare le sue armi alle forze di sicurezza nazionali. Tuttavia, hanno rifiutato l’appello e optato per la violenza. Di conseguenza, sono state prese le dovute misure per garantire che l’ordine e la legalità fossero ripristinati in quelle sei città”. Adesso, “con la continua eliminazione dei membri del gruppo, le città torneranno presto alla loro pacifica normalità”.
Testimonianze ancora da verificare raccolte da InfoAfrica, tuttavia, riferiscono che in alcune zone di Bahir Dahr le forze governative avrebbero proceduto a perquisizioni e rastrellamenti casa per casa portando via o uccidendo gli uomini giovani trovati nelle abitazioni. Sono loro, i giovani adulti in grado di portare un’arma, i principali sospettati di connivenza con l’insorgenza dei Fano, perché è tra loro che le milizie regionali – nate anche come reazione alla guerra appena conclusa nel Tigray – arruolano la maggior parte dei propri guerriglieri. Contemporaneamente crescono le tensioni e la paura tra gli Amhara che vivono ad Addis Abeba, dove si stanno moltiplicando i controlli e gli arresti tra i giovani.
“L’Etiopia rischia di precipitare in una nuova guerra dagli effetti catastrofici”, avverte ora Mario Giro, ex viceministro degli Esteri, esponente della Comunità di Sant’Egidio e uno dei maggiori esperti italiani della situazione africana. In una intervista alla rivista “Africa”, Giro sottolinea che “l’accordo di pace raggiunto nel novembre 2022 tra il governo di Addis Abeba e forze tigrine, che ha sostanzialmente certificato la sconfitta militare di queste ultime, è oggi minacciato da una nuova disputa sui confini regionali tra le popolazioni Tigrine e Amhara”.
“L’intesa raggiunta tra Governo di Addis Abeba e Tplf ha lasciato irrisolte molte controversie territoriali che rischiano di alimentare nuovi e sanguinosi scontri armati su base etnica”, ricorda. Dal 2020, a causa dei combattimenti tra esercito regolare e insorti tigrini, più di un milione di tigrini hanno dovuto scappare dai territori di Alamata, Raya, Welkait e Humera considerate da Macallè come “Tigrai occidentale”, mentre gli Amhara, che ora ne hanno il controllo, sostengono che siano di loro pertinenza e non intendono cederli”. A difesa di quei territori sono attive le milizie Amhara, che hanno aiutato il governo di Addis Abeba ad avere la meglio sui tigrini durante la guerra ma che oggi sono sfuggite al controllo delle autorità e rappresentano una minaccia alla stabilità regionale.
Le nuove tensioni territoriali stanno ridisegnando nuove alleanze, “con paradossali scambi di fronte che vedono in questo momento i tigrini alleati al governo di Addis Abeba contro gli Amhara che godrebbero dell’appoggio eritreo”. La crisi nelle regioni settentrionali – sostiene Giro – peraltro rischia di allargarsi ad altre parti del territorio etiopico, coinvolgendo altre popolazioni, come gli Oromo, maggioranza nel Paese. L’escalation di violenze per le dispute di potere e di terra finirebbe per minacciare l’implosione e la frammentazione dell’Etiopia, come avvenuto nell’ex Jugoslavia, una nazione federale i cui equilibri e confini regionali, disegnati su base etnica, sono sempre più precari”.
Intanto riferisce l’agenzia Fides che la Conferenza episcopale cattolica dell’Etiopia ha lanciato un forte appello ai contendenti affinché fermino immediatamente le violenze. Nel loro messaggio i vescovi ricordano che l’Etiopia è appena uscita dalla guerra nel Tigrai: “Molti sono stati uccisi nella recente guerra nel nord del nostro Paese. Molti sono rimasti feriti, hanno subito danni economici, sociali e psicologici”.
“Siano stati tutti molto contenti che la pace sia stata raggiunta attraverso il dialogo” prosegue il messaggio. Tuttavia, siamo addolorati nell’apprendere che un’altra guerra è iniziata prima ancora di assaporarne i risultati”.
I Vescovi cattolici invitano il governo a intensificare gli sforzi a trovare una soluzione pacifica al conflitto. “Riteniamo che la volontà politica del governo sia molto importante affinché il dialogo avvenga”.(AGI)
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