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Da Galileo a oggi, l’ingegno astronomico italiano in mostra al Palaexpo

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Da quella fatidica notte del gennaio 1610, quando il grande scienziato pisano scoprì le lune di Giove, alla missione Juice, che andrà a svelarne i segreti, il contributo dell’Italia alla storia della ricerca spaziale è enorme. Dal 25 novembre “Macchine del tempo”, curata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, la racconterà al grande pubblico, in un avvincente percorso tra divulgazione e gioco
tempo di lettura: 9 min
AGI – La luce del sole impiega 8 minuti per arrivare a noi. Quella dall’orizzonte degli eventi del buco nero al centro della Via Lattea ci ha messo 27 mila anni. E il bagliore della galassia Hercules A è partito due miliardi di anni fa. I nostri occhi, quando sono rivolti al cielo stellato, sono macchine del tempo. Una macchina del tempo era il telescopio che Galileo Galilei puntò verso il cielo, scoprendo le lune di Giove e segnando l’atto di nascita dell’astronomia moderna. E macchine del tempo sono i suoi successori, sempre più complessi e sofisticati. Per questo “Macchine del tempo” è il nome scelto per la mostra, curata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) che dal 25 novembre al 24 marzo, al Palazzo delle Esposizioni, accompagnerà il pubblico in un affascinante percorso tra divulgazione e gioco, storia e nostalgia per l’estetica anni ’80 (con vecchi videogiochi Arcade trasformati in osservatori).
Lo scopo è illustrare al Paese l’enorme ruolo dell’Italia nella ricerca astronomica, dal “Sidereus Nuncius” del grande scienziato pisano a progetti che ci vedono in prima linea come il Very Large Telescope in via di costruzione in Cile, il più grande telescopio mai sviluppato dall’uomo, o la missione Juice alla scoperta delle lune ghiacciate di Giove, le stesse che Galilei individuò per primo, un’ideale chiusura del cerchio che chiusura non può essere perché vasto come lo spazio e l’orizzonte della ricerca astronomica.
La conferenza stampa di presentazione della mostra
“Gli italiani devono sapere quello che facciamo”, ha spiegato in conferenza stampa Marco Tavani, presidente dell’Inaf, “la teoria dei buchi neri è alla base della stessa tecnologia che ci consente di orientarci con il segnale Gps, senza la relatività generale i telefonini non potrebbero funzionare, la sincronizzazione di tutti gli orologi del mondo non sarebbe possibile senza la rete satellitare”. La “scienza più antica”, prosegue Tavani, è quindi “molto vicina alla vita di tutti i giorni”.
Per Marco Delogu, nuovo presidente del Palaexpo, “Macchine del tempo” è un simbolo del “nuovo corso” di uno spazio espositivo che ora ambisce a “unire mondi, unire comunità”, spalancando quindi le porte alla divulgazione scientifica. E simbolica è anche la sede scelta per la mostra. A pochi metri dal Palaexpo, ricorda Delogu, c’è l’istituto fisico di Fermi e Majorana, a via Panisperna, nel quartiere Monti. E a poche centinaia di metri c’è l’Osservatorio Astronomico inaugurato nel 1852 da Padre Secchi.
Una storia, quella della scienza moderna, il cui inizio fa venir voglia di tirare in ballo gli stereotipi sulla creatività italiana che fa la differenza. Quella fatidica notte del gennaio 1610, ricorda Caterina Boccato, curatrice della mostra e responsabile Inaf per la divulgazione, Galileo non inventò un nuovo strumento tecnologico bensì un nuovo rivoluzionario modo di sfruttarne uno già in uso, rivolgendo al cielo quel telescopio – una cui fedelissima riproduzione è la prima tappa del percorso espositivo – che fino a quel momento aveva avuto utilizzi per lo più militari.
