Inaugurato il Circular Tour nei mercati 2022 di Coldiretti promosso con Eni, sui temi del riciclo, del non spreco e della trasformazione degli scarti alimentare in energia
AGI – Con la carenza di materie prime si riscopre il valore dell’economia circolare che sale a circa 100 miliardi di euro in Italia grazie alla crescita delle attività green che vanno dall’uso degli scarti per la produzione di oggetti alla condivisione di beni e servizi, dalla riparazione dei prodotti domestici al trattamento dei rifiuti, dalla raccolta differenziata fino alla produzione di biogas agricolo.
È quanto emerge dall’analisi Coldiretti in occasione del Circular Tour promosso con Eni che da Roma in via San Teodoro 74 a tutta Italia (il programma www.campagnamica.it) in un percorso sui i temi del riciclo, del non spreco e della trasformazione degli scarti alimentare in energia.
L’economia circolare mette infatti a disposizione diversi strumenti per difendere il potere d’acquisto delle famiglie, a partire – spiega Coldiretti – dalla riduzione degli sprechi.
Se da un lato in Italia in media nella spazzatura finiscono quasi 31 chili all’anno di prodotti alimentari a persona per un valore complessivo di quasi 7,4 miliardi euro dall’altro gli italiani sono diventati più sensibili agli sprechi, con ben il 94% attento a evitare di buttare nella spazzatura il cibo che acquista secondo Coldiretti/Censis.
Il cibo che resta dopo pranzi e cene rappresenta una fetta rilevante degli sprechi alimentari che possono essere combattuti con la riscoperta dei piatti che valorizzano gli avanzi.
Sono così tornati i piatti del giorno dopo come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille e macedonia. Ricette che non sono solo una ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi, ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta.
Ma contro i rincari nel carrello della spesa oltre 4 italiani su 10 (44%) si difendono anche coltivando in proprio frutta e verdura a chilometri zero in giardini, terrazzi, orti urbani e piccoli appezzamenti di terreno per garantirsi cibo in una situazione di grande difficoltà e incertezza secondo l’indagine Coldiretti/Ixè.
Accanto a chi coltiva gli spazi su balconi e terrazzi ci sono anche 1,2 milioni di italiani che hanno a disposizione almeno un ettaro di terreno a uso familiare.
Si tratta in larga maggioranza di famiglie che hanno ereditato aziende o pezzi di terreno da genitori e parenti dei quali hanno voluto mantenere la proprietà per esercitarsi nel ruolo di coltivatori e allevatori, piuttosto che venderli come accadeva spesso nel passato.
Ma non manca neppure chi ha approfittato dell’opportunità messa a disposizione dagli enti locali che da nord a sud dell’Italia organizzano e affittano veri e propri orti urbani che registrano una crescita del 18,6% in cinque anni superando i 2,11 milioni di metri quadrati secondo l’analisi della Coldiretti sul rapporto Istat sul verde urbano 2021.
Se in passato erano soprattutto i più anziani a dedicarsi alla coltivazione dell’orto, memori spesso di un tempo vissuto in campagna, adesso la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno delle tecniche di coltivazione.
Un bisogno di conoscenza che ha favorito la nascita della nuova figura del tutor dell’orto di Campagna Amica. La promozione di rete energetiche alternative rappresenta uno strumento determinante per contrastare l’aumento dei costi per famiglie e imprese con l’agricoltura che in questo senso ricopre un ruolo strategico.
Partendo, ad esempio, dall’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti è possibile arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare il trasporto pubblico come autobus, camion e navi oltre alle stesse auto dei cittadini.
In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica.
Con lo sviluppo del biometano agricolo Made in Italy “dalla stalla alla strada” è possibile immettere nella rete 6,5 miliardi di metri cubi di gas “verde” da qui al 2030 e arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale, riducendo la dipendenza dall’estero dopo la corsa dei prezzi per effetto della guerra in Ucraina.
Per Coldiretti bisogna semplificare tutte le procedure e tagliare la burocrazia, puntando su bio economia circolare e chimica verde leggera anche per diminuire la dipendenza dalle importazioni di fertilizzanti spesso provenienti da Paesi terzi rispetto all’Ue.
Infatti il processo di produzione del biometano alimentato da scarti e rifiuti delle filiere agroalimentari mette a disposizioni preziosi materiali fertilizzanti, il cosiddetto digestato che contiene elementi quali azoto, fosforo e potassio ideali per i terreni grazie all’apporto di sostanza organica e di elementi nutritivi.
“È importante cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare dotando il Paese di una riserva energetica sostenibile dal fotovoltaico sui tetti al biometano” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’agricoltura italiana è una risorsa strategica per avviare una nuova stagione di sviluppo economico e di lavoro per il Paese comunque è la seconda più ricca di sempre”.
Per quanto riguarda il grano la produzione mondiale per il 2022/23 è in calo a 769 milioni, per effetto anche della riduzione negli Stati Uniti (46,8 milioni), in India (105 milioni) e Ucraina dove il raccolto è stimato pari a 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione mentre in controtendenza sale il raccolto in Russia.
Una situazione che rischia di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali con Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano piu’ del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.