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Duellando, si sono presi la tv

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Presta coproduce il Festival di Sanremo (Amadeus e Benigni nella sua scuderia). A Caschetto si attribuisce la “riconversione” di La7 e l’invenzione di Discovery, dove sono finiti gli ex di Rai3
di Carmelo Caruso Carmelo Caruso, giornalista. Ha iniziato a Repubblica, lavorato a Panorama e Giornale. Oggi al Foglio.

Uno, Presta, va alle feste e soggiorna in Africa da Flavio Briatore. L’altro, Caschetto, si è sempre fatto vanto di non andare alle feste perché, come gli ha insegnato Bibi Ballandi, il suo maestro, lo storico produttore bolognese di Fiorello e Celentano, “alle feste ti chiedono favori” Fanno parte della masseria Caschetto, almeno i nomi che si conoscono, Fazio, Littizzetto, Gruber, Floris, Marcuzzi, Formigli, Crozza, Annunziata, Saviano, Cucciari, Telese, Volo, Salvo Sottile, Pif, Bignardi, Virginia Raffaele, Luca e Paolo, Ferilli, Iacona, Mia Ceran, Caterina Balivo…
Vite e caratteri opposti per due idee diverse di televisione: informazione e nicchia contro grande spettacolo. Sono gli agenti che da dieci anni decidono chi e che cosa vediamo sul piccolo schermo. Ritratto incrociato di Beppe Caschetto e Lucio Presta
Hanno umiliato Gramsci. La vera egemonia culturale l’hanno brevettata loro: un bracciante e un ballerino. Cos’è la televisione? Un elettrodomestico che Lucio Presta e Beppe Caschetto vi hanno consegnato in comodato d’uso. Sono i mastri Don Gesualdo dell’antenna, i massari del telecomando e i palinsesti la loro “roba”. Sono entrambi la più grande scusa, il più grande alibi che agitano direttori di rete senza idee, autori smandrappati, artisti esauriti: “E’ inutile. Lo sanno tutti che in televisione comandano loro”. Fa comodo. Per Aldo Grasso, sovrano della critica televisiva, editorialista del Corriere della Sera, “da dieci anni, queste due figure, hanno
ucciso la linea editoriale delle reti e l’hanno sostituita con la loro linea personale. Lo hanno fatto con la complicità, e il sollievo, degli amministratori delegati, dei capistruttura, degli editori, che gli hanno delegato la facoltà di pensare. Le trasmissioni se le inventano Caschetto e Presta, i volti li impongono Caschetto e Presta, gli ospiti li suggeriscono Caschetto e Presta. Qui, siamo ben oltre l’amichettismo. Siamo in presenza di due organizzazioni, due società, due clan. Per certi versi fanno paura. Uno ne fa un po’ di più”.
Anche quest’anno tutto quello che vedrete, dove lo vedrete, compreso quello che l’anno prossimo non vedrete, viene stabilito da due uomini, due rivali, due agenti, due procuratori, due manager, due produttori. Sono due modi di stare al mondo. Due caratteri e due storie. Due geografie. Sono perfettamente opposti. Presta, cosentino, sessantatré anni; Caschetto, bolognese, sessantasei anni. Uno, Caschetto, è riservato, l’altro, Presta, indomabile. Presta ha danzato per Renato Zero ed è stato il primo ballerino del varietà “Fantastico”. Caschetto ha lavorato come funzionario regionale in Emilia-romagna e prima ancora come bracciante agricolo: scaricava casse di cipolle. Presta ha studiato dai salesiani, a La Spezia, mentre Caschetto si è formato con i sindacalisti della Cgil. Caschetto porta i Ray Ban, anche di notte, per non farsi vedere. Presta, non riesce a tacere. Uno, Presta, usa i social ogni giorno, Caschetto non ha neppure Whatsapp. Presta, ha simpatie a destra, ex socio di Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura di FDI. Caschetto è stato capo di gabinetto di un assessore del Pci, Alfredo Sandri. Presta ha pure scritto un libro sulla sua vita, mentre Caschetto ha rilasciato tre interviste in trent’anni e pensa che siano troppe. Il loro talento è vendere il talento, il talento produce ascolti, gli ascolti generano contratti. Sui contratti di artisti, conduttori, giornalisti, attori, Presta e Caschetto percepiscono tra il 10 e il 15 per cento. E’ la forbice condivisa. In questo concordano. Un conduttore rappresentato da Presta: “Scrivi 15 per cento”. Un produttore televisivo rivale di Presta e Caschetto: “Tutti e due mentono sempre”.