Il percorso della mostra
“Macchine del Tempo” parla di astrofisica e astronomia a tutti, grandi e piccoli, neofiti e appassionati, spiega il comunicato dell’organizzazione. La mostra “ha come obiettivo principale far conoscere l’astrofisica e il coinvolgimento di Inaf, il principale Ente di Ricerca italiano per lo studio dell’universo, nelle grandi scoperte recenti, attraverso un percorso fatto di exhibit interattivi, foto di telescopi e satelliti, suoni coinvolgenti, videogiochi e molto altro”.
Il percorso espositivo si snoda su tre sale. Si parte da un’ambientazione familiare: un cielo stellato, con l’invito a ripetere l’esperienza che Galileo fece oltre 400 anni fa, puntando verso il firmamento un “occhio potenziato”, il cannocchiale. Da qui inizia un viaggio attraverso i pianeti del nostro vicinato cosmico, il Sistema Solare, ricreato sulla scala della città di Roma e riproposto in versione ludica con una vera e propria sala giochi in stile anni Ottanta.
Il viaggio prosegue tra pianeti, stelle, galassie e giganteschi ammassi di galassie, abbracciando le immense scale cosmiche che le “macchine del tempo” dell’astrofisica contemporanea cercano di afferrare, fino agli albori dell’Universo. Attraverso una combinazione di immagini iconiche, exhibit interattivi e tecnologie innovative come la realtà virtuale, chi visita la mostra verrà in contatto diretto con le sfide di una ricerca che, giorno dopo giorno, spinge sempre più avanti i limiti della nostra conoscenza.
I visitatori della mostra intraprenderanno un vero e proprio “viaggio nel tempo” il cui tema centrale è la luce che con la sua velocità non ci permette di vedere il presente bensì il passato. Grazie alla luce è possibile viaggiare nel tempo guardando il cielo: più distante osserviamo e più indietro nel tempo riusciamo a vedere.
I telescopi, che gli astrofisici oggi costruiscono nei luoghi più lontani del pianeta, sono in grado di trasportarci in un remoto passato, all’origine dell’universo, all’indomani del Big Bang, quando le prime galassie e le stelle hanno preso forma, ma anche di immergerci nel nostro passato più recente, sviscerando la storia del nostro pianeta e del sistema solare attraverso la ricerca e l’osservazione di esopianeti, di mondi lontani che stanno nascendo o che già orbitano attorno ad altre stelle.

Un ricco calendario di eventi
Durante i quattro mesi saranno previsti vari incontri scientifici di alto livello, con nomi importanti della Ricerca astrofisica e spaziale mondiale, ma anche aperitivi scientifici, incontri di Poetry Slam e dibattiti che vedranno come protagonisti intellettuali e politici attivi nel campo della cultura. Sarà l’astronauta Roberto Vittori a inaugurare il programma di conferenze della mostra “Macchine del Tempo”, giovedì 30 novembre alle ore 18:30 con un talk dal titolo “L’uomo che è stato tre volte nello Spazio”.
Tra gli ospiti, mercoledì 6 dicembre alle ore 18:30, il Premio Nobel per la Fisica Michel Mayor, con una conferenza dal titolo “Altre terre nell’Universo? La ricerca della vita nello Spazio”. Giovedì 8 febbraio alle ore 18:30, saranno ospiti Marica Branchesi, Gran Sasso Science Institute (GSSI), e Viviana Fafone, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con una conferenza dal titolo “Otto anni di onde gravitazionali – l’astronomia multimessagera, da LIGO-VIRGO all’Einstein Telescope”.
Da non perdere poi, domenica 11 febbraio alle ore 20:00, lo spettacolo di e con La Scienza Coatta, progetto di divulgazione scientifica, e Ludovica Di Donato, autrice e attrice, dal titolo “STEMmano ponno esse donne o ponno esse scienziate”, in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza. E di una donna, Margherita Hack, è la citazione che meglio riassume la filosofia dell’esposizione: “Le informazioni sui corpi celesti portati dalla luce o dalle altre radiazioni elettromagnetiche per gli astronomi, sono una sorta di macchina del tempo che ci consente di guardare indietro nel passato. Quindi più lontano guardiamo nello spazio, più indietro vediamo nel tempo”.
DI Francesco Russo – fonte: AGI