Opera di G. Galilei, pubblicata a Firenze nel 1632, causa del processo per eresia intentato contro lo scienziato pisano conclusosi, nel 1633, con l’abiura e la condanna al carcere (poi domicilio coatto). Il dialogo si svolge tra Simplicio, Salviati e Sagredo che sono rispettivamente i sostenitori delle tesi peripatetiche, copernicane e di «messer buon senso». In esso Galilei tenta di dimostrare la verità fisica del sistema copernicano, contro quello aristotelico-tolemaico, definendo la struttura del mondo e del reale sulla base dell’esperienza e dei modelli matematici («sensate esperienze» e «certe dimostrazioni»). La meccanica, celeste e terrestre, viene trattata in base a procedimenti strettamente matematici e geometrici, eliminando le implicazioni della fisica delle qualità, delle virtù occulte o dei processi di simpatia e attrazione qualitative.