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Educhiamo il futuro del nostro Paese

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di Fausto Fareri

Domenica 24 si celebra la giornata mondiale dell’educazione e un organismo come la Fism ( Federazione italiana scuole materne) punta il dito sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e promuove una sinergia più stretta tra MIUR e scuole anche paritarie per incidere sulle radici del nostro futuro, i bambini, da sempre al centro della attenzione pedagogica  italiana con figure come  Maria Montessori e Guido Petter, famoso psicopedagogista.

La terra di confine  va individuata sempre nei primi anni di istruzione, nei quali l’evoluzione cognitiva e comportamentale si delinea su matrici di curiosità, attenzione , coordinazione pratica e teorica, che oggi viene enucleata nei termini più performanti del passato, attraverso una supposta capacità del sistema di includere formazione e socialità in moduli intrinsecamente legati dalla aspirazione alla trasversalità.

Interdisciplinare è il monito tra apprendimento e coerenza tra ritmi personali di crescita e autonomia. La non dimenticata lezione della Montessori andava contro la diffusione eccessiva dei setting di monitoraggio, prediligendo un ambiente scolastico umanizzato sulla vita pratica, le abitudini del bambino, il gioco come esplorazione ritmica della vita e strumenti tattili di apprendimento manipolabili e scambiabili attraverso un approccio cooperativo.

Fare per apprendere, sperimentare, costruire sequenze logiche, numeriche e coordinate con le attività anche più ordinarie di riordino e organizzazione.

Di questa tradizione oggi si sente la necessità  di  amplificata diffusione, poiché le classi on line e i ranghi ridotti non giovano alla crescita fisiologica del bambino. Un bambino infelice diviene un adulto non integrato, svogliato, senza un concetto di libero scambio.

Educare, come esperienza di crescita per i maestri e gli allievi, sulla falsariga di quello che De Seta propose in un film memorabile per la nostra televisione “Diario di un maestro”, dove Bruno Cirino proponeva una pedagogia attiva ai suoi allievi reali di Pietralata agli inizi dei Settanta. Oggi, nelle nostre periferie, ma anche nei quartieri alti, le scuole vivono il dramma della serialità, dove l’allievo è numero, condividendo con il suo docente non un contratto pedagogico, ma un

apprendere che non è più ricerca, entusiasmo, sui quali costruire criticamente l’uomo di domani.

Educare alla libertà, nel rapporto tra microcosmo individuale e raccontare la piccola storia come tassello di una coscienza che viaggi tra indagine e curiosità.


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