Gli agenti della Squadra mobile della Questura nelle prime ore di questa mattina, hanno dato esecuzione all’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale dell’Aquila, a seguito di un’articolata indagine coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia sempre del capoluogo di regione ha applicato 30 misure cautelari per i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e per i reati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti ed in particolare: 26 misure cautelari in carcere; 3 misure agli arresti domiciliari; -1 misura dell’obbligo di dimora. L’attività di indagine, svolta, nell’arco temporale novembre 2022- giugno 2024, dalla Sezione Antidroga della Squadra Mobile di L’Aquila e dalla Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo di L’Aquila e con il supporto dello S.C.O. di Roma e corroborata da attività di intercettazione telefonica ed ambientale ha permesso di accertare come L’Aquila fosse la base logistica ed operativa di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina composta da 28 persone che presentano una comunanza di luoghi di origine (Albania, Italia e Macedonia) ed alcuni vincoli parentali tra loro. Contestualmente è stata eseguita una perquisizione delegata dall’Autorità giudiziaria a carico di altri 12 indagati per i reati di detenzione e/o cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina con il ruolo di pusher del gruppo criminale. Le attività investigative, a seguito delle quali sono state, complessivamente indagate 42 persone, hanno consentito di accertare come tale organizzazione criminale operante prevalentemente in Abruzzo e anche nel Lazio, era in grado di gestire e commercializzare apprezzabili quantitativi di cocaina con un portafoglio clienti di circa 650 persone e con un movimento d’affari considerevole che si stima intorno a 1 milione e 966 mila euro. La capillare attività di ricostruzione, ricerca ed approfondimento ha permesso agli investigatori di documentare come l’associazione per delinquere fosse caratterizzata da una chiara ripartizione di ruoli e di compiti tra gli associati; da una gerarchia interna definita; dalla stabilità del vincolo in ragione della sussistenza di rapporti di parentela e di comunanza di origine tra gli associati; da basi logistiche comuni; dalla disponibilità di numerose autovetture nella maggior parte dei casi intestate a soggetti ‘terzi’ ed utilizzate all’occorrenza dagli associati che ne avevano bisogno per realizzare una cessione o dai vertici per gli approvvigionamenti. Le indagini hanno permesso di appurare come il sodalizio abbia dato prova di essere organizzato in modo da riuscire a mutare i luoghi e le modalità di spaccio per eludere i controlli delle forze dell’ordine optando per consegnare a domicilio in luoghi specifici convenuti con i cessionari tutti individuati dagli investigatori nel corso delle attività di indagine. Tre le piazze di spaccio accertate tra le quali il Parco del Castello, nel cuore del capoluogo. Nel ultimo covo dell’associazione, e luogo di dimora di uno dei capi dell’organizzazione criminale, ubicato alla periferia dell’Aquila, venivano fatti confluire i quantitativi di stupefacente che veniva preparato per il successivo spaccio. Dall’attività tecnica, è anche emerso come al momento dell’ingresso nell’associazione, veniva stipulato ‘un contratto a tempo indeterminato’. Era poi il pusher a scegliere se essere retribuito a ‘cottimo’ ossia a dose venduta o ‘a tempo’ ossia in base al numero di ore di lavoro effettuate. L’associazione, verticisticamente organizzata, ha previsto al vertice tre soggetti, di nazionalità albanese, macedone ed ucraina, che si occupavano dell’approvvigionamento della sostanza stupefacente e dettavano le direttive e gli ordini ai sodali per la gestione dell’attività di spaccio riscuotendone tutti i proventi; al livello intermedio 9 affiliati che prendevano parte alla ‘riunioni’ strategiche del livello apicale ed, infine, 14 soggetti con il ruolo di pusher. (AGI)