di Augusto Lucchese
L’ingordo fisco incassa annualmente, dalle raffinerie e dalle industrie petrolchimiche ubicate nel territorio siciliano, parecchi miliardi di EURO (migliaia di miliardi di vecchie lire) a titolo di proventi doganali, imposte di fabbricazione e diritti vari. Trattasi, chiaramente, di cifre oltremodo ragguardevoli (ad oggi, dal solo polo petrolchimico di Siracusa, Augusta, Priolo Melilli lo Stato incassa 2,5 milioni di euro).
Tali industrie sono sorte, in gran parte negli anni ’50 / ’60, seguendo il diffuso andazzo epocale squisitamente speculativo, mercé il beneplacito di un certo settore dominante della classe politica d’allora. Demagoghi che, dimentichi delle radici storiche e antropologiche (Come non ricordare Marc Auge’ quando affermava che “l’antropologia riguarda città e campagne, colonizzatori e colonizzati, ricchi e poveri, indigeni e immigrati, uomini e donne; e ancor più, di tutto ciò che li unisce e li contrappone nei territori, di tutto ciò che li collega e degli effetti indotti da questi modi di integrazione”) dell’Isola di Trinacria, della dignità civica di comunità e luoghi, delle aspirazioni isolane ad un migliore avvenire – dopo secoli di oppressione e di malgoverno – ebbero a vendere ad una masnada di affaristi privi di scrupoli – come suole dirsi per una “manciata di lenticchie” – diverse rinomate e fiorenti siti del sacro territorio siciliano.
I pericolosi insediamenti industriali si sono sviluppati con una rapidità fuori dal comune, senza che nei loro confronti fosse stato mai messo in atto un effettivo e attento controllo di merito circa le conseguenze ecologiche e sanitarie che ben prevedibilmente avrebbero apportato al territorio.
È risaputo, oltre tutto, che dette industrie, direttamente o attraverso i gruppi azionari di riferimento, qundo non si tratti di gruppi multinazionali, sono quasi tutte domiciliate fiscalmente a Milano, Torino, Genova. Qualcuna a Roma. I cospicui profitti, dedotti i più o meno attendibili “oneri detraibili”, risultano dichiarati, quindi, in una sede fiscale diversa da quella ove materialmente operano i relativi stabilimenti, cioè la Sicilia. Si è consumato, in tal modo, un ulteriore truffaldino inganno in danno dell’Isola. È chiaro quindi che la Sicilia procura al fisco un immenso beneficio, mentre ai siciliani, stringi stringi, rimangono solo le briciole.
In cambio, però, parecchie preziose zone dell’Isola hanno ricevuto un grosso regalo: disastrosi sconvolgimenti ambientali, pericoloso inquinamento territoriale, atmosferico e marino, elevati rischi per la salute delle popolazioni.
Non è questa la sede idonea a porre in risalto i preoccupanti dati riguardanti l’esponenziale incremento delle malattie oncologiche e respiratorie (spesso terminali) nelle zone di Augusta, Priolo, Milazzo, Gela.
Il trito e ritrito luogo comune del “Nord che assiste il Sud” non è che un’autentica calunnia imbastita a proprio uso e consumo da una certa politica nordista o padana che dir si voglia.
Inequivocabili constatazioni, viceversa, dimostrano che è il Sud a fornire al Nord un notevole apporto, sia attraverso il già citato flusso fiscale che come riflesso del massiccio “consumo” di prodotti “made in nord Italia”.
Senza dire del nefasto “sgretolamento” del settore bancario del Sud Italia (in particolare modo di quello siciliano), silenziosamente attuato da chi, magari dietro le quinte, ha tessuto nel tempo le fila del mondo finanziario e borsistico, nell’ambito della galassia finanziaria del nord Italia.
Nessuno può negare che sull’altare del potere economico-capitalistico multinazionale e del Nord Italia (Esso, Montedison, Erg, Gruppo Moratti, Gruppo Rovelli ecc, ecc. ed oggi Lukoil, Sonatrac e così via) sono state sacrificate alcune delle più belle zone costiere della nostra Isola, rendendo financo irriconoscibili e pressoché invivibili antichissimi siti ricchi di preziosi retaggi storici, archeologici e monumentali. Parecchi complessi industriali hanno agito, di massima, con spregiudicatezza e insaziabile frenesia di profitto, alla stregua di voraci mostri che stritolano e fagocitano ogni cosa.
In definitiva, col cipiglio dei dominatori e irridendo la dignità e la sovranità del popolo siciliano, il potentato economico-industriale del Nord, in maniera più o meno indisturbata e protetta, ha preso possesso di vaste aree del territorio siciliano e vi ha insediate venefiche attività produttive. L’infausto “vento del Nord” s’è abbattuto sull’Isola deturpando spiagge, avvelenando mari e fiumi, danneggiando infrastrutture turistiche e annientando ameni centri abitati litoranei (vedi “Marina di Melilli”).