di Gianni De Iuliis
«Quest’ordine universale, che è lo stesso per tutti, non lo fece alcuno tra gli dei o tra gli uomini, ma sempre era è e sarà fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura. Cangiamenti del fuoco: innanzi tutto mare, e del mare una metà terra e l’altra metà soffio infuocato. Il fulmine governa ogni cosa. Giacché il fuoco sopraggiungendo, giudicherà e condannerà tutte le cose».
(Eraclito)
Coerentemente con i suoi assunti filosofici, Eraclito (535 a. C. – 475 a. C.) identifica l’archè con il fuoco, elemento mobile e distruttore per eccellenza, che ben simboleggia la sua visione del reale come energia in perenne trasformazione: tutto deriva dal fuoco e ritorna al fuoco.
Perché il fuoco? Secondo il filosofo e storico della filosofia Nicola Abbagnano, ci sono ragioni di carattere innanzi tutto speculativo. Il fuoco non solo è sottoposto al contrasto, ma lo incarna concretamente accendendosi e spegnendosi, a variando di continuo, vivendo della morte di ciò che brucia.
Che significa l’espressione «era è e sarà» del frammento? Alcuni studiosi l’hanno interpretata in senso esistenziale, altri come semplice copula del predicato nominale «fuoco sempre vivente».
Abbagnano non esprime una scelta, tuttavia mette in evidenza che non esiste l’opzione creazionista dal nulla nella cultura greca, per cui il cosmo esiste da sempre e lo stesso fuoco è eterno e ubiquo, spirito e materia.
Tuttavia non è chiaro come dall’archè individuato da Eraclito derivi il reale.
(25. Continua)