Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
Un affascinante viaggio nell’Antica Roma e nei luoghi dell’otium patrizio, è questo ciò che propone ai visitatori il museo “Libero D’Orsi”, recentemente inaugurato presso Castellammare di Stabia. La cittadina del golfo di Napoli, conosciuta all’epoca come Stabie, era infatti un apprezzato luogo di villeggiatura e di riposo per l’alta nobiltà romana.
Il museo, che va ad impreziosire l’area archeologica pompeiana, è ospitato nel maestoso scenario della Reggia di Quisisana ed espone un importante patrimonio artistico-culturale, confinato negli ultimi 30 anni in depositi non visitabili. Curatori del percorso museale, che permette di rivivere la storia di Stabie fino alla devastante eruzione vesuviana del 79 d.C., gli esperti del Parco Archeologico di Pompei. Tra gli importanti reperti esposti quelli risalenti all’epoca pre-romana della cittadina campana (metà IV secolo a. C – fine II secolo a. C.), provenienti dal Santuario di Privati e, probabilmente, destinati al culto di una divinità femminile non meglio identificata. Degni di nota, inoltre, anche i corredi funerari della necropoli arcaica di Via Madonna delle Grazie (VII secolo a.C – III secolo a.C.).
Non mancano poi le sale dedicata alla storia della Reggia e delle ricerche archeologiche, con particolare attenzione a quelle di epoca borbonica ed a quelle effettuate, proprio da Libero D’Orsi (personalità a cui è intitolato il museo), negli anni ’50 del novecento. Soffermandoci, invece, sui reperti prettamente romani non possiamo che menzionare quelli provenienti dalla Villa San Marco e dalla Villa Arianna. Luoghi, questi, che erano appunto dedicati all’Otium dei patrizi. Proprio da Villa Arianna proviene uno dei pezzi forti della collezione, ovvero il carro in bronzo, che per la prima volta viene esposto con i finimenti per gli animali.
“É un momento storico perché finalmente riusciamo a dare un utilizzo dignitoso a questo contenitore straordinario – spiega Massimo Osanna, direttore dei Musei italiani – finalmente restituiamo alla comunità un patrimonio per troppo tempo chiuso in casse e che andava all’estero ma che qui non poteva essere fruito. É stato anche fatto un piccolo miracolo, riutilizzando antiche vetrine dell’Antiquarium degli anni ’50”. Faremo anche, conclude Osanna, una serie di convenzione con le università. Questo luogo si deve popolare di turisti, visitatori, studenti docenti, cittadini”.