Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
Il primo semestre del 2020 ha avuto un effetto drammatico sulle aziende italiane (SPA ed SRL), è questo il dato che emerge da uno studio condotto da Consglio e Fondazione Nazionale dei Commercialisti per capire quanto è stato grave l’impatto del Covid-19 e della conseguente serrata.
Le stime dell’analisi parlano di un calo nel fatturato che sfiora i 20 punti percentuali (-19,7%), indice di una perdita totale di circa 280 miliardi. Lo studio ha preso in considerazione 830 mila società che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di euro, l’89% di tutte le imprese e l’85% circa di tutti gli operatori economici, ed ha elaborato i dati forniti dall’AIDA di Bureau Van Dijk. Particolarmente rilevanti, al di là del drammatico bilancio generale, sono i dati realtivi alle zone del paese più colpite, sia guardando alle singole province che alle macroaree. La provincia ad accusare maggiormente i colpi della pandemia risulta essere Potenza (-29,1%), seguita a ruota da Arezzo (-27,2%) e Fermo (-26,3%). Tengono meglio, invece, realtà come Siracusa (-13,7%), Cagliari (-13,8%), Roma (16,1%), Genova (16,5%), Trieste (16,7%). Guardando alle macroaree quella più colpita è, comprensibilmente, il Nord Est che fa registrate un calo del 21, 3%, mentre le Isole se la cavano con un – 17,6%. Emblematico, inoltre, il dato relativo al calo di fatturato nel mese di aprile (- 31,9%, con un perdita di circa 93 miliardi di euro). A pagare maggiormente pegno sono state le realtà operanti nei settori dell’industria e del commercio, specialmente quelle la cui filiera si è interrotta completamente, come ad esempio il comparto automobilistico.
Al di là di alcune differenze territoriali, che sono chiaramente figlie della diversa struttura imprenditoriale e sociale dell’Italia, le risultanze che emergono dall’ennesimo studio restituiscono, ahi noi, l’idea di un paese prostrato, messo in ginocchio dell’esplosione della pandemia e dallo stop all’attività produttiva. Ragion per cui, lo ripetiamo ancora una volta, servono misure urgenti, coraggiose, capaci di incidere davvero e di rilanciare dei settori di vitale importanza per la sopravvivenza dell’Italia. Un auspicio che, tra liti e divisioni nel governo, paralisi istituzionali, provvedimenti contentino, assenza di visione e di programmazione, sembra sempre più irrealizzabile.