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Cybersecurity: governo studia misure.Valutazioni su competenze

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L’esecutivo dunque prende tempo sulle misure, ma l’allarme nell’esecutivo è alto. “Avevamo già varato un tavolo, ma la cosa più importante è l’infedeltà dei funzionari, non sono degli estranei, ma funzionari italiani che usano il loro potere per fare altro con quelle banche dati, il problema non è l’hackeraggio”, ha detto la premier Giorgia Meloni ospite di Cinque minuti, in onda stasera su Rai 1. “Noi abbiamo già varato” un decreto legge, “adesso c’è un tavolo tecnico che sta lavorando a una nuova iniziativa”, ha sottolineato il presidente del Consiglio. Ed ancora: “L’hackeraggio non è il tema più importante: le nostre banche dati non sono violate da estranei ma da funzionari dello Stato che dovrebbero proteggerle e invece usano il loro potere per fare altro con quei dati. E’ inaccettabile. Bisogna essere implacabili e non lo dico solo per loro ma anche per chi ha il dovere della vigilanza, perchè è inaccettabile anche che i loro superiori non lo sappiano. Penso si debba mettere fine a questo schifo”.
Sul merito delle competenze sulla materia il ragionamento che sta prevalendo in queste ore è che un’Agenzia sulla cybersicurezza esiste già, sarebbe inutile introdurre sovrapposizioni tra organismi. “L’Agenzia cybersicurezza nazionale sta promuovendo una serie di incontri sul territorio nazionale volti ad aumentare la consapevolezza del rischio nei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e ad adottare i dispositivi e le prassi di tutela”, ha detto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio al question time alla Camera, quello che è emerso – ha sottolineato “è inaccettabile e inquietante, costituisce un serio e concreto pericolo per la nostra stessa democrazia”. Ed ancora: “Stiamo investendo una serie di cifre molto importanti per realizzare la sicurezza contro gli attacchi hacker”. L’agenzia per la cybersicurezza nazionale ha disposto finanziamenti complessivi per oltre 715 milioni di euro. “Attiveremo tutti gli strumenti necessari per difendere il diritto alla vita privata dei cittadini, sapendo bene che le banche dati sono anche dei pozzi di petrolio che valgono tantissimo anche sotto il profilo economico”, ha sostenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. La Farnesina ha avviato, tra l’altro, una task force sul controllo dell’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda un’ulteriore ‘stretta’ sulla cybersicurezza si sottolinea che l’aumento delle pene per gli ‘spioni’ è già previsto, si punterà sulla necessità di rendere più efficace la tracciabilità e su altri ‘correttivi’ all’interno delle linee guida nella lotta ai crimini sulla cyberisicurezza.
Intanto è stata “calendarizzata” in Senato la proposta di inchiesta parlamentare sui dossieraggi a politici e cariche dello Stato avanzata da Italia viva, anche altre forze della maggioranza come la Lega hanno presentato una proposta simile. L’assunto è che spetta al governo ‘gestire’ la sicurezza e controllare i dati, non ad altri organismi. Su questa direttrice si dovrebbe muovere l’esecutivo, secondo quanto si apprende, dopo il caso del furto delle banche dati e le altre vicende legate ai dossieraggi. Quello che sta emergendo dall’inchiesta di Milano allarma il governo ma l’ipotesi sul tavolo è che non si dovrebbe più andare verso un trasferimento di competenze sulla cybersicurezza alla procura antimafia, come invece inizialmente ipotizzato.
La linea, insomma, sarebbe che un’agenzia già c’è, e secondo quanto spiegato anche dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il quadro normativo è chiaro e strutturato. Per il responsabile del Viminale le banche dati del ministero dell’Interno sono, dal punto di vista tecnologico, dei “presidi di sicurezza sicuri”. L’obiettivo dunque è lavorare sugli alert per “ottimizzare la gestione dei sistemi”.
In ogni caso ci sono valutazioni in corso e l’approdo di un decreto legge in una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri non sarebbe imminente. Possibile che il provvedimento slitti a metà novembre. Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari della maggioranza, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autorità delegata ai Servizi di informazione e sicurezza Alfredo Mantovano dovrebbe riferire nei prossimi giorni al Copasir su quanto sta emergendo. Ma per ora sulle misure da adottare si faranno ulteriori approfondimenti. Nel decreto che ieri figurava al primo punto dell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri – poi eliminato – l’ipotesi era di affidare la competenza sulla cybersisurezza alla procura antimafia. Ma sull’idea, messa a punto dal dicastero di via Arenula, gli altri ministri avrebbero manifestato perplessità. Il passaggio sul trasferimento di competenze sui crimini informatici sarebbe stato inserito nel testo solo in un secondo momento e, di conseguenza, non pienamente approfondito nel governo, spiega una fonte informata sul dossier.
Da qui l’esigenza di avviare un’istruttoria e di continuare interlocuzioni su una materia considerata delicata. Alla base del provvedimento la comparazione dei crimini sulla cybersicurezza con quelli legati alla mafia. Ragionamento condiviso all’interno dell’esecutivo ma sugli strumenti da adottare servirà una riflessione supplementare, viene sottolineato. “La Procura antimafia deve perseguire i reati, non controllare la sicurezza”, spiega una fonte. Tra le ipotesi emerse ieri quella di coinvolgere le singole procure sul territorio, non direttamente quella nazionale, oppure di introdurre una nuova fattispecie di reato. Il “decreto non era maturo ma non ci sono problemi”, riferisce una fonte del dicastero della Giustizia. (AGI)