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Elly Schlein dimentica il passato riformista del Pd

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Intervista a Carlo Fusaro a cura di Gianluca De Rosa (Il Foglio del 28-5-2024)

“Il Pd di Schlein si assume delle grandi responsabilità perché con poco sforzo potrebbe incalzare la maggioranza per correggere quei difetti che la riforma sul premierato tuttora ha ma che sarebbero agevolmente solubili. Non dichiarando alcuna disponibilità, invece, fornisce l’alibi alla maggioranza per dire ‘vedete, ci tocca fare da soli’, con il rischio che facendo da soli facciano male, con danno per tutti”. Carlo Fusaro, professore di diritto, e autore insieme ad Augusto Barbera del “Corso di diritto pubblico”, uno dei testi più usati negli atenei italiani per l’insegnamento della materia è da sempre un convinto riformista. Si annovera tra coloro che ritengono che una riforma istituzionale per la stabilità del sistema politica sia utile al paese.

Nel suo passato, oltre a una legislatura con il partito repubblicano negli anni 80, ha tenuto un costante dialogo con il Pd su questi argomenti. Quel partito oggi però si prepara a manifestare contro il premierato una riforma che la segretaria Schlein definisce “una fregatura contro la democrazia” e considera “un cinico baratto” con l’autonomia differenziata.

Per Fusaro quella di Schlein è “propaganda da quattro soldi” perché dice: “è chiaro che in una maggioranza ci possono stare progetti che stanno più a cuore a una forza politica e altri che sta più a cuore a un’altra, e se vogliono collaborare devono per forza venirsi incontro”. I dem sul premierato non hanno neppure voluto discurere perché, a prescindere dai dettagli, ritengono questa forma di governo “pericolosa”. “Purtroppo – dice Fusaro – il Pd è caduto nella sindrome del Corbyn in gonnella che lo guida e quindi se le inventa tutte, ma anche dentro il partito sanno che in passato hanno sostenuto con forza progetti di riforma analoghi, c’è una malafede francamente eccessiva”.

Insomma, il premierato va bene? “Il testo così com’è ha ancora difetti grossi. Io per primo, insieme ad altri amici, l’ho sottolineato. Con onestà intellettuale però bisogna anche dire che sono problemi che possono essere risolti, bisogna capire se lo si vuole oppure se si preferisce fare propaganda, al momento il Pd ha scelto la propaganda”.

Nel merito dunque quali sono questi problemi? “Si va dalla legge elettorale, alle modalità di elezioni del presidente della Repubblica, fino al voto degli italiani all’estero. Sono cose da affrontare almeno in parte in sede costituzionale, perché una legge potrebbe non bastare, sulla legge elettorale in particolare c’è anche una giurisprudenza costituzionale da rispettare”. Il riferimento di Fusaro è alla sentenza della Consulta che bocciò il premio di maggioranza dell’Italicum, la legge elettorale che fu approvata ancor prima del voto referendario sulla riforma Renzi a cui era collegata.

Per il premierato Fusaro immagina una legge elettorale simile: “Una soluzione brillante – dice – sarebbe quella che aveva immaginato Barbera a suo tempo: se sulla base dell’assegnazione dei seggi collegati ai candidati presidenti del Consiglio non si ottiene una maggioranza in entrambe le Camere si fa ricorso a un ballottaggio che assegna i seggi necessari ed elegge di fatto il presidente del Consiglio”.

Per quanto riguarda invece l’elezione del presidente della Repubblica? “Andrebbe maggiormente condivisa la sua elezione, perché così il meccanismo premiale in due Camere può favorire in maniera eccessiva chi vince le elezioni politiche”. Secondo Fusaro le soluzioni a questa questione sono molteplici: “Ci sono varie formule: si può alzare un po’ il quorum, oppure includere tra gli elettori del Parlamento in seduta comune un numero maggiore di delegati delle autonomie o di rappresentanti del Parlamento europeo”.

L’ultima questione è quella degli italiani all’estero. “Oggi il loro voto ha un impatto attenuato, il rapporto elettori/eletti è molto inferiore a quello nazionale, senza un intervento invece si rischia di avere un presidente del Consiglio deciso con il voto postale degli italiani all’estero. Se non lo si vuole, e secondo me sarebbe legittimo non volerlo, allora occorre che in Costituzione qualcosa si dica, per poi incardinare quel principio in legge elettorale”.

Tornando alla politica, quando si discute di riforme così incisive in Italia finisce sempre col prevalere lo scontro contro il leader di turno a dispetto del merito delle questioni: Berlusconi, Renzi, Meloni, è sempre andata così. “Questo perché questo paese è fatto di politicanti e non di statisti, Berlusconi ad esempio si assunse una responsabilità enorme: se avesse continuato a sostenerla, la riforma Renzi sarebbe passata, e in questo caso la responsabilità se la sta assumendo Schlein, e quegli esponenti del Pd che hanno dimenticato il loro passato riformista”.