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Diritti dei consumatori disabili: la legge antidiscriminazione non basta

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di Ugo Antinio Troiano

Le leggi antidiscriminazione possono apparire come un modo per garantire il diritto al servizio ai disabili nei paesi che non prevedono norme specifiche. Ma non è così. Perché la prova che la discriminazione sia avvenuta è a carico del consumatore.

Paese che vai, diritto del consumatore che trovi

Si può rifiutare il servizio a un cliente disabile? La domanda sottintende il contrasto tra il diritto di rifiutare il cliente e il diritto del cliente all’avere un servizio per cui è corrisposto il prezzo. Per esempio, nel 2019, a Rachel Hollins, una donna con una disabilità uditiva, è stato negato il suo diritto di essere servita in un fast food dell’Oklahoma, poiché servirla avrebbe richiesto troppo tempo in un momento del giorno particolarmente affollato.

Nel mondo vi sono diverse visioni riguardo alla libertà di rifiutare clienti paganti. I paesi anglosassoni tipicamente non dispongono di una legge che obblighi i negozi al dettaglio ad accettare ogni cliente pagante. Una tale normativa è presente in alcuni paesi, in particolare alcuni paesi europei e latinoamericani. Le origini del diritto, siano esse common law o civile, sembrano influenzare la presenza o l’assenza di tale diritto nei codici o nella giurisprudenza.

In alcuni paesi latinoamericani, come Panama (Ley 45 de 31 de Octubre de 2007, articulo 35) e Perù (Código de Protección al Consumidor, artículo 1.1 literal F), la legge sui consumatori protegge il “diritto di scegliere i beni e i servizi preferiti”. L’implicazione naturale è che i dettaglianti in un determinato tempo e luogo non possono rifiutare il godimento di un bene che viene regolarmente pagato. Un esempio specifico è un pasto preparato dal tuo chef preferito nel ristorante vicino: il diritto del consumatore a consumare quel pasto è protetto.

In Italia, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps, Rd 18 giugno 1931, n. 773) stabilisce che un rivenditore non può rifiutare un cliente pagante per alcun motivo. Esistono solo due eccezioni molto specifiche: la vendita di alcol a minori o a persone ubriache.

Nei paesi anglosassoni, come gli Stati Uniti e l’Australia, il diritto dei clienti al servizio è più debole. Negli Usa il “diritto di rifiutare la vendita” è stato invocato, ad esempio, dal giudice Lacombe in una decisione del 1915 (The Great Atlantic and Pacific Tea Co vs. Cream of Wheat Co.). Tuttavia, il Civil Rights Act del 1964 ha posto la disabilità, insieme ad altre categorie protette, come un’eccezione al diritto di rifiutare il cliente. In Australia, le leggi commerciali garantiscono il diritto di rifiutare un cliente, con l’unica eccezione delle violazioni delle leggi antidiscriminazione.

Le leggi antidiscriminazione sono sufficienti?

Gary Becker, premio Nobel per l’economia, in un famoso saggio ha scritto che la discriminazione non è efficiente. Secondo Becker, la discriminazione non sopravvive in un equilibrio economico, perché è equivalente a una restrizione delle opzioni. Meno opzioni ci sono, peggiori sono i risultati economici. Sebbene interessante e certamente appropriata per la maggior parte delle situazioni, questa visione potrebbe essere troppo ottimistica quando si guarda il mondo dalla prospettiva di un cliente svantaggiato, come uno disabile. Servire una cliente con gravi problemi di udito è effettivamente più costoso. La discriminazione nei confronti dei disabili si basa sulla loro minore capacità in alcune dimensioni: tecnicamente, è efficiente. Ma non è equa.

La particolare criticità dei clienti disabili è il motivo per cui in questo articolo mi focalizzo su di loro, invece che su altre categorie protette dalle leggi antidiscriminazione, come il genere o la razza.

Le leggi antidiscriminazione sono quindi un modo per garantire il diritto al servizio ai disabili nei paesi di common law come l’Australia e gli Stati Uniti. Si potrebbe concludere che se vengono applicate rigorosamente, anche nei paesi anglosassoni un cliente disabile non può essere rifiutato. Sarebbe giusto concludere che le leggi antidiscriminazione possono costruire un ponte tra la “visione mediterranea e post-mediterranea” e la “visione anglosassone”? In un certo senso, se le leggi sulla discriminazione vengono applicate, si può dire che le due diverse visioni del mondo, riguardo al servizio, sono più vicine di quanto sembri. La mia conclusione è: no. L’applicazione delle leggi antidiscriminazione non è sempre rapida.

L’applicazione delle leggi antidiscriminazione richiede una denuncia formale all’autorità garante delle antidiscriminazioni statunitense (o australiana) e la raccolta di prove che la discriminazione sia avvenuta, e che quindi il rifiuto al servizio dipenda dalla disabilità e non da altri motivi. Al contrario, esigere il servizio nei paesi con una legge chiara che garantisca questo diritto consente di non avere l’onere della prova della discriminazione.

Fonte: La Voce