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Economia: segnali positivi dall’indice PMI manifatturiero, ma preoccupa il mercato del lavoro

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Primi segnali positivi per il settore manufatturiero, in Italia ed in Europa, dopo la fase nera dei mesi precedenti. A dircelo è l’indice PMI, calcolato da Ihs Markit sulla base delle indicazioni fornite dai direttori d’acquisto.

A luglio tale strumento, considerato come una cartina di tornasole dell’andamento economico, ha fornito indicazioni incoraggianti per ciò che concerne l’eurozona, dal momento che è stata nuovamente superata quota 50, ovvero la soglia “psicologica” che fa da spartiacque tra le fasi di espansione e quelle di contrazione dell’economia. L’Italia guarda con un cauto ottimismo ai sui 51,9 punti che seguono ali 47,4 di giugno ed ottengono la palma di miglior risultato da oltre due anni. Guardando al resto dell’Europa meritano di essere segnalati i dati di: Spagna (53,5 punti) e Austria (52,8 punti), Francia (52,4 punti), Italia (51,9 punti) e Germania (51 punti). Restano, invece, al di sotto dei 50 punti Grecia e Olanda, che si attestano rispettivamente a 48,6 e 47,9 punti.

Una prima fase positiva, quella sottolineata dai dati fin qui esposti, determinata soprattutto dalla ripresa della domanda e della produzione, ma che non autorizza a stappare lo spumante. Come spiega, a proposito della situazione italiana,  Lewis Cooper, economista di Ihs Markit: “Dopo uno shock così estremo, la strada verso la ripresa è ancora lunga ed è essenziale che le condizioni della domanda continuino a migliorare. Inoltre, le aziende manifatturiere e le linee di produzione continuano ad operare al di sotto della loro capacità limitando le ore di lavoro e di conseguenza il livello occupazionale si è ridotto per il quattordicesimo mese consecutivo. Anche la domanda estera rimane debole, gli ordini esteri infatti continuano a diminuire. E l’introduzione di nuove misure restrittive per contrastare la ‘seconda ondata’ della pandemia potrebbe ostacolare la ripresa”.

A preoccupare, inoltre, in tutta l’Eurozona, ci sono molteplici fattori legati al mercato del lavoro e ai numeri dell’occupazione, che potrebbero rallentare e frenare l’auspicata ripresa. Sebbene, da marzo ad oggi, il tasso di perdita del lavoro (anche per effetto delle misure messe in campo dai vari governi) sia sceso sensibilmente, l’indice di crescita è superiore a quello del 2009, vero e proprio “annus horribilis” per l’economia del Vecchio Continente. Saranno, dunque, fondamentali i numeri dei prossimi mesi per certificare se la ripartenza entrerà nel vivo, se conosceremo una nuova fase positiva. Prerequisito indispensabile, come sempre, sarà l’azione della politica europea la quale, sia a livello nazionale che comunitario, dovrà tendere la mano a tutti i settori produttivi per non vanificare gli sforzi fatti.


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