di Iris landi
Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia esistenziale per il mondo e per l’Europa. Il sesto ed ultimo rapporto prodotto dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) mostra chiaramente l’urgenza di ridurre le emissioni globali di gas serra del 43% entro il 2030, per perseguire l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1.5 oC rispetto ai livelli preindustriali. Contemporaneamente, l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, e la crisi energetica che ne è derivata, ha reso chiara la dipendenza energetica europea dal gas e dal petrolio russo, rendendo la transizione energetica verso le rinnovabili sempre più cruciale. A fronte dell’emergenza energetica, la Commissione europea ha lanciato il piano REPowerEU. In cosa consiste il piano, e che impatto ha avuto sulle relazioni esterne dell’UE?
La situazione energetica in UE prima e dopo la guerra in Ucraina
La crisi energetica che ha scosso l’Europa fino ad inizio anno ha avuto effettivamente inizio prima della guerra in Ucraina. Verso la fine del 2021, con l’avvicinarsi dell’inverno, in Europa si è registrato il livello più basso di riserve di gas dal 2013. Il grado di riempimento dei bacini di approvvigionamento a settembre 2021 era infatti appena del 77%, contro il 95% del 2020, influenzato sicuramente dalla ripresa post-Covid delle maggiori economie europee, nordamericane e asiatiche, stimolando un innalzamento della domanda industriale di calore e elettricità.
L’invasione russa e la successiva graduale riduzione delle esportazioni di gas (fino al 74% in meno rispetto al 2021) verso l’Europa, hanno drasticamente aggravato questa situazione. Dopo anni in cui la media di invio erano circa 150 miliardi di metri cubi all’anno, corrispondenti a circa un terzo del consumo complessivo dell’UE, la Russia ha terminato il suo ruolo come principale fornitore. In un contesto di mercato teso, ciò ha rappresentato una tempesta perfetta.
Le risposte politiche europee si sono concentrate sulla sostituzione del gas naturale con alternative, e sulla decarbonizzazione del sistema energetico europeo, con l’obiettivo di potenziare l’approvvigionamento di energia rinnovabile e aumentare così la capacità produttiva.
Nel maggio del 2022, la Commissione Europea ha ridisegnato il suo approccio alla geopolitica della sicurezza energetica presentando un pacchetto di politiche denominato REPowerEU, mirato a eliminare i combustibili fossili russi dalle importazioni europee “ben prima del 2030” e ad accelerare la transizione verso l’energia pulita. Questi sforzi congiunti sono stati descritti come un’anticipazione della transizione energetica dell’UE di circa un decennio, dimostrando l’impegno europeo nel ridurre la propria dipendenza energetica.
Cos’è il REPowerEU
A distanza di poco più di un anno dall’implementazione del pacchetto, l’azione congiunta degli Stati Membri ha portato a risultati estremamente significativi, registrando una riduzione approssimativa del 20% dei consumi energetici complessivi.
Le principali azioni del REPowerEU si articolano in quattro punti principali che riguardano l’assicurare un approvvigionamento energetico a prezzi accessibili, investire nelle energie rinnovabili, impegnarsi per aumentare il risparmio energetico e diversificare le fonti di approvvigionamento dell’UE.
Nell’Aprile 2022 è stata lanciata la piattaforma dell’UE per l’energia, che svolge un ruolo fondamentale nel promuovere la coordinazione tra Stati Membri in materia energetica, evitando la competizione interna e ottenendo il gas a condizioni più favorevoli per i consumatori europei.
In materia di risparmio energetico, l’UE intende perseguire un approccio sicuro e sostenibile per ridurre la dipendenza delle importazioni russe, muovendosi congiuntamente attraverso la condivisione di risorse, data la possibilità in cui alcuni Stati Membri fossero storicamente più dipendenti dal gas russo rispetto ad altri. È stato quindi raggiunto l’accordo di ridurre il consumo di gas almeno del 15%.
Investire nelle energie rinnovabili è un altro pilastro cruciale del REPowerEU, supportando attivamente la lotta contro i cambiamenti climatici, riducendo le emissioni di gas serra e favorendo la transizione verso pratiche più ecocompatibili. Contribuisce inoltre a rafforzare l’indipendenza energetica dell’UE, riducendo la dipendenza da fonti esterne ed aumentandone la sicurezza, rendendolo l’approvvigionamento più sostenibile e resistente. Infine, la transizione verso energie rinnovabili crea nuovi posti di lavoro nell’UE, stimolando l’economia e promuovendo lo sviluppo nel settore delle energie pulite.
La diversificazione dell’approvvigionamento energetico
L’ultimo punto compreso all’interno del piano REPowerEU riguarda la diversificazione dell’approvvigionamento in ambito energetico. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è diventata evidente la necessità dell’UE di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi sostituendo una parte di essi con fonti provenienti da altri fornitori internazionali.
