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Estate mitologica. EROS – II

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di Gianni De Iuliis

(Parte seconda)

Il simposio di Platone

Il mito della nascita di Eros è un mito presente all’interno del Simposio di Platone.

Il dialogo inizia con l’abile confutazione, da parte di Socrate, di Agatone, che nel dialogo stesso aveva parlato prima. Socrate spiega che l’amore non è mai a sé stante, ma necessita di un oggetto. Ha perciò sempre bisogno di ciò che ama, che non possiede. Ciò di cui necessita è buono e bello.

L’amore è pertanto mancanza del bello, quindi tendenza ad esso. Poiché ciò che bello è anche necessariamente buono, l’amore si traduce in una mancanza del buono.

Allo stesso modo, Eros non può essere un mortale ma neppure un dio, perché è sprovvisto di quelle qualità (il bene e il bello) di cui va alla ricerca. È quindi un demone, un’entità intermedia tra il mondo dei mortali e quello degli dèi, con funzione di mantenere in contatto entrambe le sfere, altrimenti inconciliabili.

Il dialogo continua poi con la trattazione sull’origine di Amore. Eros è concepito durante il banchetto per la nascita di Afrodite, grazie all’unione tra Poros (Espediente o Ingegno) e Penia (Povertà).

L’unione tra i due si concretizzò quando Poros, ubriaco per aver bevuto troppo nettare, si addormentò ebbro sul prato e fu visto da Penìa, che approfittò dello stato di Poros per unirsi a lui. Da quel momento Eros è seguace di Afrodite, per via del fatto che fu concepito nel giorno della sua nascita. E poiché Afrodite è bella, Amore è per sua natura amante del bello.

Leggiamo da Platone:

«Perciò, in quanto figlio di Poros e di Penìa, Amore si trova in questa condizione: in primo luogo è sempre povero e tutt’altro che tenero e bello, come invece ritengono i più, anzi è aspro, incolto, sempre scalzo e senza casa, e si sdraia sulla terra nuda, dormendo all’aperto davanti alle porte e per le strade secondo la natura di sua madre, e sempre accompagnato dall’indigenza. Invece per parte di padre insidia i belli e i virtuosi, in quanto è coraggioso e ardito e veemente, e cacciatore astuto, sempre pronto a tessere intrighi, avido di sapienza, ricco di risorse, e per tutta la vita innamorato del sapere, mago ingegnoso e incantatore e sofista; e non è nato né immortale né mortale, ma in un’ora dello stesso giorno fiorisce e vive, se la fortuna gli è propizia, in altra invece muore, ma poi rinasce in virtù della natura del padre, e quel che acquista gli sfugge sempre via, di modo che Amore non è mai né povero né ricco, e d’altra parte sta in mezzo fra la sapienza e l’ignoranza».

Eros ricerca la sapienza, che è fra le cose più belle. Quindi ricerca il bello.

Chi desidera il bene desidera che questo divenga suo per sempre, desidera quindi l’immortalità. L’unico modo per ottenere ciò è la procreazione del bello nel corpo e nell’anima.

In questo senso, il bene porta l’uomo a riprodursi e il bello stimola la generazione, la contemplazione dell’Assoluto. Ne consegue che l’amore è aspirazione a riprodursi.

 

(Nella foto: Il Simposio di Platone, dipinto di Anselm Feuerbach, 1869)