AGI – Non tutti avrebbero scommesso che dopo la crisi peggiore dalla Seconda Guerra mondiale ci sarebbe stato il maggior rimbalzo della storia dalla notte dei tempi. In realtà l’onda della ripresa post Covid è salita negli Stati Uniti e, dicono gli esperti, è destinata ad arrivare, a breve, in Europa e da qui nel resto del mondo. Il Covid, oltre alla vita, ha messo in freezer anche i risparmi delle persone che ora non aspettano altro di recuperare l’anno e mezzo di chiusure generalizzate. Negli Stati Uniti le imprese sono state costrette ad aumentare i salari perché scarseggia la manodopera.
Per il ministro della Pa, Renato Brunetta, economista di lungo corso, anche in Italia “siamo alla vigilia di un boom. Il rimbalzo, come tasso di crescita del Pil, sarà più vicino al 5% che al 4% previsto. E forse persino qualcosa più del 5%. Il nostro compito, come governo ma vorrei dire come Paese, è allora quello di non sprecare questa occasione unica e irripetibile, accompagnandola con le riforme”, ha detto il ministro recentemente.
L’aria carica di ottimismo l’ha percepita anche il premier Mario Draghi in visita in Emilia-Romagna: “E’ la prima volta che esco da Roma da quando la pandemia si è cominciata ad attenuare, si percepisce sollievo, entusiasmo, una voglia di ricominciare e sprigionare le proprie energie produttive e imprenditoriali, la propria visione del mondo. E’ una cosa che dà conforto”. L’Istat oggi ha confermato che la ripresa si consoliderà nei prossimi mesi mentre il mercato del lavoro ha mostrato segnali di recupero già nei primi quattro mesi del 2021.
“La ripresa economica dell’Ue è dietro l’angolo, poiché l’intera attività economica dovrebbe tornare al livello pre-crisi entro quest’anno e, sebbene vi siano ancora divergenze tra i Paesi, ci aspettiamo che tutte le economie degli Stati membri torneranno ai livelli pre-crisi entro la fine del prossimo anno”, ha aggiunto il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis.
Il Wall Street Journal scriveva in un lungo editoriale che “la ripresa economica degli Stati Uniti è diversa da qualsiasi altra nella storia recente, alimentata da consumatori con migliaia di miliardi di dollari di risparmi, imprese che non aspettano altro di assumere oltre a un enorme sostegno da parte della politica. Le imprese e i lavoratori sono pronti ad uscire dalla crisi con molti meno danni rispetto a quelli che si sono verificati dopo le recenti recessioni, in particolare quella del 2007-09″.
Effettivamente, basta pensare a quanto accaduto in Europa dopo il 2010. A quella crisi, essendo asimmetrica, i ‘falchi’ di Bruxelles risposero con piani ‘lacrime e sangue’ nei confronti dei paesi periferici (Grecia su tutti). Lo scorso anno, di fronte al Covid, la Commissione Ue ha varato il Recovery plan finanziato dagli eurobond (una parola impronunciabile fino a pochi mesi fa nei corridoi delle cancellerie europee) mentre la Bce, da oltre un anno, ha varato il Pepp (Pandemic emergency purchase programme), ovvero il piano di acquisto pandemico di titoli di stato per tenere a bada i tassi di interesse sul debito e la speculazione.
Negli Stati Uniti, prosegue il Wsj, “le nuove imprese stanno spuntando al ritmo più veloce mai registrato. Il debito delle famiglie americane, come quota del reddito al netto delle tasse, è vicino al livello più basso dal 1980”. A Wall Street l’indice Dow Jones è aumentato di quasi il 18% dal suo picco pre-pandemia nel febbraio 2020. I prezzi delle case sono quasi del 14% più alti da oltre un anno. L’economista Allen Sinai recentemente ha affermato: “Non abbiamo mai visto niente di simile: un collasso e poi un boom di queste dimensioni. È senza paralleli storici”.
Probabilmente questa ripresa è anche troppo veloce e sta creando dei problemi. Il principale, lo spettro che si aggira per il mondo, si chiama inflazione. Le carenze dei beni, di materie prime, di manodopera che di solito si vedono alla fine di un periodo di espansione sembrano manifestarsi molto prima. La Fed e con lei molti economisti continuano a ripetere che il rialzo dei prezzi è solo temporaneo. Tuttavia molti stimati analisti non concordano e temono che il fenomeno sarà duraturo.