I risultati sono già più che evidenti: a partire da settembre 2022, il gas russo rappresenta solo l’8% di tutte le importazioni di gas dell’UE tramite gasdotti, rispetto al 41% registrato nell’agosto 2021. Sono stati stipulati numerosi accordi con paesi terzi riguardanti l’importazione tramite gasdotti ed investimenti nell’acquisto condiviso di GNL, insieme a partenariati strategici con Namibia, Egitto e Kazakhstan per garantire un approvvigionamento di idrogeno rinnovabile. Ulteriori accordi con Egitto e Israele per l’esportazione di gas naturale in Europa hanno contribuito a consolidare la sicurezza energetica dell’UE, ufficializzati attraverso la firma del Memorandum of understanding, il 15 giugno 2022, all’East Mediterranean Gas Forum. In esso si legge come le tre parti si impegnino a lavorare collettivamente per consentire una fornitura stabile di gas naturale all’UE che sia coerente con le esigenze e con gli obiettivi di decarbonizzazione a lungo termine.
L’intreccio tra sicurezza energetica e la posizione europea nel conflitto israelo-palestinese
A due mesi dall’attacco terroristico di Hamas, e della brutale risposta di Israele, le istituzioni europee si sono espresse in favore del diritto all’autodifesa di Israele, scegliendo di non unirsi all’appello globale per il cessate il fuoco.
Nella complessa dinamica geopolitica della regione, il tema dell’energia, e del gas in particolare, ha una chiara rilevanza. La scoperta dei giacimenti di Tamar e Leviathan ha trasformato Israele in un esportatore netto di gas naturale, aprendo nuove opportunità nei mercati energetici internazionali. Lo sviluppo del settore energetico israeliano è strettamente legato alla politica estera del paese, con tensioni storiche che hanno limitato la capacità di stabilire legami energetici con la regione circostante. Tuttavia, accordi di pace e normalizzazioni recenti hanno creato nuove prospettive. La firma dell’accordo trilaterale con l’UE ha culminato la posizione di Israele come partner strategico cruciale per garantire la sicurezza energetica europea.
L’influenza della guerra a Gaza sul mercato energetico europeo però non è univoca. Goldman Sachs indica come l’evoluzione del conflitto possa avere implicazioni sull’approvvigionamento di energia attraverso condizioni finanziarie più strette, prezzi dell’energia più elevati e una diminuzione della fiducia dei consumatori. Una guerra prolungata e conseguenti attacchi all’infrastruttura energetica potrebbero effettivamente rischiare di interrompere le forniture di petrolio e gas, provocando una crisi energetica globale.
A conferma di ciò, l’Egitto ha recentemente interrotto le esportazioni di gas verso il mercato europeo, principalmente a causa della sospensione delle attività di estrazione dal giacimento di Tamar, situato a nord di Gaza, per motivi di sicurezza dopo l’attentato di Hamas.
Il rischio maggiore deriva dall’Iran, esplicitamente contrario alla posizione israeliana, che nel drastico caso di un’espansione del conflitto, potrebbe interrompere le spedizioni dai Paesi arabi del Golfo, dirette in gran parte verso la Cina. Pechino dovrebbe cercare altrove i fornitori per il proprio approvvigionamento energetico, facendo lievitare i prezzi globali.
Ciononostante, l’Europa è “equipaggiata per affrontare le tensioni sul mercato globale del petrolio e del gasolio”, ha dichiarato Kadri Simson, Commissaria Europea per l’Energia, a seguito delle lezioni imparate grazie alla guerra in Ucraina. Si scommette infatti che, finché il conflitto in Medio Oriente non si espanderà, le forniture rimarranno più o meno stabili. L’Europa dispone ora di una capacità di energia superiore al 90% grazie al REPowerEU e, nonostante il conflitto, non si prevedono difficoltà per il prossimo inverno.
Tuttavia, il reale impatto del conflitto dipenderà da quando Israele deciderà di cessare il fuoco e avviare i negoziati di pace con Hamas. La tensione del conflitto getta infatti un’ombra di incertezza sul mercato energetico europeo, data l’importanza di Israele per l’approvvigionamento di risorse energetiche. Per concludere, è chiaro come lo scenario globale richieda una politica energetica adattabile, tenendo in considerazione la salvaguardia dell’ambiente, le dinamiche geopolitiche e la crescente domanda energetica.
Nel tenere in considerazione le implicazioni economiche di tali sviluppi, emerge la necessità di sottolineare l’incontestabile importanza della tutela dei diritti umani. E’ proprio in un contesto come questo che la comunità internazionale è chiamata a riconoscere che la sicurezza energetica non possa e non debba essere separata dal rispetto imprescindibile per la vita umana e la dignità.
Fonte: Orizzonti politici