Nessuno conosce il vero numero di artisti che Presta e Caschetto hanno sotto contratto, neppure gli artisti che con loro hanno stipulato un contratto. Un giornalista rappresentato da Caschetto: “Si sa che gli artisti di punta di Presta sono Paolo Bonolis, Roberto Benigni, Checco Zalone, mentre quelli di Caschetto sono Fabio Fazio, Maurizio Crozza, Lilli Gruber, ma si tratta in realtà di un esercito incalcolabile. L’esercito non conosce gli altri soldati e non chiede al generale quante siano le divisioni. L’esercito fa quello che consiglia il generale”. Il “Generale”? Chi è il generale? “Vannacci è una pippa. C’è un solo generale. Il nostro”. Il “nostro”? “E’ Caschetto. Se domani Caschetto ordinasse lo sciopero dei “caschettiani” si paralizzerebbe un’intera industria, un settore, un comparto. Non c’è solo la televisione. Sono mondi intrecciati. Televisione, editoria, giornalismo, teatro, cinema. Caschetto è anche produttore di spettacoli, pellicole. E’ stato candidato come miglior produttore ai David di Donatello. “Il Traditore” di Marco Bellocchio è un film di Caschetto girato da Bellocchio. Fanno riferimento a Caschetto registi, sceneggiatori, produttori, attori, autori. Caschetto è un punto di pil”. Le ultime visure camerali, delle loro rispettive società, estrapolate dai giornali finanziari, registravano questi fatturati: Arcobaleno 3 di Presta, 10 milioni di Euro; Itc 2000 di Caschetto, 5 milioni e mezzo. Ma Caschetto possiede anche la Ibc movie. Oltre ai film di Bellocchio, l’ultimo, “Rapito”, ha prodotto “Martin Eden” e la serie tv “Imma Tataranni”. Il patrimonio di Caschetto sarebbe stato stimato in oltre 40 milioni di euro.
Lui, Caschetto, agli amici: “Falso. Mi sono solo costruito delle punte di benessere. E’ quel benessere che ti permette di fare operare tuo padre d’urgenza anziché attendere sei mesi in un ospedale pubblico. E’ il benessere che ti permette di non temere le avversità, di superare le sfortune”.
Al momento, secondo gli esperti di televisione, Caschetto e Presta controllano, attraverso i loro artisti, rispettivamente, uno, Presta, le due grandi reti generaliste (Rai1 e Canale 5); l’altro, Caschetto, La 7 e Discovery e le minori della Rai, Rai 2 e Rai 3. Quando i giornalisti hanno provato a chiedere a entrambi quale fosse il loro mestiere, Presta ha risposto: “Io sono un maggiordomo di alto livello. Sulla mia carta d’identità non posso neppure scrivere agente. Il mio mestiere non esiste. La mediazione tra uomini è vietata”. Caschetto ha ricordato: “Mio padre non ha mai saputo rispondere che mestiere facessi”. Viene attribuita a Caschetto la più grande operazione editoriale, e televisiva, di questa stagione, vale a dire la “ricollocazione” di Tele Kabul, Rai3: Fabio Fazio, Luciana Littizzetto a Discovery e Massimo Gramellini da Rai 3 a La7. Sempre Aldo Grasso: “Discovery si può definire a tutti gli effetti un’invenzione di Caschetto”. Prima di Discovery era stata attribuita a Caschetto pure la “riconversione” di La7, rete d’informazione di Urbano Cairo. E’ l’editore che possiede anche il Corriere della Sera, uno dei pochi giornali a cui Caschetto ha rilasciato l’ultima delle sue tre interviste. E’ datata 16 aprile 2023. Raccontava in quell’occasione di aver venduto una sola campagna pubblicitaria per “cinque milioni di euro”. Il direttore di La7, Andrea Salerno sarebbe uno dei pochi amici di Caschetto che, a sua volta, sarebbe amico di Walter Veltroni, editorialista, pure lui, del Corriere della Sera. Il produttore televisivo rivale di entrambi dice: “Non è vero. Per due motivi. Caschetto non è amico di nessuno. Caschetto, tutt’al più, ha dei rapporti di lavoro. Caschetto non ha bisogno di parlare con Salerno dato che Cairo parla con Caschetto. Cairo è l’unico editore, padrone, che è riuscito a tenere testa agli agenti. E’ la prova che sia Presta sia Caschetto sono la risorsa, l’attenuante, dei mediocri”. Uno, Presta, va alle feste e soggiorna in Africa da Flavio Briatore. L’altro, Caschetto, si è sempre fatto vanto di non andare alle feste perché, come gli ha insegnato Bibi Ballandi, il maestro di Caschetto, l’uomo con cui Caschetto ha iniziato questa carriera, lo storico produttore bolognese di Fiorello e Celentano, “alle feste ti chiedono favori. Le cose poi sono due: o quel favore non lo puoi fare, e la cosa è insopportabile, oppure quel favore lo puoi fare, e la cosa è comunque insopportabile”.
