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Costi e nuove rotte, in affanno commercio via mare

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La chiamano la Porta delle Lacrime per le sue condizioni di navigazione pericolose e in realtà è una delle rotte commerciali più importanti del mondo. Bab al-Mandab, nel mar Rosso, è famosa per essere stata il luogo del blocco navale di Israele da parte dell’Egitto nella guerra dello Yom Kippur del 1973. Ed è ora è tornata prepotentemente sotto i riflettori per gli attacchi di Houthi, a seguito del conflitto tra Hamas e Israele, e per la ‘risposta’ occidentale della scorsa notte, che rischia di mettere in pericolo la normale viabilità. Bab al-Mandam è lo sbocco meridionale del Mar Rosso, situato tra lo Yemen, nella penisola arabica, e Gibuti ed Eritrea, sulla costa africana ed è utilizzata soprattutto per il trasporto di petrolio greggio e carburante dal Golfo verso il Mediterraneo attraverso il Canale di Suez o l’oleodotto Sumed sulla costa egiziana del Mar Rosso, nonché di merci dirette in Asia, tra cui il petrolio russo. Larga 18 miglia (29 km) nel suo punto più stretto, attraverso la porta delle Lacrime, transitano circa 7,8 milioni di barili al giorno di greggio e carburante (nei primi 11 mesi dello scorso anno). Questo perché quello del Mar Rosso, connettendo Asia, parte dell’Africa ed Europa, è uno dei traffici marittimi più attivi del mondo, tanto da ricoprire l’11% del traffico globale, corrispondente a circa 19.000 navi all’anno. Solo il 12% del petrolio compl Gli effetti del conflitto si stanno facendo sentire già da diversi mesi: secondo dati di Lloydslist, il traffico navale nel Mare Rosso è sceso, nell’ultima settimana del 2023 del 20%, con 315 unità a fronte delle 385 dello stesso periodo del 2022. Molte compagnie di shipping sono state costrette a intraprendere la più lunga rotta per il Capo di Buona Speranza con un allungamento dei tempi (ci sono 3.500 miglia nautiche in più da percorrere) e di conseguenza un aumento dei costi. L’alternativa al Mar Rosso, infatti, sarebbe quella di circumnavigare il continente africano da Sud e, per quanto questa rotta abbia visto un incremento pari al 33,2%, essa comporta, secondo l’agenzia di stampa Efe, ben dieci giorni in più di viaggio, che finirebbero per forza di cose a incrementare il prezzo delle merci. Le deviazioni del Mar Rosso hanno aggiunto fino a due settimane a ogni viaggio tra l’Asia e l’Europa settentrionale, oltre al normale tempo di percorrenza di circa 35 giorni. E tale cambio di modalità di trasporto, dovuto principalmente alla decisione delle grandi compagnie di navigazione di inviare le navi intorno al Capo di Buona Speranza, ha contribuito a far lievitare i costi del trasporto aereo. Secondo Freightos, un servizio di informazioni sulla logistica, il costo medio per trasportare 1 kg di merce dal Medio Oriente all’Europa è aumentato del 35% nell’ultimo mese, raggiungendo i 2,03 dollari. Eytan Buchman, responsabile marketing di Freightos, ha dichiarato a FT che le catene di approvvigionamento che potrebbero essere interrotte includono quelle per la produzione di computer e automobili e persino per la produzione di salse che necessitano di un singolo ingrediente chiave proveniente dall’Asia.
In realtà, le linee di trasporto container hanno iniziato a deviare verso la rotta del Capo di Buona Speranza alla fine di novembre, quando i ribelli Houthi dello Yemen, hanno iniziato ad attaccare le navi che attraversavano il Mar Rosso. I dati parlano chiaro: il traffico di navi container attraverso la foce del Mar Rosso nella prima settimana di gennaio è diminuito del 90% rispetto all’anno precedente. Ad aumentare l’affanno per i commercianti via mare, anche la situazione del Canale di Panama, una rotta fondamentale tra l’Asia e la costa orientale degli Stati Uniti, la cui capacità è stata fortemente ridotta a causa della siccità che ha abbassato il livello dell’acqua nel canale. A questo punto, sono molti i fornitori di logistica ad aver dichiarato che i clienti stanno mostrando particolare interesse per le opzioni mare-aria, in cui le merci si spostano via mare verso un grande hub di trasporto aereo e vengono poi trasportate in aereo. Ad esempio, secondo quanto riferisce FT, Kuehne & Nagel, la società di logistica con sede in Svizzera, ha utilizzato Dubai per spostare le merci via mare in Europa e ha inviato le merci asiatiche destinate alle Americhe via mare a Los Angeles, invece di utilizzare il Canale di Panama per raggiungere la costa orientale degli Stati Uniti. Spostare le merci sul trasporto aereo fa lievitare inevitabilmente i costi. Secondo Freightos, il costo medio attuale per il trasporto aereo di merci da Shanghai all’Europa è di 3,76 dollari/kg, l’85% in più rispetto al costo da Dubai.
Detto questo, è inevitabile che le catene di approvvigionamento risentano del dirottamento delle navi dal Mar Rosso, e gli analisti sostengono che soprattutto in caso di prolungamento del conflitto, saranno i beni di consumo a subire l’impatto maggiore. Ad esempio, il gigante dell’arredamento Ikea e il rivenditore britannico Next hanno entrambi avvertito che le forniture di prodotti potrebbero subire ritardi se l’interruzione delle spedizioni dovesse continuare mentre Tesla ha sospeso la produzione del suo unico stabilimento europeo di auto elettriche a causa dell’interruzione delle forniture. Si innescherebbe inoltre un circolo vizioso visto che a distanza in più costerà anche alle aziende e tali costi aggiuntivi potrebbero essere trasferiti dalle aziende ai clienti. Si teme inoltre un’impennata dei prezzi del petrolio che già oggi sono in rally segnando un rialzo del 4%. Di conseguenza, con l’aumento del costo del greggio, anche l’inflazione salirà. E saremo punto e daccapo. (AGI)

PIT