di Gianni De Iuliis
(Parte prima)
Sisifo era figlio di Enarete e di Eolo e la storia lo ricorda come fondatore della città di Efira (l’odierna Corinto) della quale divenne re. Un re tanto scaltro quanto malvagio e avido.
Mentre cercava di risolvere il problema della siccità di Corinto, un giorno Sisifo si ritrovò nei pressi della rocca della città mentre Zeus amoreggiava con una bella ninfa di nome Egina, figlia del dio fluviale Asopo. Questi si presentò a Sisifo nelle sembianze di un vecchio e gli chiese notizie di sua figlia. Sisifo, in cambio di una fonte d’acqua per la sua città, rivelò che la ninfa era stata rapita da Zeus. Soddisfatto, Asopo diede in dono al re la sorgente d’acqua perenne, detta Pirene.
Quando Zeus venne a sapere il tutto, chiese a suo fratello Ade di mandare Thanatos, dio della morte, a catturare Sisifo per rinchiuderlo nel Tartaro. Ma Sisifo riuscì a imprigionare Thanatos, facendo scomparire la morte. Quando Ares si accorse che durante le battaglie non moriva più nessuno, e che quindi le battaglie stesse non avevano più senso, si mosse per catturare Sisifo e, liberato Thanatos, lo condusse nel Tartaro.
Sisifo ebbe in seguito la possibilità di tornare nel mondo dei vivi da Ade, a patto di ritornare negli inferi entro un giorno. Sisifo non tenne fede al patto e rimase nel mondo dei vivi.
Come punizione per la sua sfrontata audacia Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte, ma ogni volta che avesse raggiunto la cima il masso poi sarebbe rotolato nuovamente alla base del monte per l’eternità.
Di qui la locuzione fatica di Sisifo, per indicare un’impresa che richiede grande sforzo senza alcun risultato.
(Nella foto: Sisifo, di Tiziano Vecellio, 1548-49, Madrid, Museo del Prado)