Caschetto ha preso da Ballandi quell’aria da prete con il baffone, ma Caschetto, lo sanno tutti, è di sinistra. Da quando ha 19 anni non si è mai tolto i baffi. A 18 aveva già una figlia. Era così giovane che la patria potestà era stata affidata al padre. Per accompagnarla dal pediatra doveva chiedere il permesso. Il suo leader ideale è stato Pier Luigi Bersani che ha conosciuto e con cui ha lavorato in regione. La sua prima artista è stata Alba Parietti che gli è stata affidata sempre da Ballandi. Con Presta, Caschetto diverge anche sul concetto di amicizia. Per Presta gli artisti “sono amici”, per Caschetto è impossibile perché l’affetto non si può confondere con il lavoro e io, ha sempre dichiarato, “non voglio essere amico dei miei clienti. Il mio compito è farli durare, farli diventare longevi”. E’ originario di Modica, in Sicilia, il paese del barocco e del cioccolato, e infatti pure Caschetto è complesso, barocco, quando parla. Il libro sul suo comodino è “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, l’altro è con la “La faccia per terra” di Piero Chiara. Rilegge spesso l’ultima parte dell’“odissea”, il ritorno a casa di Ulisse e la strage dei proci. A Bologna ha conosciuto il filosofo Stefano Bonaga e Angelo Guglielmi, il critico, il direttore della grande Rai3, l’amico di Arbasino, Pasolini, Manganelli. Un regista: “A Caschetto, più che il denaro, piace l’idea di influenzare, interdire. Ogni anno partecipa al Festival di Cannes. Ha prodotto anche lo spettacolo teatrale di Francesco Piccolo. Beppe non ha un’agenzia. La sua è in realtà la ‘Terrazza’ di Ettore Scola”. Lavora con Caschetto la figlia, la moglie, che non ha nulla a che vedere con il mondo dello spettacolo. C’è chi dice che sia stata un’insegnante. Ma si dice. In verità lavorava nella sanità. Fanno parte della masseria Caschetto, almeno i nomi che si conoscono, Fazio, Littizzetto, Gruber, Floris, Marcuzzi, Formigli, Crozza, Annunziata, Saviano, Cucciari, Telese, Volo, Salvo Sottile, Pif, Bignardi, Virginia Raffaele, Luca e Paolo, Ferilli, Iacona, Neri Marcorè, Enrico Bertolino, Mia Ceran, Caterina Balivo, Ilaria D’amico.
