di Gianni De Iuliis
Il folclore d’Italia riguarda numerose leggende e racconti popolari diffusi sul territorio italiano. Alcuni racconti provengono anche dalla cristianizzazione, specie quelli riguardanti demoni, che sono a volte riconosciuti dalla demonologia cristiana.
Col termine folclore si può intendere tuttavia anche la scienza o la dottrina che studia quelle tradizioni, attraverso ricerche e opere sull’argomento.
La documentazione che più di ogni altra ha dato l’avvio allo studio delle tradizioni popolari e dunque al folclore inteso come scienza è stata l’inchiesta napoleonica del 1809-1811, svolta nel Regno d’Italia sui dialetti e i costumi delle popolazioni locali. L’inchiesta fu realizzata principalmente per individuare ed estirpare pregiudizi e superstizioni ancora esistenti nelle campagne italiche. Gli atti dell’inchiesta e le relative illustrazioni allegate sono custoditi nel castello Sforzesco di Milano.
La prima opera di rilievo è Usi e pregiudizi de’ contadini della Romagna del forlivese Michele Placucci.
L’intellettuale che ha dato poi origine allo studio sistematico, su base scientifica, del folclore italiano, è il medico palermitano Giuseppe Pitrè (1841-1916) che, dopo aver dato alle stampe la Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, ha realizzato la Bibliografia delle tradizioni popolari italiane nel 1894 e la Rivista Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, pubblicata ininterrottamente dal 1880 al 1906. Per primo Pitrè ottenne nel 1911 a Palermo una cattedra universitaria per lo studio delle tradizioni popolari, sotto il nome di demopsicologia, poi riattivata da Giuseppe Cocchiara solo negli anni ’30 col nome di storia delle tradizioni popolari.
Questo tipo di studi, unito alla riscoperta e valorizzazione del Medioevo, che era stato uno degli esiti del nazionalismo romantico, culminò nel periodo fascista con la propaganda folcloristica volta a rafforzare il mito romantico e medievaleggiante del Popolo legato alla propria terra e alla tradizione.
In tale clima culturale, che era stato preparato da personalità quali il Carducci, D’Annunzio, Benelli, Coppedè, furono rilanciate manifestazioni come il palio di Siena, la giostra del Saracino, il calcio in livrea, calendimaggio di Assisi.
Dopo la Seconda guerra mondiale, grande impatto ebbe la pubblicazione delle Note sul folclore, contenute nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. In particolare, Ernesto de Martino condurrà le più celebri ricerche folcloriche italiane, Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del rimorso, scegliendo come oggetto classi sociali considerate fuori dalla storia, i contadini del sud Italia, con il dichiarato obiettivo di utilizzare le tradizioni popolari, definite come folclore progressivo, come elemento fondante di una futura coscienza di classe.
Questa corrente di studi rimarrà dominante in Italia fino agli anni Ottanta del Novecento (con Alberto Mario Cirese che dagli anni Sessanta impose come nome per gli studi di folclore all’italiana il termine demologia).
Ogni anno in Europa si svolge l’Europeade del Folclore. Le ultime città italiane che hanno ospitato questa manifestazione sono nel 2003 Nuoro in Sardegna e nel 2010 Bolzano.
Ininterrottamente dal 1970, nel periodo che precede il Ferragosto, ad Alatri si svolge il Festival Internazionale del Folclore.