Type to search

Da salotto a paese fantasma C’era una volta Villar Perosa

Share

Le costruzioni della tenuta in ristrutturazione, aziende e negozi che chiudono Il sindaco: «Gli Agnelli portavano gente, soldi e la Juve. Adesso è tutto finito»

ALESSANDRO DELL’ORTO

“Vendesi-affittasi locale commerciale”. “In vendita”. “Si affitta”. “Vende”. Ti volti a destra e sinistra, fai due passi in centro, ti fermi, poi sali nella parte alta del paese: ovunque, qui, sei circondato da serrande abbassate, case abbandonate, vetrine chiuse. Dal “Caffè Stazione” sulla statale che porta al Sestriere alla “Pasticceria-pane” nella piazzetta Centenario Unità D’Italia, proprio dietro il municipio (dove ci sono tre attività abbandonate nel giro di 15 metri): Villar Perosa è tappezzata di cartelli che raccontano la crisi, le difficoltà, il fallimento. «Cosa si immaginava? Benvenuto nella città fantasma – borbotta con un sorriso amaro un pensionato dal tavolino del bar -, qui i giovani scappano all’estero, i negozi saltano». (…)
(…) Sì, il declino del “feudo” degli Agnelli è inarrestabile e veloce. Quello che era un borgo florido – 3800 abitanti a una cinquantina di chilometri da Torino, industrie, posti di lavoro, commercio, turismo – ha l’aspetto sempre più malandato, e sono lontani i tempi degli elicotteri che portavano l’Avvocato, le Ferrari colorate di Lapo, la tradizionale amichevole in famiglia della Juve in cui venivano sfoggiati i campioni vecchi e nuovi. Tutto dimenticato, cancellato proprio mentre la “famiglia” si contende l’eredità tra udienze e veleni e la storica residenza che ora gestisce Margherita (figlia di Gianni a Marella) si sta rifacendo il look, forse per essere definitivamente ceduta. Pure lei.
«A me dà sempre un po’ fastidio partire da quella che è stata la storia, perché noi la rispettiamo e fa parte della nostra identità, ci mancherebbe, però diventa anche un peso, perché il territorio ormai è veramente in crisi – racconta Marco Ventre, 45 anni, sindaco di Villar Perosa dal 2019 -. Parlo da primo cittadino e da presidente dell’Unione Montana dei Comuni delle Valli Chisone e Germanasca: se va a prendere i dati economici della Città Metropolitana di Torino e osserva la cartina, i nostri territori sono evidenziati con rosso scuro. Significa che a livello economico siamo messi veramente male».
La situazione è precipitata negli ultimi dieci anni e il paese, che viveva soprattutto sulle grandi industrie come la Riv (fondata da Giovanni Agnelli nel 1906 e incorporata nella SKF nel 1965) e la Tekfor, ha iniziato a soffrire. «Tra chiusure e cessioni sono stati persi molti posti di lavoro. Il motivo? Quando tu non sai diversificare l’offerta economica, poi ti trovi in difficoltà. E a pesare è stata la non-presenza degli Agnelli: portavano persone e denaro e non mi riferisco soltanto alla partita della Juventus». Il sindaco sospira. Rifiata. Per Villar Perosa quello della scorsa estate è stato uno smacco: proprio nel centenario della società i bianconeri hanno saltato, per la prima volta, la tradizionale amichevole estiva. «Non ci è stata mai fornita una motivazione ufficiale, anche se qualcuno ipotizzava fossero questioni di sicurezza. Quello che mi ha fatto veramente imbestialire è il fatto che poi hanno giocato a Torino e, a 10 minuti dalla fine, è stata permessa la solita invasione di campo che solitamente avveniva qui. Mi è sembrata una presa in giro per la nostra comunità. Al di là di questo, però, quello degli Agnelli era un legame forte con il territorio. C’è una frase bellissima dell’Avvocato che mi piace ricordare. Diceva: “Quando parto da Torino e in lontananza vedo le montagne, rinasco”. Ora è cambiato tutto. La parte economica della famiglia è Elkann, che però ci ha abbandonati».