Caschetto è stato il primo a intuire che i giornalisti potessero trasformarsi in divulgatori, surrogare il varietà al tramonto. A chi gli ha rimproverato il potere, Caschetto ha replicato: “Se ho un potere, il mio potere deriva dal rappresentare più di quaranta artisti. Se ho una qualità è quella di saper leggere il contesto”. Prima che la destra di governo afferrasse la Rai, Caschetto aveva compreso che stava per finire un’epoca e aveva iniziato a trattare con Discovery per portare Fazio e Littizzetto, così come, prima ancora, aveva portato Maurizio Crozza da La7 a Discovery e Floris da Rai3 a La7 perché Caschetto, come ha raccontato al Foglio, il giorno della presentazione di Fazio a Discovery, “cerca il vento. Ci sono due modi di superare una boa. Uno è andarvi diritto, contro, l’altro è spostarsi e passarle di fianco. Preferisco il secondo. Io cerco la stabilità per i miei clienti”. Non ha mai parlato di nuovo regime Rai, censura, perché per Caschetto “chi vince decide. Il padrone fa il padrone e l’operaio fa l’operaio. Se all’operaio non sta bene quanto decide il padrone, l’operaio sciopera. Punto”, e dunque lamentarsi non serve, così come non serve la vendetta perché l’alternativa è “o ti uccido o mi metto d’accordo. Io mi metto d’accordo. Gli errori nascono dall’essere massimalista”.
Nel gergo televisivo, come in quello calcistico, si usa, e non a caso, il verbo “portare”. La ragione l’ha spiegata Caschetto: “Molti degli artisti sono fragili, sensibili. Non necessariamente sanno riconoscere cosa è meglio per loro”. Vanno “portati”, ma devono essere anche loro portati, dotati di una preziosa qualità: lasciarsi indirizzare da Caschetto che cerca il “prodotto migliore per loro”. Nello “Spleen di Parigi” il poeta Baudelaire fissava il concetto di porto: “Un porto è un soggiorno affascinante per un’anima provata dalle lotte della vita”. Tutti gli artisti sono per Caschetto e Presta anime in qualche modo “provate” e loro due dei porti. Chi sceglie Presta sa di avere non solo un agente ma, come spiega un artista, “un cane lupo”, pronto a sbranare giornalisti, offenderli, sfidarli, perfino sotto casa. Nella vita, Presta, di cane ne ha avuto uno, uno solo, un pastore tedesco, chiamato Falco, un cane della polizia che serviva come testimonial per una campagna a “Domenica In”. Una volta visto, Presta, se ne è innamorato al punto da ordinare: “Voglio quello”. E’ riuscito a farselo affidare e lo racconta nella sua biografia “Nato con la camicia” edita da Mondadori: “La trafila burocratica per la sua dismissione fu lunga e difficile: moduli da compilare, pareri da acquisire, nullaosta che dovevano essere rilasciati, ma io sono ostinato. Punto diritto all’obiettivo e non mi pento della decisione presa”.
Presta ha bisogno ogni giorno di una sfida, di un nemico: deve andare ad alta velocità. Possiede due Ferrari. Chi sceglie Caschetto intraprende invece un “percorso” e sa di avere al suo fianco un “cane pastore” che ha come metro di vita la segretezza. Caschetto ha come ideale Cuccia, il banchiere Enrico che camminava con lo sguardo basso e che si stringeva le spalle sotto il cappottone-mantello. Da ragazzo, Caschetto voleva fare il mago come Harry Potter. Sparire. Caschetto desidera infatti stare coperto. Viaggia solo in treno dove è facile mescolarsi e confondersi. Una volta, ragionando sul talento con Salvatore Merlo del Foglio, nella sua seconda intervista delle tre che ha rilasciato, la più intima, la definitiva, Caschetto ebbe a dire che “il successo senza talento non dura” e che esiste “anche il talento delle medietà”. Il suo, di talento, lo ha definito così: “Vivo del talento dei miei artisti che a loro volta vivono del mio talento”. A Caschetto non basta avere uno dei suoi artisti valorizzato, ma vuole avere una trasmissione di valore. A Presta non importa “passare alla storia, ma passare alla cassa” e fare passare i suoi artisti alla cassa. C’è un motivo se Presta vuole con insistenza il dominio di Rai1 e Canale 5: sono le reti che guarda la classe media, il sud. Sono le reti che registrano i grandi ascolti che equivalgono a denaro, pubblicità. Presta non ama la nicchia. Non cerca il vento come Caschetto per trovare nuove terre. Presta vuole prendersi tutto il mare. Sono sotto contratto con Presta e la sua società Arcobaleno 3, amministrata dal figlio Niccolò: Benigni, Bonolis, Zalone, Amadeus, Venier, Clerici, Barbara D’urso, Ezio Greggio, Eleonora Daniele, Marco Liorni, Annalisa Bruchi, Simona Ventura. In tanti si chiedono per quale motivo un regista come Benigni abbia scelto un uomo duro, dai modi spicci, a tratti violenti, come Presta. Questa è la risposta di un amico di Benigni: “Anche Eugenio Montale aveva l’ossessione del denaro. Anche i poeti controllano ogni giorno il loro conto in banca. I poeti non hanno paura di perdere la poesia, ma l’agiatezza. La vita di Benigni è bella perché Presta gliela rende facile”.
