AGI – Sono attesi fino a 1500 fedeli, si è provveduto a blindare l’intera area, verranno schierati fino 17 mila agenti delle forze di sicurezza, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non ha mancato di compiere il sopralluogo ad uso delle telecamere: l’appuntamento è per domani, per la prima solenne preghiera comune del venerdì da quando Santa Sofia – ufficialmente nota come Santa Moschea della Grande Hagia Sophia – il 10 luglio 2020, con un decreto presidenziale, è stata nuovamente aperta al culto islamico, dopo 85 anni di vita come museo, oltrechè come monumento più visitato e ammirato di Istanbul. Scatenando polemiche in tutto il mondo e provocando il “profondo dolore” di Papa Francesco.
Non solo il capo di Stato e i fedeli stipati nella moschea, non solo le strade tutt’intorno verranno chiuse al traffico, ma intorno al perimetro di Santa Sofia sono riservate vaste aree dedicate al credenti in preghiera. Tanto che le autorità non hanno mancato di raccomandare l’utilizzo delle mascherine e di mantenere la distanza minima. Per l’occasione sono stati assegnati alla ‘nuova’ Santa Sofia tre imam e cinque muezzin. Tra gli imam anche Mehmet Boynukalin, professore di diritto islamico presso l’università Marmara di Istanbul. L’annuncio è stato dato dal capo del direttorato per gli Affari religiosi in Turchia, il mufti Ali Erbas.
Santa Sofia era considerata la più grande e significativa cattedrale della cristianità (cattolica di rito bizantino e poi ortodossa, sede del Patriarcato di Costantinopoli, a eccezione di un breve periodo tra il 1204 e il 1261 quando fu convertito dai crociati sotto l’Impero latino di Costantinopoli a cattedrale cattolica di rito romano), finchè dopo la conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani non fu trasformata in moschea nell’anno 1453 sotto il sultano Mehmet II. Ma fu nel 1934 che il padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk, nel suo fermo processo di “secolarizzazione” del Paese decise la sua trasformazione in museo. Ora, con la preghiera del venerdì, il ritorno ufficiale e definitivo al culto islamico, sotto lo sguardo vigile del presidente Erdogan, apparentemente intento a compiere il percorso inverso a quello di Ataturk 86 anni fa.
Ecco il perchè del “profondo dolore” di Bergoglio, rivolto alla Turchia. Un modo esplicito per far capire quanto il gesto fortemente voluto da Erdogan segni una nuova cesura tra due mondi e due continenti. Non a caso il 30 novembre 2014 Papa Francesco aveva scritto sul libro d’oro delle visite di Santa Sofia, che “ogni sapienza viene dal Signore”. Aveva scelto di lasciar traccia in greco, nei documenti ufficiali di Hagia Sophia: nella lingua degli antichi costruttori della basilica, a significare la particolare affezione delle chiese per quel monumento, laico fino ad oggi, che segna l’unione – avrebbero detto i dotti del Concilio di Firenze – tra Oriente e Occidente.
Santa Sofia è uno dei monumenti più famosi al mondo. La sua imponente struttura centrale mantiene l’impianto originale del 537, anno in cui fu edificata per volere dell’imperatore Giustiniano e della moglie Teodora che desideravano farne la più grande chiesa del mondo. Nel 1453, con la presa di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane guidate dal sultano Mehmet “il conquistatore”, l’Impero romano d’Oriente giunse alla fine e Santa Sofia divento’ una moschea, con l’aggiunta dei 4 minareti e con alcuni cambiamenti realizzati dal grande architetto ottomano Sinan. Il sultano Mehmet ordino’ di preservare i preziosi mosaici, coprendoli invece di distruggerli.
Per quanto riguarda la cronaca dei nostri giorni, il ritorno di Santa Sofia allo status di moschea è entrato nell’agenda politica turca in modo prepotente dopo le settimane di polemiche con la Grecia, che ha attaccato duramente Ankara per la preghiera islamica recitata lo scorso 29 maggio, quando alcuni dei vertici politici e religiosi turchi hanno pregato all’interno della struttura (Erdogan era collegato in video) per celebrare la conquista di quella che diverrà la capitale dell’impero ottomano nei seguenti cinque secoli: Costantinopoli, poi divenuta Istanbul, per tutto il mondo, tranne per la Grecia, che ancora chiama con il vecchio nome la metropoli sul Bosforo. Le vibranti proteste seguite il 29 maggio hanno scatenato la reazione a catena culminata con la decisione odierna del Consiglio di Stato. I media internazionali concordano: quella a cui il mondo assisterà domani è sì una cerimonia religiosa, ma in qualche modo anche una cerimonia di Stato. Proprio quel che vuole Recep Tayyip Erdogan.
Vedi: Domani la prima preghiera del venerdì a Santa Sofia dal ritorno a moschea
Fonte: estero agi