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Cultura e ripresa

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I musei, lo spettacolo dal vivo, il post Covid, il Pnrr. L’indagine di Marco Causi
Marianna Rizzini

Roma. L’italia e il suo patrimonio artistico e culturale vengono sempre presentati come un tutt’uno inscindibile, quasi come sinonimi. Ma i due anni di pandemia hanno messo a dura prova settori a cui la crisi economica post 2008 aveva già chiesto molti sacrifici. Non se ne parlava molto, o non sempre in modo organico, fino a che i due lockdown non hanno reso evidenti e urgenti i problemi. Dall’altro lato, però, sono venute alla luce anche le tante virtù sommerse di chi, da un giorno all’altro, si è trovato a dover reinventare un mestiere. E oggi, guardando indietro, ai primi due decenni del Duemila, e avanti, alle prospettive della ripresa, Marco Causi, docente di Economia Politica all’università di Roma Tre ed ex vicesindaco, analizza, nel saggio “Economia della cultura” (edizioni Pigreco) le potenzialità, i vizi e le forze del settore, in particolare in campo museale, analizzando gli esempi di gestione vincente e paragonandoli a casi stranieri. Quanto allo spettacolo dal vivo, colpito duramente dalle chiusure in tempi di Covid, Causi percorre a ritroso la strada che ha portato il teatro, per esempio, a rilanciarsi nonostante la perdita drammatica di pubblico, e punta l’obiettivo su quello che ci si può aspettare dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Intanto, alcuni musei italiani svettano nel panorama europeo, come per esempio i Musei Civici di Venezia, primi classificati in Italia tra i più virtuosi, grazie almodello di gestione (se ne parlerà a Roma, il 15 giugno, al Maxxi, nel corso della presentazione del volume, con focus sull’indagine compiuta da Causi anche sui siti culturali pubblici, alla presenza di politici, direttori di museo e docenti). Intanto, dall’analisi comparata con l’estero, l’italia, con la Francia, conquista ex post la medaglia di leader in Europa nell’affluenza: tra il 2006 e il 2019 infatti, entrambi i paesi hanno registrato un incremento di ingressi del 2,2-2,3 per cento in media ogni anno. Ed è qui che si innesta la questione dell’autonomia finanziaria: il successo infatti ha baciato alcuni musei statali con una sorta di statuto speciale, musei che hanno raggiunto livelli di eccellenza da questo punto di vista. Al primo posto, per grado di autonomia finanziaria, secondo i dati dei bilanci 2019, ci sono però i suddetti Musei Civici di Venezia (non statali), che si reggono al 99 per cento con entrate proprie. Bene si posizionano anche il Museo Egizio di Torino e il Colosseo (con l’88 per cento), la Galleria dell’accademia di Firenze (81 per cento), gli Uffizi (67 per cento), le Residenze sabaude di Torino (66 per cento), Pompei (65 per cento) e la Galleria Borghese (59 per cento). Tra i musei statali, non tutti possono essere definiti autonomi (la maggior parte degli istituti presenta una “percentuale” di autonomia inferiore al 35 per cento, con il Parco archeologico dei Campi Flegrei al 6 per cento e il Museo di Capodimonte al 3). Se però sui musei i dati sono nel complesso confortanti, in altri settori del mondo artistico-culturale il lavoro da fare è ancora molto. “Il settore della cultura, insieme a turismo, pubblici esercizi e trasporti, è stato uno dei più colpiti dalla pandemia”, dice Causi: “A soffrire sono state soprattutto le attività culturali dal vivo, dove le nuove prescrizioni di sicurezza sanitaria eserciteranno una spinta sui costi di produzione. Bisogna ora capire se e quando la domanda di consumo tornerà ai livelli precedenti la pandemia e con quali modifiche”. Intanto c’è un tema di costi, in alcuni casi atavico: la “malattia dei costi’”, scrive il professore, può essere curata attraverso l’uso di nuove tecnologie, l’innovazione di formati e gli eventi (vedi i festival, sempre più frequentati, elemento che ha ricadute positive sul territorio). Dal Pnrr arriveranno 6,7 miliardi di euro da spendere entro il 2024, finalizzati all’accessibilità fisica e digitale dei siti culturali, al recupero dei borghi storici, alla tutela e alla valorizzazione dell’architettura e dei paesaggi rurali): siamo fuori pericolo? Resta da affrontare, scrive Causi, il problema dei tassi di partecipazione culturale, diversificata tra Nord e Sud, con percentuali comunque basse rispetto alle medie europee.

Fonte: il foglio