I massari dell’antenna, come i proprietari delle masserie pugliesi, coccolano i loro clienti, mettono a cottura i contratti, sbucciano i direttori generali della Rai. Ma è vero anche quanto ha detto Caschetto: “Chiedo un appuntamento, vengo ricevuto. Non minaccio. Io chiedo. L’appuntamento mi viene accordato”. E’ sempre andata così. Con il governo gialloverde sembrava invincibile Presta, con quello giallorosso era risalito Caschetto. Oggi, Presta, in Rai, rappresenta Nunzia De Girolamo, che è amica di Meloni, la conduttrice che ha ottenuto la prima serata di Rai3, quella di Bianca Berlinguer. Caschetto può contare sulla simpatia, intellettuale, del dg Rai, Giampaolo Rossi, l’uomo che si occupa di televisione per conto della premier, e che Caschetto ha difeso: “Quando Rossi scrive che la vecchia idea di Rai, la televisione divisa per colori politici, è una realtà superata dalla riforma dei generi, dice la verità”. Rossi pensa di Caschetto che sia “una delle persone più acute che si occupano di televisione”. Le azioni di Presta sono al momento più elevate grazie al Festival di Sanremo (lo coproduce) che è condotto da Amadeus, cliente di Presta, il solo agente capace di “portare” Benigni, se vuole, pure alla Balera dell’ortica. Portare. Tutto si tiene. E mantiene. Politica, spettacolo, giornalismo. L’arrivo di Benigni, allo scorso Festival di Sanremo, ha reso possibile la visita di Sergio Mattarella, venuto a omaggiare la canzone italiana e un grande italiano. Allo scorso Festival, dunque, Benigni ha recitato, Mattarella ha applaudito, Amadeus presentato. Nei camerini, a controllare il buon esito, c’era Presta. Portare. Viene anche chiamata la “logica del pacchetto”. Quando Presta e Caschetto trattano l’ingaggio di un artista non propongono mai un solo artista, ma portano un bouquet. Racconta un capostruttura Rai: “Il sistema è oliato. Per ogni campione che ci offrono ci dobbiamo prendere anche tre loro conduttori scamorza. Ed è giusto così”. E per Giovanni Minoli, che è il Canone Occidentale della televisione pubblica e del bel giornalismo, a Presta e Caschetto bisogna perfino dire grazie: “La verità è che due come loro la Rai li avrebbe dovuti assumere. La verità è che Caschetto e Presta hanno compreso, prima di altri, che la Rai sarebbe diventata una televisione che esternalizzava, che avrebbe sempre più prodotto, e pensato, all’esterno. Presta e Caschetto sono la superfetazione di un sistema andato a male”. Ovviamente, la “logica del pacchetto”, per Caschetto, non esiste “perché se quello che offro non funziona, prima o poi me lo restituiscono. Chi vince è sempre chi sbaglia poco”.
