Il poema di Esiodo Le opere e i giorni narra che Zeus ordinò ad Efesto, il dio del fuoco, delle fucine, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia, di forgiare la fanciulla Pandora. A lei ogni dio offrì un dono divino: bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia, ingegno.
Ermes, messaggero degli dèi e dio dei commerci, dei viaggi, dei confini, dei ladri, dell’eloquenza e delle discipline atletiche, aveva dotato la giovane di astuzia e curiosità e fu incaricato di condurre Pandora dal fratello di Prometeo, Epimeteo. Questi, nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dèi, la accolse, s’ innamorò, la sposò ed ebbe da lei una figlia, Pirra.
A Pandora era stato affidato un vaso su cui Zeus impose un divieto: la donna non avrebbe dovuto mai aprirlo o i mali si sarebbero sparsi per il mondo. Pandora disobbedì, spinta dalla curiosità (dote donatagli dal dio Ermes). Aprendolo si abbatterono sugli uomini la sofferenza, la vecchiaia, la gelosia, la malattia e tanti altri mali. Era finito il tempo in cui gli uomini erano eternamente giovani, felici e spensierati come gli dèi: ora la loro vita sarebbe stata triste e cupa. Tuttavia, all’interno del vaso era ancora rimasta la speranza e Pandora, riaprendo il coperchio, fece in modo che anche questa si spargesse tra gli uomini.
Il mito di Pandora sembra quasi avvicinarsi alla storia di Adamo ed Eva narrata nel libro della Genesi.
L’espressione «vaso di Pandora» è usata metaforicamente per alludere all’improvvisa scoperta di un problema o una serie di problemi che per molto tempo erano rimasti nascosti e che una volta manifestatisi non è più possibile tornare a celare.