Quando i lockdown hanno fatto crollare l’economia statunitense e quella del resto del mondo la scorsa primavera, economisti e politici erano certi che ci sarebbero voluti anni prima che i lavoratori e le imprese si riprendessero. Ora, sempre gli stessi economisti, si attendono che le dimensioni della ripresa supereranno i livelli pre-pandemia già in questo trimestre. Gli analisti prevedono che entro la fine del 2021 il Pil raggiungerà i livelli previsti se il Covid non ci fosse mai stato. Per poi superarli, almeno per un certo tempo.
Le conseguenze dalle crisi del 1990/91, del 2001 e del 2007/2009 si sono trascinate, soprattutto per il mercato del lavoro, per molti anni. Oggi è l’esatto contrario. Negli Usa il costo del lavoro nel primi trimestre è aumentato dello 0,9% rispetto al trimestre precedente, l’incremento maggiore dal 2007.
Negli Stati Uniti, ma il fenomeno si comincia a vedere anche in Italia, i ristoranti non riescono a trovare abbastanza personale da soddisfare la domanda. Anche in Europa e in Italia il mercato del lavoro ha avuto un impatto drammatico a causa del coronavirus ma ha toccato principalmente i lavoratori a tempo determinato.
Quali sono le ragioni di tutto questo? Secondo Gail Fosler, economista e presidente di The GailFosler Group, un motivo c’è ed è da cercare nella crisi che ha colpito il mondo nel 2020. Una crisi ‘naturale’ a differenza delle altre, ‘finanziarie’ o ‘industriali’. In altre occasioni è stata colpita la domanda. Questa volta, al contrario, è stata messa in freezer. Come durante un disastro naturale. “La pandemia ha creato uno shock che travolge il concetto stesso di ciclo economico”, ha affermato Fosler.
I disastri naturali interrompono temporaneamente l’attività economica lasciando intatte la domanda e l’offerta di beni e servizi sottostanti. Una volta passato il disastro, l’economia si riprende più velocemente rispetto a una tipica recessione. Uno studio del 2018 sulle dichiarazioni dei redditi dei residenti di New Orleans ha rilevato che dopo il colpo iniziale provocato dall’uragano Katrina, i redditi dei cittadini sono rimbalzati in pochi anni e hanno persino superato quelli dei percettori non colpiti. La caduta e il rimbalzo.
Secondo il Comitato del bilancio federale Usa la risposta fiscale del Congresso alla pandemia di Covid-19 ammonterà a 5.100 miliardi di dollari, ovvero il 4,4% del Pil al 2024. In confronto, la legislazione di stimolo emanata a seguito della recessione del 2007-09 è costata circa 1.800 miliardi di dollari, il 2,4% del Pil tra il 2008 e il 2012. Il risultato è che i redditi delle famiglie sono sostanzialmente aumentati rispetto ai livelli pre-pandemia, specialmente per le famiglie a basso reddito, ha affermato James Knightley, capo economista di Ing.
A far saltare il banco però, come detto, potrebbe essere il rialzo dell’inflazione che potrebbe uccidere la ripresa. E’ questo il timore di molti economisti e che comincia a serpeggiare anche tra i banchieri della Fed che si riunirà a metà mese. Oggi la banca centrale Usa ha annunciato che inizierà, a partire dal 7 giugno, ad alleggerire gradualmente il suo portafoglio di fondi negoziati in borsa (Etf) che investono in obbligazioni societarie. Si tratta del primo segnale di tapering. Il prossimo potrebbe essere una mossa sui tassi, quello che la finanza teme.
Il presidente della Fed di Filadelfia, Patrick Harker, ha ripetuto il mantra (“tassi bassi a lungo”) ma ha accennato, e non è il primo, al fatto che “potrebbe essere il momento di iniziare a pensare alla riduzione dei nostri acquisti mensili di obbligazioni del Tesoro e di titoli garantiti da ipoteca da 120 miliardi di dollari”. E sempre ieri nel Beige Book della Fed c’era scritto che “le pressioni sui prezzi sono aumentate ulteriormente e guardando avanti si prevedono nuove pressioni sui prezzi”.
Source: agi