Prima di loro, come dice Aldo Grasso, gli agenti non si chiamavano agenti, ma impresari: “Erano impresari Remigio Paone, il patron del Festivalbar, Vittorio Salvetti, Adriano Aragozzini. Ma erano un’altra cosa”. Ogni anno, a fine estate, proprio come nel calcio, con i procuratori, c’è un momento in cui i nomi di Presta e Caschetto cominciano a circolare con maggiore intensità. Quello è il segnale. Significa che un vip sta per cambiare rete, che un altro sta per perdere la trasmissione e finire in una clinica. Quando Myrta Merlino, dopo anni di “Aria che tira”, su La7, ha capito che il suo ciclo era finito, Presta, che è il suo agente, si è mosso per “portarla” prima in Rai, inutilmente, e poi a Mediaset, dove è andata, perché, come premette Presta, “io non sono uno che vende spazzole”. Sono i direttori di rete, gli ad, che, al massimo, acquistano spazzole. Merlino prenderà il testimone di Barbara D’urso che fa parte, pure lei, della masseria Presta, dopo anni di furiosi litigi con Presta. Non appena Mediaset ha comunicato a D’urso che sarebbe stata allontanata dal suo storico programma, Presta ha preparato la vendetta. Vendicarsi è uno sport che Presta pratica con rigore quotidiano come il sollevamento pesi. Oggi il suo peso è di quasi un quintale, ma da ragazzo lo chiamavano “Fogliolina”: un metro e novanta e 64 chili. Giocava mezz’ala. La madre è morta di parto. Il suo. Lo hanno cresciuto le sorelle. Il padre, Michele, affrescava chiese, ed è come se gli avesse sempre rimproverato di essere sopravvissuto alla morte della compagna: “Mio padre non ha saputo farmi da guida, non ha saputo proteggermi dalla solitudine”. Presta ha trascorso la sua adolescenza nei collegi salesiani, in Liguria e Campania, da cui veniva regolarmente cacciato. Quando ha scoperto di avere la vocazione del ballo, il padre lo ha salutato con queste parole: “Tornerai un giorno a chiedermi l’elemosina”. Il giorno in cui doveva partire per il suo terzo viaggio di nozze, con Paola Perego, conduttrice tv, ricevette una telefonata della sorella: “Papà sta morendo”. Presta si precipitò a Cosenza. Arrivato al capezzale, il padre si limitò a dire: “Sono suo padre, non ha fatto nulla di speciale”. Il padre di Presta ricorda Nick Molise, quello di John Fante ne “La Confraternita dell’uva” e Presta il figlio di successo che torna per accarezzarlo l’ultima volta, per costruirci insieme una casa di mattoni. Il vero padre di Presta è stato un altro, don Bruno, un prete a cui è venuta a mancare la vocazione del sacerdozio. La vita di Presta è tutta una sottrazione. La madre, l’affetto del padre, la vista. A Presta manca la vista dall’occhio sinistro per un banale incidente. Era adolescente quando a Potame, mille metri d’altezza, in provincia di Cosenza, il “suo luogo del cuore”, “la vita mi ha dato la sua prima lezione”. Montava a cavallo e afferrò una canna. La canna si conficcò all’interno dell’occhio sinistro. Presta venne operato e rimase venti giorni al buio. In ospedale lo accompagnarono dei vicini di casa. Il dirigente Rai che, al buio, ha scommesso su di lui è stato Mario Maffucci. Gli propose di formare il corpo di ballo di “Fantastico”. La vera fortuna l’ha invece ereditata da Vincenzo Ratti, impresario, il primo agente di Benigni, che resta la pepita di Presta. L’altra pepita è Bonolis che Presta ha agganciato grazie all’intuizione della sua seconda moglie, Emanuela, quando Bonolis conduceva allora “Bim Bum Bam”. Sono stati i salesiani che gli hanno permesso di scalare la televisione. Ratti, come Presta, aveva studiato dai salesiani. Da qui l’intesa. Si sono in pratica piaciuti grazie a un “Padre nostro”, ed è la prova, ancora una volta, che le opportunità nascono per un banale ricordo comune, un paese condiviso, lo stesso libro tenuto nello scaffale. A Ratti, Presta riportò, guadagnandosi l’assunzione, una giovane Heather Parisi, ballerina che aveva abbandonato l’agenzia di Ratti. Presta ha litigato anche con Heather Parisi. Esiste un libro nero di Presta, questo non pubblicato, fitto di nemici, ex amici, ed è più lungo del catalogo delle navi dell’illiade. Gianmarco Mazzi, che è stato suo socio, dicono che oggi sia per Presta un “traditore”. All’ultimo Sanremo, dopo la polemica sul caso Fedez, Mazzi ha dichiarato che dall’anno prossimo il Festival va interamente ripensato. Era il Festival che avevano pensato Mazzi e Presta insieme.