L’unico contatto tra Villar Perosa e la famiglia Agnelli ora è Margherita. «Abbiamo rapporti ottimi con lei, viene qui tre o quattro volte l’anno e ora sta anche ristrutturando la villa, ci tiene. Abbiamo finanziato insieme la rigenerazione urbana di una zona di Villar con una statua importante di un artista locale e ad aprile ci sarà l’inaugurazione».
Già, la residenza. Per arrivarci devi seguire la stradina che sale verso il cimitero, nella parte alta del paese, tra gli alberi e la quiete. L’esterno della villa, la parte che dà sulla piccola via privata, è abbracciata dai ponteggi e all’ingresso sfilano i muratori bergamaschi che si stanno occupando dei lavori. Stanno rifacendo la “Palazzina dei bambini”, l’ala che storicamente era adibita alle stanze dei figli, con opere di manutenzione straordinaria e la rimessa a norma degli impianti, ormai vetusti. «Il cantiere è stato allestito a fine novembre e tutto potrebbe essere pronto a luglio», spiega Chiara Chiaravecchi, l’architetto che gestisce le operazioni. Sul futuro della villa, però, resta il mistero. C’è chi (come il sindaco) assicura che non è prevista nessuna cessione, ma anche chi ipotizza che queste ristrutturazioni servano proprio per rendere vendibile l’immobile.
«Ai tempi di Marella e Gianni era tutto diverso», sussurra, mescolando italiano e dialetto, una vecchietta che lentamente, passettino dopo passettino, passa davanti la residenza e si arrampica verso il cimitero. Si chiama Livia e con la mano sinistra sorregge l’ombrello, con la destra si attacca a braccetto per farsi accompagnare fin lassù. «Vede lì dentro a destra, nel giardino? Ci lavorava mio marito, era come di famiglia con loro. Erano bei tempi. L’Avvocato prendeva un motorino e andava in paese, in piazza, per stare con la gente. Donna Marella veniva qui in chiesa e, accompagnata da due guardie della Fiat, andava al cimitero. Era generosa e buona, aiutava il prete con le spese e dava una mano a chiunque avesse bisogno: ha persino portato una ragazza fino in Svizzera per farla curare. Margherita? Eh, ultimamente la si vede poco, a volte viene in incognita pochi giorni e se ne va. Anche Lapo ed Elkan non passano più adesso che hanno bisticciato». Il cimitero (in via Juvarra, e l’assonanza col club bianconero fa sorridere), sul cucuzzolo della collina, domina la cittadina e la vallata. La Cappella della Famiglia Agnelli, in cima alla scalinata tra le tombe, domina anche il cimitero. Qui sono sepolti l’Avvocato, il figlio Edoardo e la moglie Marella, Umberto Agnelli e il figlio Giovanni Alberto, ma nessuno può entrare senza prima chiedere l’autorizzazione perché la tomba di famiglia è chiusa. Pure lei.
Tra fantasmi e ricordi, a omaggiare gli Agnelli qui a Villar Perosa restano un busto di Giovanni Agnelli davanti al municipio (è stato eletto sindaco nel 1985) e la mostra dedicata all’Avvocato, con fotografie, cimeli (un paio di sci) e documenti. «Sa cosa disse Gianni un giorno ai cittadini di Villar? – racconta il sindaco Marco Ventre – Che dovevano imparare a camminare da soli. Ecco, è arrivato quel momento. Il nostro paese ora deve cambiare mentalità e costruire un futuro suo. Dobbiamo essere fieri della nostra identità storica e del passato legato agli Agnelli, ma senza farlo diventare un vincolo. Per uscire da questa crisi l’unica via, ora, è costruire qualcosa di nostro».

Fonte: Libero