Ogni mattino, quando Presta si sveglia, apre Twitter e scrive: “Buongiorno a tutti, meno uno”. I giornalisti che hanno avuto modo di intervistare Presta gli hanno chiesto chi sia il “meno uno”, ma non lo hanno mai saputo. Negli anni si sono scatenate le congetture. Queste le ipotesi: Antonio Ricci, lo stesso Aldo Grasso, la giornalista Concita De Gregorio, Massimo Giletti, Fiorenza Sarzanini. In ordine. Di Ricci, Presta ha detto che è la “malattia delle televisione”. Grasso si è macchiato di qualcosa di indicibile. Più volte, nella sua rubrica sul Corriere, si è permesso di criticare la conduttrice Paola Perego, moglie di Presta. Su Twitter, Presta lo ha definito “coglione”. De Gregorio ha osato, su Repubblica, scrivere un giorno che, Presta, a Sanremo, andasse in giro con la pistola. Si è sempre giustificato dicendo che ha subito furti. Presta ha il porto d’armi. Con Giletti è finita in tribunale, ma poteva finire peggio. Giletti aveva criticato sia Perego sia Bonolis. Nel 2005, Presta lo incontra a Roma e gli spiega che “gli uomini le cose le risolvono tra di loro, i quaquaraquà in altra maniera”. E’ un uomo d’aspromonte, aspro. La filosofia di Presta è quella del taglione: “Un direttore di rete deve pensarci più volte se vuole farmi male. Se oggi lui fa male a me, io domani faccio male a lui”. La regola si applica anche ai direttori di giornale: “Prima o poi avrò una notizia importante e la darò a uno di un altro quotidiano, per vendicarmi”, perché “prima mi vendico e poi perdono”. L’ultima prova l’ha data il 5 luglio scorso. Per ristabilire “l’onore”, ferito, di Barbara D’urso, defenestrata da Pier Silvio Berlusconi, Presta fa uscire, il giorno della presentazione dei palinsesti di Mediaset, un’intervista di D’urso contro Berlusconi. Titolo: “Il trash mi veniva chiesto”. L’intervista non doveva solo rovinare la festa a Mediaset, ma servire come ammonimento a un’altra testata e un’altra giornalista. Si racconta, e chi lo racconta è informato, che la scelta del quotidiano, la Repubblica, servisse a dare una lezione al Corriere della Sera e alla sua vicedirettrice, Sarzanini. L’ostilità contro Sarzanini è pubblica, sui social di Presta, come la sua opinione sui giornali: “Per me, i giornali sono carta igienica”. Il fastidio contro il Corriere è esploso recentemente. Il 30 luglio del 2021, sul Corriere della Sera, a firma Sarzanini, viene pubblicata la notizia che Renzi, Lucio Presta e il figlio Niccolò, sono sotto indagine per finanziamento illecito dalla procura di Roma. L’indagine, archiviata, riguardava il documentario “Firenze come me”, prodotto da Presta e mandato in onda su Discovery. Dal giorno della pubblicazione della notizia, Presta mangia pane e rancore. Come i meridionali di terra non riesce a nascondere i sentimenti. Una notizia, anche se piccola, innocua, che non è gradita, per lui è una calunnia. Una critica televisiva ostile è una coltellata. Negli anni è stato scritto che Presta fosse vicino a Forza Italia, An. Presta: “Non è vero”. Tiene nel suo studio una foto di lui ricevuto da Giorgio Napolitano. Nel 2016, Presta stava per candidarsi a sindaco di Cosenza con il centrosinistra. La candidatura alla fine è saltata come saltano a volte le trattative televisive. Prima di lasciare lo storico programma “Forum”, di cui Rita Dalla Chiesa era stata il volto, Presta, suo agente, stava per “portarla” a La7. Improvvisamente la trattativa con La7 e Cairo naufraga. Rita Dalla Chiesa si trova senza trasmissione, senza contratto, né a Mediaset, né a La7. Fuori da tutto. Oggi è una parlamentare di FI. Nel mondo di Caschetto e Presta, questi fenomeni, sono chiamati “danni collaterali”.
Delle trattative fallite per colpa dell’agente non si parla mai. Danni collaterali. Molte carriere si sono frantumate solo perché un agente aveva digerito male. Ci sono artisti che hanno rinunciato a cambiare rete perché, lì dove desideravano traslocare, “Beppe ha già un nome forte e io non posso mettermi contro. E’ fuoco amico”. Caschetto si rammarica invece, e ancora, delle trattative che i suoi artisti gli hanno fatto fallire. Alba Parietti si rifiutò, ad esempio, di studiare l’inglese per girare la parte di Bond Girl in uno 007. Valeria Marini litigò con il grande fotografo Helmut Newton. Non si sa chi l’abbia diffusa, ma per un momento è circolata la voce che Caschetto possedesse una “Maserati Levante”. Lui, al suo barista: “Una leggenda, come tante altre leggende, ma le leggende attribuite non si smentiscono. A che serve se è una leggenda?”. Una leggenda era senza dubbio il nonno materno di Caschetto, partigiano, e suo padre, carabiniere a riposo. Si chiamava Carmelo e si sono ritrovati, riconciliati, dopo anni di lontananza, perché, ha rivelato Caschetto, “essere figlio di mio padre era difficile. Gli proposi di ricominciare e abbiamo ricominciato”. La madre si chiamava Liliana ed è scomparsa durante il Covid. Il più grande lusso che Caschetto si è concesso è stata la casa con giardino. Si è concesso “una punta di benessere”, come si concede la pesca da fiume o il cinema. Il film che rivede è “Ombre rosse” di Ford ed è una pellicola magnifica per Presta, uno che vive, al contrario di Caschetto, come un apache, romanticamente, come un accerchiato. Caschetto ha sempre detto che Presta è cortese con lui, Presta non ha mai insultato Caschetto. Presta e Caschetto si sono sempre portati rispetto, loro che hanno bisogno, per sopravvivere, di farsi “rispettare”. Solo parlando di Caschetto, Presta riesce a essere cavalleresco e Caschetto, solo grazie a Presta, che gli si contrappone, riesce a essere qualcosa di più di un agente. Da dieci anni servono uno all’altro come alla radio serve la televisione, al teatro serve il cinema, alla carta stampata il digitale. Se si toglie una parte, cade l’intero sistema. Si sono presi la televisione uno, Presta, tirando calci, l’altro, Caschetto, parandoli. Se la sono presa grazie all’imbarazzante vuoto, un vuoto di potere, di buona scrittura, di intuizioni. In fin dei conti si meritano il denaro, il blasone, il potere. Dietro ogni fortuna, spesso, non c’è un crimine, ma solo un tonto che quella fortuna l’ha dilapidata, lasciata scippare. Non si contano i manager, i direttori di rete che, in questi anni, ha cambiato la Rai. Presta e Caschetto hanno visto passare, e invecchiare, talenti, sbocciarne di nuovi. A quelli finiti hanno promesso: “Ti riporto alla vita io”. A quelli in erba: “Ti allungherò la vita io”. Nessuno come loro conosce le verruche di piccole star capricciose e sopravvalutate, nessuno come loro conosce i tormenti dei geni. Da dieci anni ormai, Presta e Caschetto, si riconcorrono. Sono gli avversari come li ha immaginati Joseph Conrad nel suo racconto “I duellanti”. E’ la storia di due soldati che si sfidano per un’intera esistenza. Uno era il tenente Feraud, il meridionale, impetuoso, napoleonico, l’altro era il tenente D’hubert, aristocratico, nordico, taciturno. Entrambi non riuscivano a fare a meno della lotta, come Presta e Caschetto non riescono a fare a meno di fare scherma con i direttori di rete e con il loro stesso tempo che passa. Un bracciante e un ballerino hanno il più stupido e ingenuo, desiderato dei poteri. E’ un potere che supera perfino quello di un presidente del Consiglio. Basta farsi un giro ancora nei mercati, in un ufficio postale. Nel 2023 il più grande augurio che l’italiano formula resta questo: “Un giorno la vedremo in televisione”. E’ come sentirsi Dio. Ogni notte, prima di andare a letto, Caschetto e Presta non spengono il telecomando, ma le luci della Cappella Sistina.

Fonte: Il Foglio